Per ogni cosa

“Di generazione in generazione la sua misericordia” (Lc 1, 50): scegliendo questo tema per la terza Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani il Santo Padre ci ricorda come la sensatezza di questo giorno si esprima anche attraverso la prossimità cronologica con la Giornata mondiale della gioventù, vale a dire come l’universalità del messaggio salvifico si compia proprio attraverso la sua ricezione fra le diverse generazioni.
In tal senso, il rapporto fra generanti e generati comprende in sé la responsabilità da parte della generazione che precede nei confronti di quella che segue, poiché è la prima a determinare le condizioni di vita della seconda, ponendosi al centro del processo identitario di quest’ultima. La condizione di generante presuppone imprescindibilmente quella di generato, ciascun genitore è sempre e comunque un figlio e in questa universale condizione, fratello e prossimo.
Sia pure nella congenita indeterminatezza del varroniano cur et unde sint verba (il perché e l’origine delle parole), la biografia del termine “generazione” rivela nelle proprie successive declinazioni, l’humus del quale si è nutrita e al contempo conferma la pienezza di significato ribadita da Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani.
Di per sé, la varietà intrinseca nelle lingue naturali che sono creazione dell’uomo, obbliga a ricordare che l’origine di un termine, in questo caso “generazione”, non è assoluta, ma che essa ha ricevuto la propria sostanza dal contesto in cui è stata in uso.
Dal significato del “produrre un proprio simile”, a quello di “origine”, “atto della generazione”, ma anche necessariamente quello di “derivazione”, “specie” — genus — “procreazione”, oggetto del Libro della Genesi, al cui incipit troviamo il termine ebraico Bereshit (in principio, il fondamento) per risalire sino alla radice indoeuropea che indica il “produrre, partorire” assieme al “riconoscere, conoscere”.
Alla radice del termine generazione appartiene anche il termine inglese kind, atto ad esprimere un atteggiamento amichevole, che fa deliberatamente del bene agli altri e derivante da una forma arcaica che fa originariamente riferimento al sentimento di parentela reciproca, utilizzato per indicare il fanciullo nella lingua tedesca (das Kind) e in inglese colloquiale kid.
L’unità fra generante e generato sta, pertanto, a fondamento del fisiologico allontanamento fra le generazioni e in questo senso, la fede nel messaggio divino si manifesta proprio nella volontà di mantenere tale memoria “genetica” come ci ricorda san Paolo: «perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne» (2 Cor 4, 18).
In questo, la debolezza endogena della vecchiaia, accettata proprio nel tramutare l’essere umano in creatura fragile e vulnerabile può, essa stessa, guidata dal messaggio di fede, tramutarsi nel riconoscimento quotidiano della promessa di Dio che trova compimento nell’essere affidata alle generazioni successive.
Il processo della senescenza viene, al giorno d’oggi sottoposto di fatto ad una damnatio memoriae per cui “vince” chi meglio “filtra” (la scelta della voce verbale non è casuale) il proprio trascorrere, in un’immagine piatta e terrificante di un “non-divenire”: un tentativo inane questo, di celare i segni del tempo, il quale rivela inevitabilmente la propria estraneità non solo alla natura umana ma soprattutto al Progetto divino. La «potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12, 9).
Il riconoscimento del dono misericordioso insito in tale umano divenire, la mutevole durevolezza delle unità di misura dell’esistenza umana (di percezione quasi eterna nella giovinezza, e amaramente limitata nel progredire degli anni), dovrebbero essere i semi fecondi di quella consapevolezza che ci distingue dall’inconscio mutare presente in natura ed in virtù del quale, ad esempio, ciascun elemento vegetale nasce e cresce, passando naturalmente da uno stato all’altro e proseguendo il proprio ciclo in modo inconscio attraverso la crudeltà degli elementi.
Se ciascuna pianta rende omaggio al creato consegnandosi alla propria semente in modo inconsapevole, per l’uomo è il messaggio divino a rivelare il compimento di questo miracoloso eterno tramutare.
Il profeta Gioele dice «i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (3, 1-5), mentre san Benedetto ricorda di venerare gli anziani e di amare i giovani.
Nell’affannosa corsa di una giovane generazione che sovente si trova smarrita, la meta dovrebbe essere riconosciuta nella completa varietà dell’esistenza, che include necessariamente coloro che ci hanno generato, in quanto dono della misericordia e grazia divina, scorgere dinanzi chi è venuto prima o detto in modo mirabile nel libro dell’Esodo (20, 12): «Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore tuo Dio ti dà».
di Arianna G. Medoro