· Città del Vaticano ·

Alla Stazione Termini, se trovi un’amica puoi “ripartire” anche senza salire su un treno

Passengers look at the arrival and departure monitor indicating the deleted trains, at the Termini ...
02 settembre 2023

La mia storia inizia a Napoli, dove mi sono ritrovata senza casa. Era sera e ho iniziato a cercare un posto dove dormire: la struttura che avevo trovato era troppo fatiscente e non me la sentivo di rimanerci. Quindi sono andata alla stazione e ho chiesto ai carabinieri se c’era un posto per dormire, ma era tutto pieno. A quel punto ho pensato di andare a Roma, perché mi è venuto in mente il Papa. Il carabiniere con cui ho parlato mi ha indicato il treno da prendere, chiedendomi però di non dirlo, e allora io sono salita ed andata.

Quando sono scesa a Termini, non conoscevo nessuno.

A piazza dei Cinquecento, vicino alla stazione, ho incontrato la signora Maria, che viveva per strada. Ho chiesto a lei e a Marisa, un’amica di Maria, dove dormivano. E loro mi hanno detto che andavano all’Umberto I, l’ospedale, dove passavano la notte. Sono stata con loro per qualche giorno, poi Maria mi ha suggerito di andare al centro di ascolto. E lì mi hanno dato una lista: «Prova a sentire se hanno un posto per te». Per fortuna che c’era Maria che si è messa al telefono e li ha chiamati tutti. Finalmente qualcuno ha risposto sì, c’era un posto per me. Era il “don Orione”. Non sapevo dove fosse. Anche stavolta mi ha aiutata Maria, che mi ha detto quale autobus prendere.

Il “Don Orione” è stato il primo centro dove sono riuscita ad entrare. Ma era un posto dove si poteva rimanere poco, quindi ho iniziato a cercare un’alternativa. La mia amica Maria mi ha detto di provare all’ostello di via Marsala, raccomandandomi di dire che non avevo un posto per dormire e di non menzionare il “Don Orione”, altrimenti non mi avrebbero presa.

È stato difficile entrare all’ostello. Dopo tanti tentativi e tanta insistenza, finalmente un giorno Fabiola del centro d’ascolto mi ha detto: «Alle cinque entra a Via Marsala.». Allora di corsa sono andata subito lì. Non ho dormito neanche una notte per strada.

Durante il giorno andavo alla mensa della Caritas al Colle Oppio. I volontari mi volevano bene e mi offrivano il caffè. Quando poi ho preso il reddito di cittadinanza sono tornata da loro e gli ho portato le pizzette per ringraziarli. I volontari erano contenti e mi hanno detto: «Assunta, anche tu sei stata brava.».

Anche la permanenza all’Ostello però è temporanea, e dopo alcuni mesi mi hanno avvisato che dovevo uscire. Un ospite dell’ostello, Stefano, mi ha trovato un posto di lavoro in un ristorante a Campo Leone, in provincia di Latina. Lì ho lavorato per diverso tempo. Prendevo quattrocento euro al mese più vitto ed una brandina per dormire.

Mi occupavo di tante cose, dalla pulizia al servizio, lavoravo tantissimo tutti i giorni. Quando ho chiesto un aumento di cinquanta euro e mi è stato rifiutato me ne sono andata. Sono tornata a Roma.

Da via Marsala mi hanno mandata a Casa Santa Giacinta.

Non ricordo volentieri il rapporto con gli ospiti a Via Marsala, a casa Giacinta ancora peggio! Maria è l’unica che mi ha aiutata, insieme agli operatori, mentre con gli ospiti è difficile comunicare ed andare d’accordo. Capisco il dolore di ognuno, ma non è giusto reagire con cattiveria.

Inizialmente a Casa Santa Giacinta a colazione chiedevo ad un volontario di darmi dei biscotti in più per portarli a Termini, a chi viveva per strada. Gli dicevo: «Dammi qualcosa che la porto a Salvatore».

Oltre a Salvatore c’era Rita, una signora non molto presente a se stessa che viveva lì, alla stazione.

Un giorno ho portato i biscotti anche a lei, ma Rita me li ha tirati dietro perché voleva il ciambellone!

Ricordo che una volta entrò in un bar per chiedere una ciambella, il barista si rifiutò di dargliela e lei per dispetto tirò un posacenere contro la vetrina sfasciando tutto. Lui chiamò i carabinieri, ma che potevano farle? Per non darle una ciambella si era fatto sfondare il locale…

Rita faceva cose strane. A volte entrava nei negozi, si provava i vestiti e se li portava via indossati. Quando erano cose di poco valore, i commessi la lasciavano fare. Una volta, però, prese una borsa. Mi ricordo che i Carabinieri le andarono dietro dicendo: «Dai Rita, non ti facciamo niente, ma dacci la borsa». Lei diede la borsa indietro e piangeva come una bambina.

Al momento sono ancora a Casa Santa Giacinta, in attesa della pensione di anzianità, perché vorrei vivere una vita un poco serena.

La Stazione Termini è il luogo in cui sono arrivata e che ho frequentato spesso.

Mi ricordo che a Natale si faceva l’albero sul quale tutti potevano mettere un biglietto. Io scrissi: «Grazie ai signori viaggiatori, che mi hanno dato un supporto per un caffè caldo ed una sigaretta».

Poi rimasi lì di fianco e mi divertivo a guardare la reazione di chi leggeva.

Schifano Termini, ma tutti ci sono passati.

(storia raccolta da Gianluca Pignotti)