· Città del Vaticano ·

Un viaggio-pellegrinaggio tra le memorie e i testimoni di don Lorenzo

Barbiana: la scuola dove si imparava a vivere

 Barbiana:  la scuola dove si imparava a vivere  ODS-013
02 settembre 2023

Non sono arrivata a Barbiana quasi per caso, come è stata la prima volta. Questa volta è stato diverso: «Andiamo a Barbiana e portiamo con noi Sergio». «Sergio, sei contento di fare questo viaggio?» e Sergio, in auto da Roma verso il luogo dove la scuola ha vissuto il suo sogno, mi risponde: «Ci sono due luoghi che vorrei visitare da sempre: il primo è San Giovanni Rotondo e il secondo è Barbiana. Il motivo è semplice, perché sono i luoghi di due persone che sono state amate e odiate. Don Milani per motivi politici e Padre Pio per motivi religiosi».

Il mistero del potere d’attrazione di questo luogo e della storia che l’ha reso celebre forse è bene che resti tale. L’unica cosa che posso fare è raccontare come un uomo come Sergio Calvello, con il volto e il cuore segnato dal tempo e dalla fatica di tanti anni di vita in strada, ma con lo spirito sempre fanciullo, sia rimasto attratto dalla piccola ed epocale vicenda di Don Milani e dei suoi ragazzi di Barbiana.

Giunti alla strada che si snoda sul monte Giovi e che conduce alla scuola del priore, si ha la possibilità di avere uno scorcio panoramico, e sembra davvero un luogo da favola, così minuto, con il campanile che si staglia nel cielo blu e il verde che l’abbraccia. Sergio si lascia incantare dalla casa del prete dei poveri e dice: «Che senso di pace! Ne abbiamo bisogno tutti di questo». Appena arriviamo, un po’ trafelati, ci accoglie Gianpaolo Bonini, alunno di Don Milani e nostra guida. Appena ci vede: «Sapete cosa avrebbe fatto Don Milani, adesso? Vi avrebbe rimandato indietro, perché non ammetteva ritardi». Nonostante la frase “da maestro”, ci fa entrare nella chiesa e ci invita a disporci nei primi banchi. Sergio si siede insieme a me, e i suoi occhi si aprono sempre di più al racconto appassionato di Gianpaolo, pieno di dettagli vivi e con un linguaggio “poco ortodosso” a detta di Sergio. Ma è come se sui suoi occhi prendessero vita le storie dei ragazzi di Barbiana.

Finito di raccontarci, ci porta a visitare il posto. Sergio stranamente non parla molto e si lascia condurre nelle aule di Barbiana. Quando Gianpaolo, a mo’ di scrigno, ci apre una porta chiusa a chiave, ci permette di visitare la mostra fotografica di Milani e della scuola. Tra tutte c’è una foto su cui Sergio si sofferma, forse tra le più note, quella con il priore circondato dai suoi ragazzi, seduti al tavolo, sotto il porticato. Sergio la indica: «Questa è un’aula vera, perché è all’aperto. I bambini devono studiare e imparare fuori, non in aule asettiche!».

Poi nell’aula officina e qui Sergio è pieno di commozione: «Don Milani non insegnava solo a leggere e a scrivere, ma cos’è la vita! A fare cose pratiche. A quei tempi insegnare ai piccoli come fare un mestiere significava inserirli nel mondo. Oggi non è più così, nessuno sa fare più niente. Tutti vogliono fare gli avvocati e i dottori, ma nessuno sa usare un cacciavite; bisogna sempre chiedere come riparare qualsiasi cosa, da un rubinetto di casa, ad un paio di scarpe. Vedremo che con il tempo, tutti questi mestieri spariranno. Invece, a Barbiana, si imparava a vivere!».

Per concludere il nostro giro, siamo andati a visitare la tomba. Semplice, come la voleva il priore e dove Papa Francesco, nel 2017, e Sergio Mattarella, nel 2023, l’anno del centenario della nascita del priore, hanno consacrato la sua memoria.

Mentre lasciavamo l’ultimo luogo di Barbiana, chiedo a Sergio come potremmo attuare oggi Don Lorenzo. E lui: «Bisogna capire il senso di quello che ha fatto! L’uomo deve saper essere autosufficiente, imparando a fare tante cose. A quel tempo non c’era la spinta all’autosufficienza, spesso ai bambini veniva negato il diritto allo studio. Adesso le cose sono cambiate, non per tutti, chiaramente; ancora ci sono giovani che non sono messi nella condizione di ricevere un’istruzione. Milani, invece, ha insegnato che bisogna imparare per vivere onestamente, apprendere a rendersi utili per sé e per gli altri. I giovani che nascono in condizione di miseria non devono chiedere l’elemosina, devono andare a scuola».

Adesso ho una nuova fotografia da aggiungere alla mostra fotografica di Barbiana: quella di Sergio, del suo volto intenso, lì tra i banchi della «scuola di vita». Se Gianpaolo è il testimone diretto del prete dei poveri, Sergio è l’uomo erede dello spirito che aleggia a Barbiana e in tutti coloro che ne sposano la causa.

di Giuditta Bonsangue