· Città del Vaticano ·

A Santa Maria di Leuca il cardinale Semeraro ha beatificato madre Elisa Martinez

Nell’umiltà il “cemento”
del suo edificio spirituale

 Nell’umiltà il “cemento” del suo edificio spirituale  QUO-146
26 giugno 2023

L’umiltà è stata la caratteristica di madre Elisa Martinez; anzi questa virtù è stata come il «cemento» con il quale «ha costruito il suo edificio spirituale, di modo che ogni cosa la faceva con gioia senza aspettarsi compensi e apprezzamenti umani», accettando quelle «umiliazioni che lo stesso servizio del prossimo comporta». Lo ha sottolineato il cardinale Marcello Semeraro durante la celebrazione — presieduta in rappresentanza di Papa Francesco — per la beatificazione della religiosa fondatrice della congregazione delle Figlie di Santa Maria di Leuca. Al rito, svoltosi domenica mattina, 25 giugno, sul piazzale antistante il santuario di Santa Maria Finibus Terrae, nella cittadina del Salento, erano presenti il vescovo locale, monsignor Vito Angiuli, alcuni presuli in rappresentanza dell’episcopato pugliese, i vescovi nelle cui diocesi operano le suore che si ispirano al carisma della nuova beata, numerosi sacerdoti e centinaia di fedeli.

È stata proprio l’umiltà, ha aggiunto il cardinale Semeraro, a spingere madre Elisa preferenzialmente verso gli umili, i poveri, i malati e i sofferenti. A questo proposito, il porporato ha ricordato le parole della religiosa: «Vorrei dilatare il mio cuore per abbracciare tutte le creature sparse in ogni angolo della terra specialmente le più bisognose ed emarginate». Rimandano a un detto medievale: «Sono tre i gradini per i quali l’uomo sale al cielo: la povertà, l’umiltà e la carità».

Amava i poveri, ha detto il prefetto, perché in essi «scopriva più limpido il volto di Cristo». Poi Semeraro ha citato una frase di san Paolo vi, del quale in questi giorni è stato ricordato il sessantesimo anniversario dell’elezione alla Cattedra di Pietro. Durante l’omelia della messa celebrata il 23 agosto 1968 per i campesinos colombiani, Papa Montini disse: «Voi siete un segno, voi un’immagine, voi un mistero della presenza di Cristo. Il sacramento dell’Eucaristia ci offre la sua nascosta presenza viva e reale; mai voi pure siete un sacramento, cioè un’immagine sacra del Signore fra noi, come un riflesso rappresentativo, ma non nascosto, della sua faccia umana e divina».

Durante la proclamazione del Vangelo è stata manifestata proprio questa promessa: «Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!» ha scandito il porporato riprendendo l’espressione di Gesù. Il quale, ha spiegato il prefetto, non l’ha detto perché il buon Dio «stia lì a contarci i capelli», come commentava san Giovani Crisostomo, ma perché «non crediate che soffrite quello che soffrite perché siete abbandonati». Madre Elisa, ha fatto notare, si è sentita proprio così: «sempre custodita dalle mani di Dio, anche nei momenti dell’incomprensione, del sospetto e del rifiuto». Ella era ben consapevole che «Dio ci accoglie in tutto quello che noi siamo e in tutto quanto ci accade». Di questo, ha sottolineato, tutti «dobbiamo essere ben certi».

Il cardinale ha poi ricordato alcune parole pronunciate da Benedetto xvi, durante l’omelia della messa celebrata nel giorno dell’Assunzione, nella parrocchia di Castel Gandolfo il 15 agosto 2010. Ha raccontato che, come vescovo di Albano, era seduto accanto a lui e aveva la possibilità di osservarlo bene. «Lo guardavo — ha osservato — in quel suo parlare a braccio, assorto e con lo sguardo fisso verso un orizzonte misterioso, quasi leggesse un testo manoscritto».

In quella circostanza Papa Ratzinger disse che «esistiamo perché Dio ci ama e in Lui» esistiamo non solo nella nostra «ombra», ma «in tutta la nostra realtà». «Il cristianesimo — ricordava Benedetto xvi — non annuncia solo una qualche salvezza dell’anima in un impreciso al di là, nel quale tutto ciò che in questo mondo ci è stato prezioso e caro verrebbe cancellato, ma promette la vita eterna, “la vita del mondo che verrà”: niente di ciò che ci è prezioso e caro andrà in rovina, ma troverà pienezza in Dio. Tutti i capelli del nostro capo sono contati, disse un giorno Gesù». È quello, ha aggiunto Semeraro, che la Chiesa «vuole dirci quando ci presenta la figura di un santo, di una beata».

Per questo, «ci rallegriamo come figli e figlie della santa madre Chiesa, ma pure come uomini e donne di questa nostra bella terra del Salento», in quanto madre Martinez è la prima originaria di questa terra a venir dichiarata beata. Il cardinale ha ricordato un recente discorso nel quale Papa Francesco ha avuto modo di ricordare che Dio non fa i santi in laboratorio, ma «li costruisce in grandi cantieri, in cui il lavoro di tutti, sotto la guida dello Spirito Santo, contribuisce a scavare profondo, a porre solide fondamenta e a realizzare la costruzione, ponendo ogni cura perché cresca ordinata e perfetta, con Cristo come pietra angolare».

Con queste parole il Pontefice intendeva mettere in evidenza che la santità, «se pure ha dall’Alto la sua chiamata, tuttavia ha normalmente le sue radici in habitat umani»; in storie «di terra e di Chiesa». Rivolgendosi poi ai pellegrini giunti da Concesio e da Sotto il Monte, in occasione del 60° della morte di Giovanni xxiii e dell’elezione di Paolo vi, Papa Bergoglio esortava: «Amare le vostre radici sia per voi amare il Vangelo di Gesù e amare come Gesù ha amato nel Vangelo». Lo stesso invito, il cardinale ha fatto ai fedeli riuniti a Santa Maria di Leuca per «adempiere al mandato del Papa di proclamare, in suo nome, la beatificazione di madre Elisa Martinez». È la prima volta, ha sottolineato, che una «simile liturgia è celebrata nella nostra terra e questo può diventare per tutti noi un segnale, un richiamo, un invito pressante a essere santi».