· Città del Vaticano ·

La celebrazione presieduta dal cardinale Pietro Parolin a Rumbek e l’incontro con i rifugiati a Malakal

Oltre la paura per un futuro di pace e giustizia
in Sud Sudan

 Oltre la paura per un futuro  di pace e giustizia in Sud Sudan  QUO-187
17 agosto 2023

«È tempo di voltare pagina», di fare spazio alla giustizia e alla pace. Cita Papa Francesco e pronuncia parole cariche di speranza il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin a Rumbek, in Sud Sudan, nel corso della messa per la riconciliazione e la pace celebrata giovedì mattina 17 agosto.

Nel Signore Gesù, che dopo la morte in croce si fermò risorto tra i discepoli impauriti dicendo loro «pace a voi», ogni paura può essere trasformata. Oggi quelle parole, ha proseguito il segretario di Stato, «sono rivolte a noi».

L’assenza di giustizia e pace, ha osservato, genera «paure e sentimenti di impotenza»: quando prevale la paura si cede alla tentazione di «riporre più fiducia nelle proprie armi che nel potere del perdono», di confidare «più nei nostri mezzi che nella trasformazione che viene dal Signore risorto», si diventa incapaci di impegnarsi per la giustizia e la pace e costruire una comunità più fraterna, si ampliano le cause della discordia, come le disuguaglianze economiche, si cede alla rabbia, alla sfiducia, all’orgoglio e all’egoismo.

«La paura può anche nascere dall’interno di noi stessi, dalla realtà del peccato, ma Cristo ha scacciato il peccato, ha vinto la paura, ha rivelato l’amore perfetto», ha ammonito il cardinale facendo appello alla comunità ecclesiale che «fa parte della società umana e porta con sé le stesse difficoltà e contraddizioni».

«La Chiesa è la sposa di Cristo, non un’agenzia umanitaria o un’azienda» ha esortato il porporato: «Facciamo parte della Chiesa perché Dio ci ha chiamati, affidandoci il ministero della riconciliazione».

Non si diventa infatti membri della Chiesa per assunzione, come in un ufficio, o per assegnazione di progetti nell’ambito dell’istruzione o della sanità. «Siamo servitori del Vangelo», ha detto Parolin, «ci apparteniamo l’un l’altro per la nostra fede cristiana», «indipendentemente dalla nostra provenienza o tribù di appartenenza».

Ogni danno arrecato «ad un fratello o ad una sorella, danneggia l’intera società», ha proseguito esortando a rinunciare alla violenza come mezzo per risolvere le divergenze: «è il perdono, ottenuto da Cristo in croce, la chiave della giustizia e della pace, la non violenza l’unica strada per superare le divisioni all’interno di una comunità».

Il cardinale ha quindi ricordato, citando le parole di Papa Francesco durante la sua visita in Sud Sudan nel febbraio scorso, che facendosi piccoli e lasciando spazio al prossimo nel quale si riconosce un fratello, si diventa grandi agli occhi del Signore.

Forte l’appello ad abbandonare gli idoli dell’onore personale e del prestigio, ad andare oltre le differenze e l’appartenenza a gruppi etnici. Essere Chiesa, ha aggiunto ancora Parolin, non vuol dire solo aver ricevuto una volta per tutte il battesimo o partecipare in modo passivo a qualche celebrazione.

Da qui il monito a ricevere frequentemente i sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione, a valorizzare l’impegno cristiano nel matrimonio o nella vita consacrata. «La famiglia è la prima scuola della società e la vita religiosa è vitale per la missione della Chiesa, chiamata a servire non a comandare».

«Siate coraggiosi», ha detto il cardinale segretario di Stato: «Questo è il momento per impegnarsi, vedo il vostro entusiasmo, il vostro potenziale e il desiderio di mettervi in gioco». Hanno animato la celebrazione eucaristica canti e balli tradizionali. Stamani, appena sceso dall’aereo a Rumbek, Parolin è stato accolto da applausi e omaggiato dagli abitanti della diocesi con espressioni di affetto e corone floreali.

Interpellato da un giornalista, il porporato ha subito espresso la sua gioia per essere ancora una volta nel Paese: «È sempre un piacere essere qui», ha detto precisando che il suo viaggio si svolge nel solco della visita ecumenica compiuta da Papa Francesco nel febbraio scorso con l’arcivescovo di Canterbury e il moderatore della Chiesa presbiteriana di Scozia «per promuovere, rafforzare, incentivare il processo di pace, riconciliazione e pace in Sud Sudan».

Il segretario di Stato ha quindi ricordato di essere stato, martedì scorso, nel giorno dell’Assunzione di Maria, a Malakal, un luogo dove «il problema degli sfollati e dei rifugiati è molto critico». Quindi ha spiegato di aver accolto con gioia l’invito del vescovo di Rumbek a visitare la sua diocesi per un «momento di fede, di preghiera, di comunione nella Chiesa».

di Paolo Ondarza