· Città del Vaticano ·

Se il volontario
si scopre a “ricevere”

 Se il volontario  si scopre a “ricevere”   QUO-156
08 luglio 2023

Da sempre ho desiderato “ritagliarmi” uno spazio che fosse interamente dedicato ad altro, ad altri, ma per le mille cose che mi occupano sembrava un’impresa impossibile fino a quando ho preso la ferma decisione di “fermarmi” e di stare con loro: i bambini del Dispensario Santa Marta. Una realtà sconosciuta per me fino all’anno scorso quando, quasi per caso, o come amo dire per una “Dio-incidenza”, un membro di Athletica Vaticana mi ha aperto gli occhi del cuore per scoprire un tesoro inestimabile.

Spesso si pensa che fare volontariato sia dare del tempo, energie ad altri: oggi posso dire che sono io quella che riceve, che torna a casa con il cuore pieno di gioia, di sguardi, di manine che si aggrappano e che a volte ti sfiniscono anche. Ma quanta grazia che passa, quanto amore che emerge e che riempie gli occhi, le mani, il cuore di gratitudine. Piccole cose: a volte basta un palloncino o le bolle di sapone, ma questi bambini sanno dare un sorriso che fa passare la “bua” come qualche tempo fa Rafaele, 3 anni, mi disse. Una grande lezione di vita, un fiore all’occhiello nel cuore del Vaticano.

Il Dispensario è formato da tanti volontari e ognuno, con il proprio carisma, aiuta ad allargare la tenda della vita, della solidarietà, dell’essere Chiesa. Ognuno con ciò che è e ciò che ha. Il mio contributo del mio essere Chiesa ho sempre cercato di trasmetterlo nell’insegnamento, perché la vera teologia non è una disquisizione della vita, ce lo ha ricordato il Papa, ma incarnazione della fede nella vita.

Ho cercato di appassionare, in questa iniziativa anche una classe della scuola dove sono responsabile pastorale, l’Istituto Saint Dominique, nella zona nord di Roma, che ha mostrato il desiderio di vivere un’esperienza di condivisione, di missione. Per me è molto importante nel contesto pedagogico: oggi i ragazzi sono troppo occupati dai social quasi perdendo il bello della vita e posso dire a gran voce che l’esperienza di questa classe è stata a dir poco feconda. Li ho visti lasciare da parte i cellulari e mettersi in gioco in modi diversi, chi per stare con i bimbi, chi per smontare e rimontare armadi, chi per portare pacchi di pannolini e quant’altro.

Mi sono accorta che a loro non interessava il “cosa fare” ma l’esserci, non si è creata una classifica “perché io questo e tu quello”, ma è nata una catena solidale a tal punto che hanno spontaneamente fatto una piccola iniziativa a scuola creando, con le loro mani, rose di carta per venderle e il ricavato è stato donato ai piccoli. Perché, mi ha detto una studentessa, «quel sorriso mi ha riempito il cuore e non lo dimenticherò mai più».

La cosa bella è che non è stato un episodio sporadico. Gli studenti sono ritornati al Dispensario e vogliono ritornare ancora. Per poter essere capaci di gioire bisogna imparare a riconoscere ciò che siamo, ciò che abbiamo ricevuto, le persone che abbiamo accanto e che rendono speciale la nostra vita. Sono i piccoli passi di ogni giorno per costruire gioia attorno a noi, iniziando a scorgerla dentro di noi.

di Tiziana Caputo
Volontaria