· Città del Vaticano ·

Hic sunt leones
Il ruolo delle società segrete nella storia e nello sviluppo dell’Africa

Urgono e verità
e trasparenza

 Urgono e verità e trasparenza  QUO-155
07 luglio 2023

Il fenomeno delle società segrete è ben radicato e variegato nel tessuto socio-culturale africano. A volte si tratta di organizzazioni che affondano le loro radici in tempi remoti, costituite da gruppi chiusi di persone, divise per genere. Questo in sostanza significa che le possibilità di accedervi sono limitate e fortemente regolate attraverso una vera e propria iniziazione. In molti casi però, per quanto la chiusura sia fortemente selettiva, il resto delle comunità è al corrente dell’affiliazione degli adepti. La segretezza dal punto di vista formale riguarda ciò che avviene all’interno dei luoghi dove avvengono le riunioni nelle quali si condividono pratiche ancestrali o altri segreti interdetti al resto della comunità etnica di appartenenza. Questo primo modello di società segrete ha dunque una connotazione locale ed è ben radicata sul versante occidentale del continente. Lo scopo principale di queste confraternite è quella di regolamentare i rapporti sociali e provvedere alla risoluzione delle crisi in atto all’interno delle società etniche di appartenenza. Chi scrive venne a conoscenza di questo fenomeno socio-religioso alla fine degli anni ‘90 in Sierra Leone, durante la guerra civile che in quegli anni imperversava nell’ex Protettorato britannico.

Alcuni dei leader politici e militari del tempo confessarono apertamente la loro appartenenza a questi circoli, sottolineando che il fine delle loro rispettive società segrete era generalmente positivo e finalizzato al bene comune. Le pratiche che questi personaggi promuovevano, solitamente controverse, in alcuni casi venivano rese pubbliche, ma solitamente rimanevano segrete e riguardavano il contenimento delle turbolenze che potevano minacciare la stabilità delle comunità e la gestione della crisi socio-politico-economica che allora affliggeva il loro Paese in preda ai ribelli del Fronte unito rivoluzionario (Ruf). Tutto questo, naturalmente, non poteva prescindere dagli interessi di parte (solitamente economici e dipendenti dalla gestione del potere) e da una componente anche religiosa legata a culti finalizzati alla guarigione di malattie, fisiche e mentali, e al mantenimento degli equilibri interni. Tra le confraternite autoctone più conosciute nell’Africa occidentale figura la società maschile Poro e l’equivalente femminile Sande, diffusa tra la Liberia e la Costa d’Avorio e la Ogboni fraternity del gruppo etnico yoruba, nata intorno al xix secolo che originariamente affermava un forte potere religioso e politico sui regni situati in alcune zone tra Togo, Benin e Nigeria. Basti pensare che anche i re locali dovevano sottostare al giudizio di questa società segreta considerata unico organo direttamente sotto il controllo del potere degli antenati, che si esprimevano attraverso la consultazione di un oracolo. Dopo un periodo di decadenza, negli anni ‘50 del secolo scorso, si è assistito alla rifondazione della confraternita le cui caratteristiche sembrano essere diventate quelle di una società per affari. In particolare, si sono creati legami con la criminalità organizzata. Sostenuta spesso da connivenze politiche, che intimidiscono la popolazione, non è l’unica ad aver assunto questa matrice di tipo mafioso. A questo primo modello se ne associa uno d’importazione, la massoneria, il cui ruolo in Africa ha suscitato in questi anni un acceso dibattito. In particolare si è evidenziata da parte di alcune componenti della società civile a livello continentale la preoccupazione che suscita la segretezza delle logge (il cui carattere oscuro alimenta sospetti su possibili trame segrete contro chiunque osteggi il loro indirizzo) e il fatto che la massoneria tenda comunque a inserire i propri adepti all’interno di governi e in ruoli di potere.

Siamo di fronte a una delle realtà più difficili e complesse per chiunque si avventuri nell’interpretazione di quei fatti e accadimenti occorsi negli ultimi tre secoli di storia continentale. A detta dei migliori africanisti del calibro di François Misser, in questi anni «la massoneria ha avuto un ruolo non trascurabile nell’evoluzione del continente». Dal Sud Africa alla Liberia, dal Gabon al Madagascar sono oltre centomila gli affiliati. Stiamo parlando di personaggi, sempre secondo Misser, «spesso influenti, non di rado ai vertici del potere». Ecco perché lo studio attento della geopolitica e dell’economia africana non può prescindere da questo fenomeno, che rappresenta il trait d’union tra l’epopea coloniale e quella successiva, non solo in termini di riconoscimento dell’autodeterminazione degli Stati sovrani, ma anche dell’avvento graduale del cosiddetto neocolonialismo. Storicamente, la prima loggia insediata nel continente africano risale al 1772, quando venne fondata la città di Cape Town. Essa fu eretta nel luogo dove sarebbe stato edificato, successivamente, il parlamento della Rainbow Nation. Ancora oggi, all’interno di quel complesso edilizio, cuore pulsante della politica sudafricana, è situato il tempio originario, il Goedehoop Tempel. La massoneria sbarcò nell’estrema appendice dell’Africa australe ai tempi del fiorente commercio con le Indie attraverso la Vereenigde Oostindische Compagnie, meglio nota nel mondo anglosassone come Dutch East India Company. Fu un capitano di lungo corso, un certo Abraham van der Weijde, al comando di un bastimento a vela sulla rotta tra l’Olanda e le Indie Orientali, ad essere nominato Vice Gran Maestro all’estero del Grande Oriente dei Paesi Bassi, con l’autorità necessaria per fondare nuove logge, fatta salva la successiva ratifica da parte della Grande Loggia.

L’avvento della massoneria nel corso degli anni ha decisamente plasmato la nazione coloniale sudafricana, annoverando nelle sue file personaggi del calibro di Cecil John Rhodes, considerato unanimemente uno dei padri della dottrina segregazionista; come anche di Ernest e Harry Oppenheimer, fondatori della potentissima società diamantifera De Beers. Ed è un fatto che proprio la massoneria sudafricana ha contribuito, dietro le quinte, al passaggio indolore dal regime dell’apartheid a quello di stampo liberale e democratico. La lealtà nel sostenere il nuovo corso avviato da Nelson Mandela ha consentito alla massoneria sudafricana di proseguire le proprie attività anche sotto la leadership dell’African National Congress (Anc), annoverando nei propri ranghi decine di migliaia di adepti, molti dei quali esponenti di rilievo dell’industria estrattiva mineraria nazionale. Stiamo parlando, è bene precisarlo, di una realtà con una valenza fortemente lobbistica che ha avuto un forte impatto su tutto il continente.

Ad esempio, sul versante francofono, la prima loggia africana venne fondata a Saint-Louis, in Senegal, da Le Grand Orient de France (Godf), nel 1781, senza includere alcun affiliato autoctono. Solo dopo molti anni venne consentito agli africani delle colonie di entrare nella massoneria, con l’intento di salvaguardare la cooperazione commerciale, soprattutto per lo sfruttamento delle immense risorse minerarie del sottosuolo africano, come i ricchi giacimenti di uranio del Niger. Un esempio emblematico è rappresentato dall’ex presidente burkinabé Blaise Compaoré, iniziato al Godf, e poi deposto a furor di popolo. Lo scenario massonico africano, comunque, è ancora oggi influenzato dalle ex potenze coloniali. La Grande Loge Nationale du Gabon e La Grande Loge Nationale Malgache sono collegate alla Grande Loge Nationale Française (Glnf), mentre Le Grand Rite Equatorial du Gabon (Gre), Les Grands Orients et Loges Unies du Cameroun (Goluc), Les Grands Orients et Loges Associées du Congo (Golac) e Le Grand Rite Malgache (Grm) sono affiliati al Godf.

A parte le logge di obbedienza straniera, in Africa sono presenti anche logge che, sebbene mantengano buoni rapporti con quelle europee o nordamericane, hanno alla prova dei fatti raggiunto una loro autonomia. Emblematica a questo riguardo è la United Grand Lodge of East Africa che include logge del Kenya, Uganda, Tanzania, Etiopia, Rwanda, Sud Sudan e Somalia. Vi sono inoltre quelle fondate alla fine del xviii secolo dagli ex schiavi delle Americhe (krio) che erano tornati liberi in Liberia e Sierra Leone. Sia a Monrovia come a Freetown, rispettivamente capitali dei due Paesi africani, alcuni edifici pubblici mostrano ancora oggi simboli massonici. Inoltre, vi sono numerose prove documentali del coinvolgimento delle logge presenti in questi Paesi del Golfo di Guinea nelle tormentate vicende che hanno segnato le rispettive nazioni.

Com’è noto il magistero della Chiesa, da quando ha iniziato a pronunciarsi nei riguardi della massoneria, ha sempre espresso un giudizio negativo, ispirato da molteplici ragioni, pratiche e dottrinali. Oggi l’Africa nel suo complesso ha estremo bisogno di verità e trasparenza nella lotta contro le diseguaglianze, le ingiustizie e sopraffazioni d’ogni genere. Se ne deduce che tutto ciò che viene deciso in modo occulto risponde inevitabilmente a logiche clientelari contro Dio e contro l’uomo.

di Giulio Albanese