· Città del Vaticano ·

Un’icastica visionarietà

 Un’icastica visionarietà  QUO-175
31 luglio 2023
Destino comune ad alcuni scrittori dell’Otto-Novecento assurti al canone dei “classici” è quello di restare incorniciati nella memoria dei posteri come auctores unius libri. La luce raggiante di un singolo capolavoro che svetta in cima a tutta la loro produzione ha finito per mettere in ombra altre opere di non irrilevante spessore. Si pensi a Manzoni e alla sua pressoché totale identificazione con I promessi sposi, a scapito delle poesie (tranne Il cinque maggio), degli inni sacri, dei drammi, dei saggi storici e teologici. Di Verga si leggono ancora, perlomeno nelle scuole superiori, quasi solo I Malavoglia, di Pirandello Il fu Mattia Pascal, di Buzzati Il deserto dei Tartari. Nel caso del libanese Kahlil Gibran (Bisharri 1883 - New York 1931), il massimo esponente della letteratura araba definita “di emigrazione” ...

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