· Città del Vaticano ·

La buona Notizia
Il Vangelo della xxii domenica del tempo ordinario (Mt 16, 21-27)

Rinnega te stesso!

Flemish School; Christ Rebuking or Calling Saint Peter; National Trust, Kingston Lacy; ...
29 agosto 2023

Chi sono io? Questa domanda rincorre qualsiasi giovane e non smette di interrogare per l’intera esistenza, assumendo formulazioni diverse, nascondendosi in questioni meno essenziali, passando a un certo punto, quasi impercettibilmente, dal “chi sarò” al “chi sono stato”. Ci sono dei momenti particolari, quando inizia la crescita e la presa di consapevolezza, in cui un bambino si guarda allo specchio e prende coscienza di essere proprio lui, e non un altro, di essere lì e non altrove, adesso e non prima né dopo. Nasce quello che chiamiamo il “sé”: un soggetto che si guarda, si sente se stesso, inizia a conoscere la propria identità. Questo sé istintivamente vuole salvarsi dal pericolo e dalla morte. Ha bisogno di conservarsi, restare in vita e restare se stesso, coerente, fermo lì dove è, davanti a uno specchio.

Gesù arriva e rompe lo specchio, crea scandalo. Annuncia la propria sofferenza e morte, necessari alla resurrezione.

Pietro si spaventa, si barrica dietro le sue certezze: «Questo non ti avverrà mai». Rinuncia alla resurrezione per paura della morte e del dolore.

Gesù lo chiama addirittura “Satana”, cioè avversario: l’ostacolo più grande alla sua missione è quella conservazione di sé, compiaciuta e insieme paralizzata dal terrore della morte. La sua voce suona tremenda, quasi spaventosa, sembra quasi urlare: «Rinnega te stesso! Abbraccia la tua croce, la sofferenza e la morte! Cosa te ne fai di salvare la pelle, di prolungare la vita?». Un rimprovero duro e bruciante, che serve a rilanciare la prospettiva: la posta in gioco è molto più alta, non si tratta di salvarsi, ma di trovarsi, «chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà». Usa quel verbo greco, eurisko, che indica la scoperta di qualcosa di nuovo, addirittura l’invenzione, rimanda a un incontro inaspettato o anche al ritrovamento di qualcosa di perso. Gesù spezza il nostro specchio, rovescia il nostro mondo, smuove lo stagno di Narciso e apre l’orizzonte di una ricerca. Chi lascia andare quell’immagine riflessa e smette di preoccuparsi di salvarla, si recupererà, si inventerà, incontrerà veramente se stesso, risorgerà attraverso la passione e la morte.

Perché quel sé che un giovane cerca, che ognuno cerca, non è una rigida maschera teatrale. Quel sé non si esaurisce di fronte a uno specchio e nasce veramente solo nel suo aprirsi all’altro, nell’incontro-scontro con l’esterno, l’estraneo, cioè il fratello, nel suo donarsi e attraversare la sofferenza e la necessaria morte di sé, per l’altro. Solo perdendola «per causa mia», avverte Gesù, si ritrova e si inventa la propria vita. Che è realmente propria in quanto trovata, incontrata nel cammino.

di Riccardo Sabato