· Città del Vaticano ·

Il cardinale José Tolentino de Mendonça alla Cattolica per un colloquio scientifico sull’intelligenza artificiale

Rinnovamento
e consapevolezza:
pensando il futuro
delle università cattoliche

 Rinnovamento e consapevolezza:  pensando il futuro delle università cattoliche  QUO-160
13 luglio 2023

Nelle sfide storiche e culturali che le università cattoliche hanno affrontato e dovranno affrontare, è indispensabile coniugare sempre «rinnovamento» e «consapevolezza», come si è espresso con insistenza Papa Francesco. Lo ha detto il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’educazione, durante la lectio tenuta giovedì mattina, 13 luglio, al colloquio scientifico sul tema: «Il futuro delle università cattoliche nell’era dell’intelligenza artificiale (Ai)», svoltosi nella sede storica dell’ateneo del Sacro Cuore a Milano. Intervenendo via zoom, il porporato ha invitato le 8 università aderenti alla Strategic alliance of catholic research universities (Sacru) a dialogare con il nuovo, a lavorare senza risparmiarsi sulle domande e le problematiche attuali, e a costituirsi come «grandi laboratori del futuro» in materia di Ai. Pubblichiamo il testo del cardinale.

La Costituzione apostolica Ex Corde Ecclesiae offre alle università cattoliche un impulso ricco di incoraggiamento sul quale vale la pena di tornare. Lo spirito della Costituzione è certamente quello di radicare le università cattoliche nel «cuore della Chiesa» (n. 1) e della sua missione, nella «ardente ricerca della verità» (n. 2), nella «fedeltà al messaggio cristiano» (n. 13), e nell’«impegno istituzionale al servizio del popolo di Dio e della famiglia umana» (n. 13). Ma allo stesso modo sfida l’università ad assumere sé stessa come «un centro incomparabile di creatività» (n. 1), a sentirsi chiamata «ad un continuo rinnovamento» (n. 7), specialmente «nel mondo di oggi, caratterizzato da sviluppi tanto rapidi nella scienza e nella tecnologia» (n. 7). Il rinnovamento costante, in un’istituzione che fa della ricerca della verità il proprio modo di esistere, deve perciò essere considerato un fatto normale. Le università cattoliche devono in effetti dialogare con il nuovo, lavorare senza risparmiarsi sulle domande e le problematiche attuali, e costituirsi esse stesse come grandi laboratori del futuro. Dalle università cattoliche ci si aspetta non solo che custodiscano attivamente la nobile memoria dei giorni passati, ma che siano anche sonde, e culle, del domani. Tuttavia, questo rinnovamento che le caratterizza deve essere accompagnato e, come ci ricorda Ex Corde Ecclesiae, sostenuto da una «chiara consapevolezza» (n. 7) di quella che è la loro natura e identità. Per questa ragione, nelle diverse svolte storiche e culturali che le università cattoliche hanno affrontato, compresa la svolta attuale, così sfidante, si rende indispensabile coniugare sempre due termini: «rinnovamento» e «consapevolezza».

Sul «rinnovamento» e la «consapevolezza» si è espresso con insistenza Papa Francesco, anche facendo luce sul tema del convegno scientifico che si inaugura adesso: The Future of Catholic Universities in the AI Age. Sono davvero opportune queste sue parole: «Siamo tutti consapevoli di quanto l’intelligenza artificiale sia sempre più presente in ogni aspetto della vita quotidiana, sia personale che sociale. Essa incide sul nostro modo di comprendere il mondo, noi stessi… e perfino nelle decisioni umane» (Discorso all’incontro “Roma Call”, promosso dalla Fondazione Renaissance, 10 gennaio 2023). E la strada che egli ci indica è quella del dialogo e del discernimento, che si pongono chiaramente nella linea del «rinnovamento» e della «consapevolezza». Il Santo Padre esprime infatti «la convinzione che solo forme di dialogo veramente inclusive possono permettere di discernere con saggezza come mettere l’intelligenza artificiale e le tecnologie digitali al servizio della famiglia umana» (Discorso ai partecipanti dei “Minerva Dialogues”, 27 marzo 2023).

È fuori di dubbio che il futuro richiede una visione interattiva, una maturazione poliedrica della realtà e l’audacia di rischiare. Il rischio, lo sappiamo bene, è indissociabile da un contesto educativo degno di tale nome. Ma un rischio ragionevole. Rischio ragionevole è, per esempio, nel contesto attuale, mantenere le priorità debitamente salvaguardate: «la priorità dell’etico sul tecnico», il «primato della persona sulle cose», «la superiorità dello spirito sulla materia», poiché «la causa dell’uomo sarà servita solo se la conoscenza è unita alla coscienza» (Discorso al Congresso mondiale “Educare oggi e domani. Una passione che si rinnova”, promosso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, 21 novembre 2015). Occorre quindi rafforzare un’antropologia integrale che inscriva la persona umana al cuore dei principali processi di civilizzazione. Il grande investimento da fare non può essere che quello umano, ossia l’investimento nella formazione di ogni membro della famiglia umana affinché possa sviluppare le proprie potenzialità cognitive, creative, spirituali ed etiche, e così contribuire, in un modo qualificato, al bene comune. La grande questione che sta dietro all’intelligenza artificiale continua ad essere antropologica. E le sfide che si pongono all’educazione non possono essere se non quelle che si pongono, oggi, alla persona umana.

Le università, e a maggior ragione le università della Chiesa, si trovano a un crocevia di possibilità culturali, scientifiche e sociali. Non vivono per sé stesse, come se fossero impermeabili bolle di realtà. Ben al contrario, esse si sviluppano nella misura in cui diventano capaci di ascolto, di corresponsabili pratiche collaborative, di un generativo incontro di persone e culture. Ciò richiede un’intelligenza creativa, ma anche un discernimento che non può essere parziale, né improvvisato, ma solidamente basato sui propri valori.

In relazione al cambio di epoca che stiamo sperimentando, mi viene in mente il modo prudente in cui nel Fedro di Platone si reagisce al passaggio da società basate sull’oralità a società in cui la scrittura diventa dominante. I pareri erano discordi. Per gli uni, la scrittura rende gli esseri umani più saggi ed è una medicina che viene in aiuto alla loro memoria. Per gli altri, i pericoli superano i vantaggi, e sostengono che la nuova forma di comunicazione «ingenererà oblio nelle anime: essi cesseranno di esercitarsi la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non più dall’interno di sé stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei... Potendo avere notizie di molte cose senza insegnamento, si crederanno d’essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla».

Indubbiamente, l’ingresso delle università cattoliche in questa nuova stagione storica, in larga misura ancora da scoprire e regolare, ci obbliga a un delicato esercizio di responsabilità. Appaiono di particolare pertinenza le riflessioni di Papa Francesco, che siamo chiamati ad accogliere. Dice il Santo Padre: «Non basta la semplice educazione all’uso corretto delle nuove tecnologie: non sono infatti strumenti “neutrali”, perché, come abbiamo visto, plasmano il mondo e impegnano le coscienze sul piano dei valori. C’è bisogno di un’azione educativa più ampia... Esiste una dimensione politica nella produzione e nell’uso della cosiddetta “Intelligenza Artificiale”, che non riguarda solo la distribuzione dei suoi vantaggi individuali e astrattamente funzionali. In altri termini: non basta semplicemente affidarci alla sensibilità morale di chi fa ricerca e progetta dispositivi e algoritmi; occorre invece creare corpi sociali intermedi che assicurino rappresentanza alla sensibilità etica degli utilizzatori e degli educatori... Si intravede una nuova frontiera che potremmo chiamare “algor-etica”...» (Discorso alla plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, 28 febbraio 2020).

Che le nostre università cattoliche, con gli strumenti del «rinnovamento» e della «consapevolezza», possano abitare in modo credibile le nuove frontiere.