· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

Testimonianze
Una missionaria e l’incontro con la tradizione etiopica

In Etiopia la mia fede trasformata

 In Etiopia la mia fede trasformata  DCM-007
01 luglio 2023

Come missionaria sono abituata a pensare che muoversi verso un altro paese, un’altra cultura, un’altra realtà è un’esperienza che consiste nel dare e ricevere, un arricchimento di sé oltre che un dono di sé. Eppure, non avrei mai pensato che l’esperienza in Etiopia avrebbe toccato così profondamente la mia fede e la mia visione del mondo.

Il mio incontro con il mondo religioso dell’Etiopia, con la sua tradizione cristiana è nato quasi spontaneamente, per il bisogno di comprendere le persone e la realtà che mi circondava. Infatti, l’esperienza di fede è profondamente radicata nella vita quotidiana degli etiopici. Così ho cominciato a frequentare le chiese ortodosse e a scoprire un modo diverso di credere, celebrare e vivere la fede in Gesù Cristo. L’Etiopia è un paese a maggioranza cristiana, con circa il 45% degli abitanti appartenenti alla Chiesa Orientale Ortodossa Tewahedo, che significa unitaria. È una chiesa antica che fa risalire le sue origini alla predicazione di Frumenzio, un giovane arrivato sulle coste del regno di Axum a causa di un naufragio. È stata legata per secoli alla chiesa copta egiziana da cui ne ha attinto le fonti anche liturgiche che si sono evolute nella prima liturgia veramente e puramente africana.

Una liturgia non è semplicemente un modo di celebrare ma è l’espressione di una fede, di un rapporto con il mistero di Dio; è legato al senso del sacro che permea tutto, persino il giardino intorno alle chiese, i cui alberi non possono essere tagliati, rendendolo suggestivamente un luogo di riposo, di accoglienza, di speranza.

Così il mio incontro con la liturgia etiopica è stato caratterizzato da un profondo rispetto, da un aprire gli occhi sulla dimensione del sacro, del mistero, vissuto e celebrato. Le liturgie sono cantate in Ge’ez, la lingua liturgica, formando un dialogo continuo tra i celebranti e l’assemblea, basato su melodie composte lungo i secoli e ricondotte a Yared, figura leggendaria che sviluppò la musica sacra a partire da rivelazioni direttamente ricevute dal cielo, e ogni momento è accompagnato da una gestualità rituale profondamente ricca di simbolismo e di colore.

Ogni persona ha diritto di avvicinarsi a Dio, ma è anche consapevole della propria realtà di peccato che la porta a cercare anche fisicamente una posizione diversa nell’assemblea. Tutti e tutte hanno accesso alla protezione divina, anche coloro che stanno sulla soglia della Chiesa, o addirittura fuori dalla recinzione, coloro che si sentono peccatori e peccatrici di fronte al grande mistero di Dio. Ho riscoperto una vicinanza a Dio, fatta di mistero e non di comprensione, fatta di cuore ed emozioni e non semplicemente di razionalità, che nasce da una celebrazione profondamente comunitaria, non lasciata semplicemente al celebrante ma come un’opera di cui tutti siamo partecipi nei nostri diversi ruoli.

Una liturgia ricca di simboli, come il giovedì santo, quando i sacerdoti lavano i piedi a tutti i partecipanti alla liturgia con foglie di vite, legando simboli eucaristici alla lavanda dei piedi. Ogni momento è legato a preghiere e gesti, sia da parte dell’assemblea che dei sacerdoti.

È vero, le donne non hanno accesso al persbiterio, come tutti coloro che non sono ordinati, eppure la partecipazione non diminuisce, anzi sono proprio le donne che con il loro vestiti bianchi della festa, con i loro scialli bianchi (netala) rappresentano la maggioranza dei partecipanti nella speranza di una vita migliore, di un futuro migliore. Tra di loro ho trovato accoglienza più di una volta, consigli e condivisione ma soprattutto ne ho percepito la fede profonda e semplice, forse un po’ magica, ma sicuramente duratura.

Tutto il mondo etiopico cristiano si muove intorno alla fede: le celebrazioni sono momenti di festa, di famiglia, la chiesa è un luogo comunitario perché la celebrazione è della comunità, perché a Dio ci si rivolge insieme, a Lui, che la liturgia molte volte chiama il Dio amante dell’umanità. E così la liturgia eucaristica viene proclamata come il «potere e la salvezza, un memoriale della tua morte che è con Te. E abbiamo visto il mistero della tua santa resurrezione. Rendici eredi della vita. Attraverso di essa, mantienici in quest’ora in ogni momento» (dal Messale etiopico).

Questa esperienza ha cambiato la mia percezione della liturgia, rendendomi parte di una comunità credente, che celebra un mistero che trasforma e cambia la vita di ciascuno. È un’esperienza che ha trasformato la mia fede, ed è in fondo la gioia profonda di ogni incontro che la missione ci consente, la gioia di una crescita e trasformazione che riguarda tutti e tutte, che riguarda ogni incontro con il Dio amante della vita, e con ogni essere che gli appartiene.

di Mariolina Cattaneo
Missionaria comboniana

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