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DONNE CHIESA MONDO

Incontro con Silvia Cano: cristiana, teologa, artista e femminista spagnola

Le mie quattro frontiere

 Le mie quattro  frontiere  DCM-008
02 settembre 2023

Silvia Martínez Cano è teologa e artista. «Non posso prescindere da nessuna delle due cose. Questi due linguaggi s’influenzano a vicenda, sono molto vicini per il loro carattere simbolico e d’interpretazione del mondo, e la loro combinazione dà risposta al nostro tempo», afferma.

Docente presso l’Università Complutense di Madrid e l’Istituto Superiore di Pastorale della Pontificia Università di Salamanca, dirige la collana sulle donne bibliche della casa editrice San Paolo ed è autrice di numerosi libri (Caminar por lo sagrado, Teología Feminista para Principiantes, De Evas, Marías y otras mujeres: arte, cristianismo y género, tra gli altri).

«Donna!»: proprio così Gesù risorto chiama Maddalena. «È qualcosa di veramente sovversivo per l’epoca. Quale religione a quel tempo chiama le donne alla salvezza?», si domanda Martínez Cano. Nella sua teologia le frontiere hanno un protagonismo speciale e, per estensione, anche la donna. «Gesù chiama la persona, sia essa uomo o donna. Il problema è come le nostre strutture sociali ed ecclesiali lo hanno reinterpretato. Sappiamo che nella prima e seconda generazione del cristianesimo l’attività degli uomini e delle donne era paritaria, ma, quando la Chiesa diventa istituzione, cerca di sopravvivere in una società molto patriarcale e a rimetterci sono le donne. E’ un limite che è stato posto. Noi stiamo al margine della Chiesa. Riempiamo le chiese, sosteniamo la carità, ma la donna è a un livello che deve obbedienza a un gruppo molto piccolo di uomini. E questa struttura non corrisponde a quello che voleva Gesù».

Sostiene la teologa che «supereremo questo limite se oggi (che io vedo come un tempo di opportunità), affrontassimo il problema seriamente e cercassimo davvero di far sì che la Chiesa sia un modello per la società. In un luogo come la Chiesa, in uno spazio di liberazione per tutti, è inammissibile che le donne non possano esprimersi». Silvia Martínez accoglie con gioia i passi che si stanno compiendo, come la presenza e il voto delle donne nel prossimo sinodo dei vescovi, ma è convinta che «occorrono passi più rapidi. Una sinodalità reale passa per elementi che restano ancora al di fuori del dibattito. Non si parla della struttura gerarchica della Chiesa. Se la differenza tra il Popolo di Dio e la gerarchia si manterrà e in quest’ultima non entreranno donne, non ci sarà una vera trasformazione della Chiesa, perché sta escludendo l’80 per cento dei membri impegnati, che sono donne. Vorrei che tutto questo venisse fuori nel Sinodo. Noi donne non vogliamo comandare, ma condividere responsabilità, è un sommarsi, nessuno ci perde», afferma.

Silvia Martinez Cano si pone proprio sulle frontiere. Ha scelto questo cammino, che costituisce uno stile di vita concreto a partire dall’esperienza cristiana. «Molto nel cristianesimo è frontaliero, e i dialoghi si fanno alle frontiere. Aprono cammini inattesi e ciò è sempre interessante». Uno di questi l’ha portata all’arte. Curiosa fin da bambina, ha iniziato a dar corso alla sua espressività all’età di otto anni e ora alimenta ogni giorno la sua capacità di meraviglia. Ha un suo laboratorio, si dedica alla pittura, alla scultura, alla fotografica ai murales…. «L’arte è fondamentale per la vita, la sua democratizzazione è molto importante. È la modalità di comunicazione assoluta; senza di essa siamo animali, la cultura muore». La concepisce come un bisogno vitale, e anche come una modalità di espressione e di ricerca. Avvicinare teologia e arte è, per questa teologa, un modo per far dialogare fede e cultura. La sua arte si esprime tra spazio, con installazioni artistiche, e azione, con le performance. La performance vuol dire azione comunitaria, che include più persone e nella quale il tempo diventa un processo, un rituale, con una partecipazione maggiore. «Si può applicare anche alla Chiesa, per domandarci come essere una grande comunità nella quale tutti i membri lo siano in modo attivo». In effetti, Silva Martínez Cano punta a «recuperare la creatività anche per risolvere molti dei problemi che abbiamo come comunità cristiana».

Influenzata da teologhe come Dorothee Sölle, Elisabeth Schüssler Fiorenza e Ivone Gebara, si considera una teologa femminista di seconda generazione («è un fatto molto recente», osserva), e in un mondo quasi assolutamente riservato agli uomini. «Conosciamo pochi personaggi femminili che hanno potuto fare questo cammino. La teologia che si conosce ha un modo di pensare molto “maschile”, molto lineare, logico, astratto…. La teologia delle donne apporta diversità e arricchisce i punti di vista. Ma non ci sono tante persone che lo fanno. Mi sento molto sola in questo mondo, ma credo anche di apportare qualcosa di nuovo e di necessario, che fa parte del sensus fidei».

Vede comunque un segno di speranza: «il fatto che possiamo parlare di teologia e di femminismo e finire sui giornali è già di per sé incredibile».

di Ana Medina
Giornalista della diocesi di Malaga, scrittrice e poeta