· Città del Vaticano ·

Ricordo di fratel Biagio Conte a sei mesi dalla morte

Accanto agli ultimi
sulle orme del Poverello

 Accanto agli ultimi sulle orme del Poverello  QUO-159
12 luglio 2023

Fratello Biagio Conte, l’angelo degli ultimi nel cuore del Mediterraneo, morto esattamente sei mesi fa, è stato per molti anni la figura laica cristiana cattolica che ha aiutato, attraverso la “Missione di speranza e carità” (da lui fondata a Palermo), migliaia di indigenti provenienti da paesi poveri, garantendo a essi i principi fondamentali dei diritti umani e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Per Papa Francesco il missionario laico siciliano è riuscito ad accendere una fiamma d’amore in Sicilia, terra da secoli martoriata ma dove convivono diverse culture e tradizioni che garantiscono un multiculturalismo mediterraneo unico nella “culla della civiltà”.

«La Missione — disse fratel Biagio — nasce dall’esperienza profonda di chi ha incominciato a cercare la verità, la vera libertà e la vera pace, distaccandosi dal mondo materialistico e consumistico». Conte, stanco della vita mondana che conduceva, avvertì nel cuore il desiderio di lasciare tutto e tutti e andare via dalla casa paterna il 5 maggio 1990, a 26 anni, con l’intenzione di non tornare. Dopo un’esperienza di eremitaggio tra montagne, laghi, fiumi, sotto il sole, la luna e le stelle, iniziò a sentire sempre di più la chiamata di Gesù e dopo l’arrivo ad Assisi, davanti alla tomba di san Francesco, nei luoghi dove il Poverello ha dedicato e donato la sua vita, sentì nel cuore la voglia di vivere da missionario proprio nelle strade di Palermo, partendo dalla stazione centrale tra i vagoni e le sale d’aspetto, angoli di strada, marciapiedi, panchine dove tanti fratelli dormivano e passavano intere giornate tra l’indifferenza più assoluta.

Biagio Conte è stato un “san Francesco” dei giorni nostri, caritatevole, coraggioso, pacifista integrale. Ha lottato a viso aperto contro la povertà, l’indifferenza, i disastri ambientali, le guerre, la mafia, l’opulenza, la corruzione, l’egoismo e il razzismo in una terra difficile come la Sicilia.

Tornando a Palermo donò la propria vita agli ultimi della società. Rischiò la vita più volte per strappare al Comune alcune strutture, diventate dal 1993 tre grandi centri di accoglienza, le sue “Città della gioia” che accolgono e si prendono cura dei bisogni di oltre mille persone al giorno, grazie ai doni di facoltosi italiani e stranieri. Assieme a lui, volontari di ogni provenienza e religione, universitari, professori, frati e sorelle, pronti a chinarsi su profughi e poveri provenienti da altri mondi con migliaia di storie che richiedono interventi tempestivi. Scappano dalla fame, ma più spesso dalla guerra, dalle persecuzioni. Arrivano da Libia, Tunisia, Sudan, Eritrea, Etiopia, Somalia, Liberia, Sierra Leone, Nigeria, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Togo, Sri Lanka, India, Bangladesh, Palestina, Iraq. Nel loro paese facevano gli agricoltori, lavoravano dalla mattina alla sera per due, tre dollari al mese. Ci sono anche molti studenti e laureati, qualcuno è nato nell’agiatezza e vive adesso una povertà dignitosa.

Arrivano in Sicilia dopo aver affrontato un viaggio straziante, stipati nei barconi, come quelli giunti negli ultimi decenni a Lampedusa, nel mar Mediterraneo. L’impatto con le nostre grandi città è un disastro, del nostro benessere non sanno nulla, non capiscono come funziona e come è distribuito. Trovano ad accoglierli i centri di accoglienza come quello di Lampedusa, strutture spesso inadeguate alle eccezionali ondate migratorie, con condizioni di vita che non sono certo quelle che speravano nei loro sogni.

In attesa di un foglio provvisorio per viaggiare in Italia e in Europa, si recano nella “Missione di speranza e carità” di Palermo, fondata da fratel Biagio Conte in cerca di un posto dove dormire, una minestra, un tozzo di pane, un luogo dove non vengano trattati come diversi, come estranei. Nell’attesa che le loro mani stringano finalmente il permesso di soggiorno, vivono in uno stato di sospensione. Prigionieri della burocrazia italiana ed europea, non possono firmare un contratto di lavoro, si arrangiano in tutti i modi pur di sopravvivere e non sentirsi un peso per la nostra società. Nel frattempo collaborano ai progetti delle “Città della gioia” e aiutano a cucinare, distribuire viveri e vestiari. Musulmani, induisti, atei, sanno che in questo luogo nessuno cercherà di imporgli un altro Dio.

di Giacomo Palermo