· Città del Vaticano ·

Davanti al ripetersi di gravi tragedie nel Mediterraneo, in una lettera all’arcivescovo di Agrigento il Papa rilancia il grido doloroso e assordante dei migranti, principalmente bambini, morti in mare

La vergogna di una società che non sa più piangere
e compatire l’altro

 La vergogna di una società  che non sa più piangere e compatire l’altro   QUO-156
08 luglio 2023

«La morte di innocenti, principalmente bambini, in cerca di una esistenza più serena, lontano da guerre e violenze, è un grido doloroso e assordante che non può lasciarci indifferenti. È la vergogna di una società che non sa più piangere e compatire l’altro». La denuncia di Papa Francesco è scritta nero su bianco in una lettera inviata all’arcivescovo di Agrigento in occasione delle celebrazioni a Lampedusa del decimo anniversario della visita pontificia nell’isola. Eccone il testo.

Al Caro Fratello
Mons. Alessandro Damiano
Arcivescovo di Agrigento

In occasione della celebrazione a ricordo del 10° anniversario della visita a Lampedusa, desidero inviare a Lei, ai fedeli dell’Arcidiocesi, alle Autorità ed ai presenti il mio cordiale saluto. Sono vicino a Voi con l’affetto, la preghiera e l’incoraggiamento.

Carissimi, in questi giorni in cui stiamo assistendo al ripetersi di gravi tragedie nel Mediterraneo, siamo scossi dalle stragi silenziose davanti alle quali ancora si rimane inermi e attoniti. La morte di innocenti, principalmente bambini, in cerca di una esistenza più serena, lontano da guerre e violenze, è un grido doloroso e assordante che non può lasciarci indifferenti. È la vergogna di una società che non sa più piangere e compatire l’altro.

Sono trascorsi dieci anni dal viaggio che ho voluto compiere nella comunità lampedusana per manifestare il mio sostegno e la paterna vicinanza a chi dopo penose peripezie, in balìa del mare, è approdato sulle vostre coste. Il consumarsi di sciagure così disumane deve assolutamente scuotere le coscienze; Dio ancora ci chiede: “Adamo dove sei? Dov’è il tuo fratello?” Vogliamo perseverare nell’errore, pretendere di metterci al posto del Creatore, dominare per tutelare i propri interessi, rompere l’armonia costitutiva tra Lui e noi? Bisogna cambiare atteggiamento; il fratello che bussa alla porta è degno di amore, di accoglienza e di ogni premura. È un fratello che come me è stato posto sulla terra per godere di ciò che vi esiste e condividerlo in comunione.

In tale contesto, tutti siamo chiamati ad un rinnovato e profondo senso di responsabilità, dando prova di solidarietà e di condivisione. È necessario quindi che la Chiesa, per essere realmente profetica, si adoperi con sollecitudine per porsi sulle rotte dei dimenticati, uscendo da sé stessa, lenendo con il balsamo della fraternità e della carità le piaghe sanguinanti di coloro che portano impresse nel proprio corpo le medesime ferite di Cristo.

Vi esorto perciò a non restare imprigionati nella paura o nelle logiche di parte, ma siate cristiani capaci di fecondare con la ricchezza spirituale del Vangelo codesta Isola, posta nel cuore del Mare Nostrum, affinché ritorni a splendere nella sua originaria bellezza.

Mentre ringrazio ciascuno di Voi, volto radioso e misericordioso del Padre, per l’impegno di assistenza a favore dei migranti, affido al Signore della vita i morti nelle traversate, e volentieri imparto la mia Benedizione, chiedendo per favore di pregare per me.

Roma, da San Giovanni in Laterano, 20 giugno 2023

Francesco 


8 luglio 2013: l’omelia

Quel no alla globalizzazione dell’indifferenza


Riproponiamo alcuni passi dell’omelia pronunciata dieci anni fa da Papa Francesco a Lampedusa durante la celebrazione della messa nel campo sportivo Arena in località Salina.

Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte... Quando  ho appreso questa notizia... il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. 

Allora ho sentito che dovevo venire qui a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le  coscienze. 

Alla luce della Parola di Dio, vorrei proporre alcune parole che spingano a riflettere e a cambiare concretamente certi atteggiamenti. «Adamo, dove sei?»: è la prima domanda che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato. E [poi]  la seconda: «Caino, dov’è tuo fratello?». Queste domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza! Tanti di noi siamo disorientati e non siamo più capaci di custodirci gli uni gli altri.

 Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. 

Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna... La cultura del benessere, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta alla globalizzazione dell’indifferenza.  

Vorrei che ci ponessimo una terza domanda: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?», chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”! Domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’è nel mondo,  anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo. 

Ti chiediamo Padre perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi.