Aurea e Susana,

La vita di Aurea non è cambiata. Questa ragazza di 32 anni, capelli lunghi d’un nero lucente come quelli delle donne Quechua, continua a visitare i minuscoli villaggi dispersi nell’area di Montalvo, nel cuore dell’Amazzonia ecuadoriana, per portare i sacramenti, celebrare la Parola, insegnare catechismo, guidare i gruppi di preghiera e di formazione. Il 22 giugno 2021, però, ha rappresentato una svolta nella sua vita. «Quando il vescovo mi ha imposto le mani, è stato molto forte – racconta -. Mi sono sentita davvero chiamata a testimoniare il Sumakawsay, la Buona Notizia del vangelo».
Quel giorno, l’indigena Aurea Imerda Santi della comunità di Boveras, a un’ora d’aereo da Puyo, la città più vicina, ha ricevuto il ministero del lettorato e dell’accolitato dal vicario apostolico Rafael Cob insieme alla vicina Susana Martina Santi. Le prime due “ministre” della chiesa cattolica dal motu proprio con cui, nel gennaio precedente, papa Francesco aveva modificato il canone 230 del Codice di diritto canonico e aperto tale possibilità alle donne. Per Aurea e Susana si è avverato un sogno. «Il ministero ha rappresentato uno spartiacque. Mi ha rinnovato e rafforzato nella fede. Avverto, inoltre, il rispetto e la fiducia della comunità. E la responsabilità nei suoi confronti. Voglio essere una cristiana migliore per i miei fratelli e le mie sorelle», afferma Aurea via lettera, un foglio passato di mano in mano fino all’Italia, perché nell’area i cellulari non prendono e la Rete non arriva. «L’impegno è quello di sempre ma lo vivo in modo più profondo», aggiunge Susana, 50 anni, sposata con Franklin e madre di Andrés, anche loro ministri. «Non è facile raggiungere i villaggi. Sono lontani, devo viaggiare per diversi giorni, ma ne vale la pena – sottolinea - la gente attende con ansia i Sacramenti e la liturgia».
In Amazzonia, dove i presbiteri scarseggiano e il territorio è sconfinato, sono da sempre i laici e, soprattutto, le laiche a svolgere gran parte del lavoro pastorale. Tutto ciò che non rientra nell’esclusività del ministero sacerdotale è nelle loro mani.
Per avere un’adeguata formazione, Aurea e Susana hanno studiato per tre anni nel Centro di formazione intervicariale di Runa (Cefir), una scuola indigena regionale di livello avanzato in lingua Quechua. «È stata un’esperienza meravigliosa. Ho seguito i corsi fianco a fianco con persone dei diversi popoli nativi – spiega Aurea -. Mi ha spinto dedicarmi con tutta me stessa alla missione». Fino al motu proprio di Francesco, però, l’impegno femminile non ha potuto essere riconosciuto ufficialmente. «E’ un passo in più nella costruzione di una Chiesa dal volto amazzonico – conclude Susana –. Una Chiesa in cui le donne sono il pilastro. Ora lo sono a titolo pieno». (Lucia Capuzzi)