Il vietnamita ucciso
A colloquio con padre Dinh Anh Nhue Nguyen
segretario generale della Pontificia Unione Missionaria
«Potremo fare memoria della schiera dei martiri silenziosi, che ci sono sempre stati, e sempre vi saranno, nella storia della Chiesa. Ce ne sono tanti anche negli ultimi 25 anni, in tutto il mondo», dice il frate minore conventuale Dinh Anh Nhue Nguyen, membro della Commissione dei nuovi martiri e testimoni della fede, recentemente creata da Papa Francesco in vista del Giubileo del 2025. In un colloquio con «L’Osservatore Romano», il sacerdote francescano vietnamita, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria, parla del suo Paese di origine: «Voglio ricordare tutti quei martiri anonimi che, nel passato e nel presente, anche in Vietnam, hanno donato la vita e sono passati sotto silenzio. In questa nazione asiatica abbiamo 117 canonizzati, ma sono circa 150mila quelli morti in odium fidei, noti solo a Dio, che sono con Lui in paradiso», afferma, ricordando che, accanto a quelli canonizzati da Giovanni Paolo ii nel 1988, migliaia furono imprigionati e morirono sotto la dinastia Nguyen, durante le feroci persecuzioni tra il xvii e il xix secolo.
Erano vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, vietnamiti e stranieri. «Non volevano essere onorati dal mondo, né dai posteri: benedetti con la grazia divina, hanno trovato felicità e vittoria in Dio stesso. Sono morti soprattutto per l’impeto di una fede autentica», nota padre Anh Nhue.
Quella testimonianza, rileva, è viva e porta frutto ancora oggi. Essa avviene, per grazia divina, «nell’espressione di una fede genuina e profonda, intrisa di sudore e sangue, come quella che offrono tanti missionari, pronti a portare il Vangelo e l’amore di Dio in terre lontane». La nuova Commissione, allora, «potrà valorizzare queste esperienze, ascoltando le testimonianze delle Chiese locali», chiarisce.
Il frate francescano è convinto che «la vita dei martiri e il loro supremo sacrificio per fede sono una narrazione potente per la vita della Chiesa oggi, in Vietnam e in tutto il mondo. Lo spargimento del loro sangue, nella fedeltà a Dio, ispira le nuove generazioni di cristiani vietnamiti a vivere secondo il Vangelo e a costruire il regno di Dio nel loro amato Paese».
Tra gli esempi contemporanei, padre Anh Nhue rimarca la recente esperienza del quarantunenne sacerdote domenicano Joseph Tran Ngoc Thanh, ucciso il 29 gennaio 2022 mentre ascoltava la confessione e celebrava il sacramento della riconciliazione nella sua parrocchia, nella diocesi di Kon Tum, capitale della omonima provincia, nell’entroterra della regione degli altopiani centrali del Vietnam. Il religioso è stato aggredito con un’arma da taglio da un uomo mentalmente instabile, tra lo shock delle persone presenti nella chiesa. Ferito e portato in ospedale, ha ricevuto le prime cure ma non è riuscito a riprendersi ed è morto alle 23.30 dello stesso giorno, come ha raccontato l’Agenzia Fides, che Dinh Anh Nhue Nguyen ha diretto tra il 2021 e il 2022.
La sua testimonianza martiriale il domenicano l’ha resa a monsignor Aloisio Nguyen Hung Vi, vescovo di Kon Tum, che gli era accanto, prima di esalare l’ultimo respiro: padre Joseph Tran Ngoc Thanh ha perdonato il suo assassino, ha raccontato il presule, sottolineando come egli sia «stato prezioso nell’opera di formazione dei laici e per la pastorale missionaria nella diocesi. La sua morte è una grande perdita ma, con uno sguardo di fede, affidiamo questo evento alla misericordia di Dio. Come ha fatto padre Joseph, siamo chiamati ad amare, a perdonare, a deporre l’odio, a pregare perché ogni peccatore si penta».
«La volontà di Dio è misteriosa», ha aggiunto il vescovo di Kon Tum. «Ora nessuno può separarlo dall’amore di Dio. Quando è stato colpito, padre Joseph stava facendo le veci di Cristo, dispensando il perdono di Dio. Morire in quel momento, in persona Christi, deve essere una grazia speciale», ha concluso.
di Paolo Affatato