
«Le numerose guerre e conflitti armati che oggi affliggono la famiglia umana e specialmente i nostri fratelli e sorelle più vulnerabili mostrano tragicamente la necessità di una vigilanza costante per difendere e promuovere la giustizia e la cooperazione amichevole all’interno delle comunità e tra i popoli». Queste parole del Papa sono risuonate ieri, 27 luglio, nel centro di Seoul, tra le volte della cattedrale di Myeong-dong, in un giorno particolare per la vita dei coreani del sud e del nord. Settant’anni fa, infatti, veniva raggiunto un armistizio nella guerra di Corea (27 luglio 1953), anche se da lì in avanti una tensione palpabile ha continuato a serpeggiare nella penisola divisa dal 38o parallelo.
A leggere di persona il messaggio di Francesco, indirizzato al presidente della Conferenza episcopale coreana, monsignor Matthias Ri Iong-hoon, vescovo di Suwon, è stato il connazionale cardinale Lazzaro You Heung-sik, prefetto del Dicastero per il Clero, durante la Messa per la pace celebrata in cattedrale. Il Papa ha invitato «tutti i coreani a diventare “profeti” di pace», ricordando che essa «si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate».
«Sono spiritualmente vicino a voi — afferma il Pontefice —. Per i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici della vostra terra, questo anniversario sia occasione per rinnovare il loro impegno nella costruzione del Regno di Dio Onnipotente, che è pieno di “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14, 17)». L’auspicio finale di Francesco, in chiusura del messaggio, è che la commemorazione dell’Accordo di armistizio indichi non solo «la cessazione delle ostilità, ma anche un brillante futuro di riconciliazione, fratellanza e armonia duratura non solo per la penisola coreana ma anche per il resto del mondo».