· Città del Vaticano ·

Intervista televisiva del cardinale Parolin

Gesti umanitari come aiuto per porre fine alle guerre

 Gesti umanitari  come aiuto  per porre  fine alle guerre  QUO-155
07 luglio 2023

Tra i temi: la missione di Zuppi, inviato del Papa  a Kyiv e  a Mosca  migranti e rifugiati, Medio oriente, riforma dell’Onu e libertà religiosa


La missione del cardinale Zuppi a Kyiv e a Mosca, «parte dell’iniziativa globale proposta da Papa Francesco», è stata «molto importante» focalizzandosi «soprattutto sul versante umanitario: lo scambio dei prigionieri e il rimpatrio dei bambini» ucraini deportati in Russia. Lo ha ribadito il cardinale Pietro Parolin, nel corso di un’intervista trasmessa sul primo canale della tv pubblica italiana durante il telegiornale di ieri sera, giovedì 6 luglio, in cui il segretario di Stato ha affrontato anche il tema dei migranti e dei rifugiati, e quello della libertà religiosa, evidenziando il perdurare di fenomeni di persecuzione a 75 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Rispondendo alle domande di Ignazio Ingrao, vaticanista della Rai, per quanto riguarda il rimpatrio dei bambini, il porporato ha sottolineato come da parte russa «sia stata recepita questa attenzione, questa volontà e questo interesse della Santa Sede», con la necessità di trovare dei meccanismi che «permettano di implementare, di applicare queste conclusioni a cui si è arrivati», avvalendosi magari anche dell’aiuto di organizzazioni internazionali in grado di rendere concreti i risultati raggiunti e dare un significativo contributo al cammino per la pace. Si insiste molto su questa dimensione umanitaria — ha detto Parolin — anche come aiuto alla fine della guerra. Purtroppo, ha rimarcato, «siamo passati dalla guerra fredda alla terza guerra mondiale a pezzi, come ama ripetere Papa Francesco, ma la guerra sia in una forma che nell’altra è sempre contrapposizione tra persone, tra gruppi, tra Stati, tra continenti e quindi si assiste oggi a una ripresa dei gruppi contrapposti».

Del resto, ha osservato il porporato, all’interno della comunità internazionale si avvertivano da tempo tali tensioni, alle quali bisogna sempre reagire. «Non possiamo rassegnarci assolutamente a questa deriva», ha esortato; occorre «recuperare lo spirito che ha animato la comunità internazionale subito dopo la seconda guerra mondiale, che ha portato poi alle dichiarazioni di Helsinki», ritrovando quelle speranze e quelle idealità lì fortemente presenti e che hanno permesso di ricostruire il tessuto dei rapporti tra Nazioni. Per questo, ha rilanciato, la pace in Ucraina dovrà essere una «pace giusta», fondata sui pilastri di verità, giustizia, libertà e carità di cui parla l’enciclica Pacem in Terris; «verità — ha precisato il segretario di Stato — vuol dire riconoscere i reciproci diritti e anche i vicendevoli doveri. Soprattutto tenere conto della dignità delle persone. E poi salvaguardare il diritto internazionale che è fondamentale», in quanto «via per preservare la pace e risolvere i conflitti».

Il cardinale ha poi parlato del rischio di escalation atomica, indicando come tutt’oggi la tendenza non sia quella di ridurre gli arsenali ma di aumentarli, facendo sì che Stati non in possesso di ordigni atomici possano ottenerli a scopo di difesa, la cosiddetta “deterrenza nucleare”. Tutto ciò, ha ammonito Parolin, «è immorale perché significa la distruzione dell’uomo e la distruzione del mondo». È allora urgente, per evitare la catastrofe, «avviare un serio programma di smantellamento di questi arsenali» affinché non costituiscano più un pericolo per l’umanità. Sarebbe importante, ha aggiunto, un rafforzamento delle organizzazioni internazionali e dell’Onu, «nel senso che tutti i Paesi membri sappiano agire con uno spirito rivolto al bene comune dell’umanità», dove non prevalgano gli interessi particolari e le ideologie. Non dimenticando che «noi come Santa Sede abbiamo sempre appoggiato l’Onu, i Papi hanno sempre manifestato il loro appoggio» visitando concretamente la sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York. Il suo rafforzamento, ha proseguito, è «quello che possiamo immaginare, quello che possiamo sognare, quello che possiamo desiderare».

Nel corso dell’intervista è stata esaminata anche la questione dei migranti, definita dal segretario di Stato «una realtà molto triste». «Sappiamo che il problema dei migranti oggi è uno dei grandi problemi globali e non sarà di facile e di immediata soluzione», ha fatto notare. «A noi sembra che la via della soluzione sia proprio quella solidarietà e dell’assunzione comune di questa problematica e anche delle strade per arrivare a darvi una risposta. Credo che le divisioni non servano e aumentino le difficoltà di gestire in modo umano e ordinato questo fenomeno».

Un altro dei punti toccati nel dialogo è stato quello riguardante la situazione del Medio Oriente, alla luce delle nuove tensioni sorte in seguito all’attacco armato a Jenin. Il cardinale ha invocato dialogo diretto e fiducia reciproca: «Anche perché un dialogo si può portare avanti soltanto se c’è un minimo di fiducia reciproca. Ora la fiducia è distrutta. Ma è un po’ un gatto che si morde la coda perché se non si pongono dei piccoli gesti, dei gesti reciproci la fiducia non si recupera ma se non si recupera la fiducia non si riesce a porre qualche gesto». L’appello prima di tutto è quindi «quello di evitare l’uso della violenza. Non utilizzare mai la violenza per risolvere i problemi» perché ciò «aumenta i problemi oggi e domani» ha puntualizzato Parolin. Solamente «riprendere a parlarsi con un minimo di fiducia e cercare insieme una soluzione condivisa» porterà certamente «la pace e la prosperità in tutta la regione in base anche alle risoluzioni delle Nazioni Unite».

Il cardinale si è infine soffermato sul tema della libertà religiosa, che, ha evidenziato, ancora oggi, a 75 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, sta subendo tentativi sempre più forti per ridurne gli spazi: «Vediamo da una parte i continui attacchi ai luoghi di culto, le persecuzioni che ci sono nel mondo. E dall’altra parte il tentativo di impedire alla fede e alla morale di avere una voce pubblica. Credo che in questo anniversario vadano recuperati tutti i diritti fondamentali dell’uomo come sono presenti nella Carta che è stata approvata 75 anni fa e si debba porre una particolare attenzione anche al tema della libertà religiosa che, come diceva san Giovanni Paolo ii , è la cartina di tornasole per il rispetto di tutti gli altri diritti». E ciò nel rispetto della visione evangelica dell’uomo e della donna, ha aggiunto il porporato, radicata nella tradizione della Chiesa e «che può salvaguardare, difendere e promuovere ogni uomo e ogni singola donna in particolare». Anche intesi come famiglia, un altro dei punti oggi «particolarmente in crisi» che meriterebbe una maggiore attenzione «perché se ci sono buone famiglie ci sono anche buone società».