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Dopo la costituzione della Commissione dei Nuovi Martiri - Testimoni della Fede

Il respiro della carità
per le strade di Haiti

 Il respiro della carità  per le strade di Haiti  QUO-165
19 luglio 2023

La Piccola sorella Luisa Dell’Orto uccisa nel 2022


Quattro colpi di pistola da una parte e il silenzio della carità dall’altra. Sono due immagini opposte che nella vita ma soprattutto nella morte di suor Luisa Dell’Orto, la piccola sorella del Vangelo di Charles de Foucauld uccisa a Pourt-au-Prince il 25 giugno 2022 pochi giorni prima del suo 65o compleanno, si intrecciano e si spiegano nel “martirio” che ancora oggi è una realtà viva e presente.

Una parola associata alla vita della missionaria italiana che Papa Francesco aveva usato all’Angelus, il giorno dopo il suo assassinio, nel ricordarla come dono per gli altri e nel suo servire i bambini di strada di Haiti che aiutava nella costruzione di un domani più sereno e senza violenza.

«I martiri nella Chiesa — si legge nella lettera con cui il Pontefice il 3 luglio scorso ha istituito la Commissione dei nuovi martiri in vista del Giubileo 2025 — sono testimoni della speranza che deriva dalla fede in Cristo e incita alla vera carità». Speranza e carità, i cardini della vita di suor Luisa, sono «luci che fanno contemplare la bellezza e la fecondità del Vangelo»: è il pensiero di don Andrea Restelli, parroco di Lomagna, nel lecchese, paese natale della religiosa che prima si era messa a servizio di tanti in Camerun, poi in Madagascar e infine ad Haiti. Nel Paese caraibico, dove era stimata anche come insegnante di futuri sacerdoti, era diventata “haitiana” nel profondo, sentendo questo popolo sofferente come la sua gente. Mai nessun dubbio sul restare lì “perché — raccontava — se qualcuno della famiglia è malato, non lo si lascia solo, è proprio quello il momento in cui uno sta più vicino alle persone. Questo popolo diventa la nostra grande famiglia, la famiglia dei figli di Dio ed in questa famiglia si condividono le gioie e le sofferenze».

Luisa, giunta nel 2002, era stata accanto a loro sempre: dal terribile terremoto del 2010 con oltre 230mila vittime, 300mila feriti e un milione di persone senza casa, fino all’estrema insicurezza di questi ultimi anni, segnati dalla violenza delle bande armate e persino dall’uccisione nel 2021 del presidente Jovenel Moïse. Luisa era l’anima di Kay Chal, “Casa Carlo”, una struttura rinnovata dopo il sisma grazie ai fondi raccolti da Caritas italiana. Un luogo di respiro per tanti bambini, dove si studia ma dove si fanno anche tante attività come il ballo, il basket. «Tentiamo — raccontava suor Luisa — di dare una mano a ricostruire i valori, a ricostruire il senso dell’avere una dignità, offrire loro la possibilità di non sentirsi maledetti grazie al Vangelo perché Dio ama il popolo haitiano».

Amore incondizionato e morte violenta, ancora una volta le parole stridono tra loro ma in soccorso arriva un altro passaggio della Lettera del Papa che, per don Andrea, parla proprio della piccola sorella Luisa. I martiri sono coloro che «vengono uccisi — scrive Francesco — nello sforzo di soccorrere nella carità la vita di chi è povero, nel prendersi cura degli scartati dalla società, nel custodire e nel promuovere il dono della pace e la forza del perdono». E «Luisa, pur consapevole dei rischi che correva soprattutto negli ultimi mesi a causa della crescente violenza in Haiti, — spiega il parroco di Lomagna — ha deciso di restare per essere accanto ai piccoli di Kay Chal, testimone della carità fino all’ultimo, fino a quando quei 4 colpi di pistola hanno provato a spegnere il frutto della sua opera. Opera che invece sta proseguendo grazie all’impegno dei suoi stessi ragazzi e dalla generosità di chi ha sostenuto in diverse forme la ripresa della scuola e di tutte le attività». Colpi di pistola che non spengono il bene ma paradossalmente diventano acqua che lo alimenta. L’assassinio di suor Luisa, avvenuto per strada, ha generato dolore e curiosità intorno alla sua figura di donna del Vangelo. Don Andrea Restelli non l’ha conosciuta personalmente ma attraverso i suoi parrocchiani che gli hanno restituito l’immagine di «una persona determinata e innamorata del suo servizio, capace di accendere una luce speciale in chi incontrava», un incontro che, spiega ancora il sacerdote, sta portando molti frutti. Anche lui, nel suo essere consacrato, si sente «toccato e messo in discussione dal “come” Luisa si è fatta piccola sorella, si è fatta Vangelo e per questo chiedo quotidianamente la sua intercessione sul mio ministero ma anche per coloro che cercano fecondità nella loro vita». Martirio e fecondità, stavolta le parole non stridono perché la testimonianza di vita di tanti uomini e tante donne, fino allo spargimento di sangue, sono per la Chiesa tesoro da valorizzare e custodire. I missionari, come suor Luisa, non sono persone avventate; lo ha ricordato in un messaggio il giorno dopo l’assassinio della piccola sorella l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini. Sono coloro che cercano «i segni del Regno di Dio che viene, in mezzo ai poveri, tra coloro che sono importanti solo per Dio e ignorati da tutti». Suor Luisa ha fatto notizia per la morte violenta ma era notizia «la voglia di bene» — racconta sua sorella, Maria Adele Dell’Orto — che ha contraddistinto tutta la sua vita senza clamore. Una vita spesa sulle orme di Charles De Foucauld, oggi santo, che come lei ha trovato la morte per mano di alcuni malviventi nel 1916 nel villaggio tuareg di Tamanrasset, in Algeria. Charles e Luisa sono stati due innamorati di Dio, due testimoni di come la vita possa cambiare una volta che ci si sente amati. Nella preghiera dell’abbandono di De Foucauld c’è lo stile del martire di allora come di oggi: «Padre mio, io mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace...».

di Benedetta Capelli