· Città del Vaticano ·

Dalla parte dei più fragili

 Dalla parte  dei più fragili  QUO-179
04 agosto 2023

La parrocchia e il Centro social paroquial São Vicente de Paulo si trovano nel cuore del quartiere periferico di Serafina. Un luogo nel quale si incontrano tante situazioni di disagio e di degrado, in cui la Chiesa fa sentire la sua presenza amica e solidale in un’opera di servizio ai fratelli senza distinzione di razza, credo o ceto sociale. La Chiesa in uscita, la Chiesa ospedale da campo che tanto desidera Papa Francesco.

Ed è qui che venerdì mattina, dopo aver lasciato il giardino Vasco da Gama dove aveva confessato alcuni giovani della Gmg, il Pontefice ha incontrato i rappresentanti di alcune realtà caritative.

Al suo arrivo il Papa è stato accolto sul sagrato da una banda musicale e da un coro di ragazzi e bambini, che hanno intonato l’inno della Gmg. All’interno del piccolo teatro — anche qui accolto da un canto di bambini — ha ricevuto il saluto di benvenuto del parroco e direttore del Centro, il canonico Francisco Crespo, il quale ha aperto l’incontro presentando anche le attività svolte in questo luogo. «La parrocchia e il Centro sociale — ha detto il sacerdote — sono nati nello stesso anno, il 1959, a distanza l’una dell’altro di soli due mesi. Il primo parroco, don José Gallea, ha capito fin dall’inizio che, per evangelizzare questa popolazione, bisognava toccare la realtà concreta degli abitanti, privi di protezione dei loro diritti e anche dei mezzi essenziali per una vita dignitosa e giusta. Anch’io, arrivando in questa parrocchia, sono stato colpito dalle innumerevoli manifestazioni di povertà, soprattutto dallo sguardo triste e vuoto degli anziani seduti lungo la strada».

Grazie agli sforzi di una comunità sempre disponibile, l’aiuto di alcuni benefattori e il sostegno dello Stato, sono state attivate iniziative per rispondere ai bisogni della popolazione. E oggi il Centro sociale parrocchiale, con i suoi 170 dipendenti, è in grado di servire in modo completo quasi 800 persone attraverso diversi servizi, tra i quali l’asilo nido, il centro giovanile, la casa di riposo per anziani e un servizio di sostegno alle famiglie bisognose.

«La vita della gente è migliorata — ha detto ancora il sacerdote — ma resta ancora tanto da fare. Cerchiamo di far crescere l’amore per ogni persona che diventa annuncio evangelico, al servizio di una cultura della cura, valorizzando quel poco o molto che ciascuno può dare per sentirsi utile e integrato nella comunità, applicando l’espressione di Papa san Giovanni xxiii: “La parrocchia è la fontana del villaggio dove tutti vanno a bere”».

Dei minori abbandonati e a rischio si occupa invece l’Associazione “Ajuda de Berço”, che gestisce una casa famiglia vicino Lisbona. «Nati 25 anni fa nel contesto dei movimenti in difesa della vita e delle campagne referendarie sull’aborto del 1998, ci siamo sentiti spinti a offrire un’alternativa a uomini e donne tentati ad abortire i propri figli o che non erano in grado di prendersene cura» ha raccontato al Papa António Pinchiro Torres.

«Fino ad oggi — ha proseguito — abbiamo accolto 452 bambini che, dopo aver vissuto con noi, sono stati inseriti in un progetto di vita sicuro e definitivo. Per alcuni è stato il ritorno in famiglia, per altri l’adozione o altre case di accoglienza. Due di loro ci accompagnano dal Cielo».

Attualmente nella casa famiglia vivono stabilmente 40 bambini di età che varia dai pochi giorni ai 13 anni. Un impegno grande, quindi, reso possibile grazie al sostegno della Chiesa di Lisbona e «all’immensa rete di amicizia sociale» che si è generata intorno all’“Ajuda de Berço”. «Continueremo a pregare per lei» ha concluso. «Preghi anche per noi, Santo Padre: per questi bambini che ci sono stati affidati, affinché trovino una famiglia; per noi che portiamo avanti quest’opera e ne abbiamo la responsabilità; per tutti coloro che lavorano nell’“Ajuda de Berço”, perché servano questi bambini con cuore sincero e disponibile; preghi anche per i nostri volontari e benefattori».

«Noi siamo un gruppo di bambini e giovani malati di cancro, bambini e giovani che hanno superato questa prova, insieme ai rispettivi genitori — ha detto Joao Bragança presentando l’ultima realtà —. Insieme formiamo l’associazione “Acreditar”, che da trent’anni invita a sperare nella guarigione e cerca di alleviare le sofferenze durante le cure, sia nei casi di sopravvivenza sia nelle famiglie i cui figli non sono sopravvissuti. Offriamo supporto emotivo, psicologico, materiale e scolastico, e accogliamo nelle nostre Case coloro che abitano lontano dall’ospedale».

«La nostra missione — ha aggiunto — è stare accanto a tutti i bambini e i giovani, provando a far sì che il cancro non li condizioni e che le cure siano efficaci e vi sia una migliore qualità della vita. Noi sappiamo di essere più forti nella vita condivisa in ordine alla difesa dei diritti, perciò abbiamo creato legami tra i sopravvissuti, pazienti e genitori, affinché, animati dalla speranza, non si sentano mai soli».

Il Papa nel suo discorso — di cui ha interrotto la lettura per non affaticare la vista a causa di un fastidioso riflesso sugli occhiali, come ha spiegato lui stesso — ha ringraziato per queste testimonianze che mostrano una Chiesa viva, che si sporca le mani.

Francesco ha quindi lasciato il teatro per recarsi all’interno della chiesa parrocchiale dove, accolto da un applauso, dopo aver salutato uno a uno i malati presenti, si è soffermato per qualche minuto in preghiera dinanzi all’immagine della Madonna di Fátima. Qui ha ricevuto in dono una tovaglia ricamata per la cappella di Casa Santa Marta. Prima di uscire per fare ritorno in nunziatura, ha salutato i bambini e i ragazzi — davvero tanti, quelli presenti nei vari momenti della visita — segno di una realtà particolarmente attenta alle nuove generazioni. I più grandi saranno presenti nel pomeriggio alla Via Crucis della Gmg.

dal nostro inviato
Gaetano Vallini