· Città del Vaticano ·

Francesco, la Gmg, la Chiesa

Chiamati per nome

 Chiamati  per nome  QUO-182
08 agosto 2023

Sono stati giorni intensi quelli della gmg a Lisbona. Papa Francesco si è tuffato in questa avventura con la consueta generosità, dando tutto quello che ha, cioè tutto quello che è. Non è semplice quindi distillare tutta la massa di consigli, spunti, suggestioni, contenuti innanzitutto nei gesti e poi anche nelle parole che il Papa ha rivolto ai tantissimi giovani che si sono riuniti attorno alla sua persona. Iniziamo con due spunti che sono strettamente collegati all’essere giovani e al tempo stesso hanno una portata universale, valida per ogni età.

Il primo: l’essere chiamati per nome. Il Papa ha insistito sull’aprirsi all’altro, a tutti gli altri, todos, todos, todos! Il sogno di Francesco è una Chiesa che abbracci tutti gli uomini e le donne, cioè ciascuno, uno per uno, guardandoli negli occhi, accompagnandoli nella vita concreta, chiamandoli per nome. Una Chiesa dove il cristiano accoglie tutti così come sono, senza giudizio (inevitabilmente pre-giudizio) tutti, cioè nessuno escluso, e li accoglie perché sente che la sua vita è “mai senza l’altro” (per citare il bel saggio di Michael De Certeau). L’altro che prima ancora di accogliere devi appunto chiamare per nome, e prima di chiamarlo devi amarlo. Nella cerimonia di accoglienza della gmg, giovedì 3 agosto, il Papa si è soffermato su questo gesto del “chiamare per nome”: «Amici, non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni. Sì, Lui vi ha chiamati per nome». Quando nasciamo ci viene dato un nome, spesso pensato già prima della nostra nascita, e con questo nome veniamo chiamati per i primi anni della vita. Poi accade qualcosa per cui questo fatto naturale si interrompe: a scuola si viene chiamati per cognome, e così anche all’università e ancora di più nel mondo del lavoro. Si passa nel grigiore dell’anonimato e si diventa un numero, una casella nell’organigramma, un “profilo” senza volto. Solo alcuni resistono a chiamarci per nome, gli amici, i familiari, coloro che ci amano. Dio fa così, anzi arriva a cambiare il nome dei suoi amici, da Giacobbe a Simone solo per fare degli esempi. E anche nella Chiesa, che venera i santi indicandoli per nome, è così, pensiamo al Papa che cambia il suo nome e diventa Francesco, Benedetto, Giovanni Paolo, Pietro... L’amore, che salva i nomi e i volti e quindi le storie, è la via per resistere alla solitudine, al dolore e alla spinte distruttive che nella vita possono presentarsi.

Il secondo: la caduta e la misericordia. Il Papa ne ha parlato durante la veglia del sabato sera e domenica, tornando a casa in aereo, è tornato sull’argomento sviluppandolo con parole acute e toccanti: «Dicono “Ma i giovani non sempre fanno la vita secondo la morale...”. Chi di noi non ha fatto uno sbaglio morale nella propria vita? Tutti! Con i comandamenti o con qualcuno, ognuno di noi ha le proprie cadute nella propria storia. La vita è così. Ma il Signore ci aspetta sempre perché è misericordioso e Padre, e la misericordia va oltre a tutto». Parole che non hanno bisogno di commento. Nel mondo spietato di oggi sono parole a dir poco sovversive, urticanti anche, strano a dirsi, dentro lo stesso mondo cristiano. Viene in mente invece la felice intuizione contenuta in un’affermazione di un grande scrittore del ’900, il russo Boris Pasternak: «Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, che non hanno mai inciampato: la loro è una virtù spenta, di poco valore, a loro non si è svelata la bellezza della vita». (andrea monda)

di Andrea Monda