· Città del Vaticano ·

Il discorso di Paolo VI per l’inaugurazione della collezione di arte moderna ai Musei Vaticani

Il significato dell’arte moderna nella storia
della Chiesa

 Il significato dell’arte moderna  nella storia della Chiesa  QUO-146
26 giugno 2023

Pubblichiamo uno stralcio dal discorso tenuto da Papa Paolo vi il 23 giugno 1973 in occasione dell’inaugurazione della collezione di arte religiosa moderna dei Musei Vaticani.

Voi vedete, questa apertura d’una nuova Collezione d’Arte religiosa moderna in Vaticano assume subito l’aspetto d’una cerimonia sacra: pregando, cantando, noi varchiamo le soglie di questo ultimo reparto dei Musei Vaticani, or ora allestito per raccogliere opere d’arte, che il genio espressivo del nostro tempo ha prodotto non certo pensando alla loro presente collocazione, e nemmeno intendendo, per la maggior parte almeno di esse, di destinarle precisamente al culto religioso ufficiale.

Pensate intanto: i nostri passi muovono da questa Cappella Sistina, luogo, se altro mai fu, dove l’Arte religiosa diede saggio della sua potenza, dispiegando nelle sue immagini quel concerto di grandezza ideale e di bellezza estetica, che ancora forma e formerà, finché i secoli ne rispetteranno la pur caduca materia, uno degli incantesimi più suggestivi e stimolanti dell’umana civiltà. Muovono dalla Cappella Sistina, non solo per l’ubicazione della nuova Galleria, localmente contigua alla Cappella Sistina medesima, ma perché l’idea d’onorare arte ed artisti di questa nostra età, che al soggetto religioso hanno rivolto opera libera e degna, sorse appunto, come ognuno sa, proprio in questo esaltante cenacolo, durante una memorabile cerimonia, sotto la martellante interrogativa questione: l’Arte religiosa è frutto d’altra e ormai sorpassata stagione dello spirito umano, ovvero è e può esserlo anche di questa nostra moderna stagione, ove la radice religiosa sembra aver perduto tanto della sua magica virtù ispiratrice? Formulando questa domanda noi sceglievamo, fino da quel primo momento generatore, il criterio direttivo, che poi ha presieduto alla composizione della collezione, che ora stiamo per inaugurare; e cioè noi ora intendiamo occuparci delle espressioni artistiche, dalle quali tacitamente traspare, o palesemente si afferma un riferimento, un’intenzione, un soggetto religioso, liberamente concepito dall’Artista, e lasciamo da parte di proposito le opere, che pur dall’Arte prendono nome e ispirazione, ma che decisamente sacre si chiamano, perché destinate e qualificate per il culto sacro.

[...] La Chiesa fu maestra di Arte, e cultrice nel passato e conservatrice del passato; la sua grande tradizione s’è poi rallentata e quasi isterilita; dov’è, ad esempio, in questo domicilio delle sue glorie artistiche dei secoli andati un posto per noi moderni? La Chiesa avrebbe solo musei, gelosi custodi dei lavori degli antichi artisti, solo perciò superbi e magnifici cimiteri, da offrire alla nostra ammirazione e alla nostra imitazione? La Chiesa s’è fermata alla storia ormai spenta dei tempi trascorsi? E secondo: se una cittadinanza nei nobili recinti della Chiesa ufficiale anche per i figli dell’Arte del nostro secolo potesse venire in discussione, non sarebbe negativa la risposta? Noi, dicono questi figli, quasi tuttora estranei a queste stanze privilegiate, abbiamo fatto molto cammino, allontanandoci dai sentieri, che soli sembrano condurre a queste porte: i sentieri della perfezione classica, i sentieri dove la bellezza estetica, dove la dignità intuitiva della forma, dove un pensiero chiaro, sia pure drammatico e romantico, si pronuncia; i sentieri rivolti all’altrui immediata comprensione, non sono più, in un certo senso almeno, i nostri sentieri; non entreremo dunque noi mai più in questo regno del Bello, che solo al vederlo conquide, del Vero, che solo dall’occhio esperto della fede ha la sua beata attenzione, del Buono, che solo ragioni trascendenti e universali possono sostenere? La filosofia dell’Arte per noi, si pensava, non ha più a sua guida alcuna lampada valida. E allora?

E allora, ci siamo chiesti noi custodi di questo giardino terrestre dell’Arte religiosa, quali vostri titoli, quali vostri valori potrebbero tuttora giustificare l’ammissione entro queste soglie? Ecco la risposta offerta da questa nuova collezione, la quale, aprendo le porte ad opere moderne di arte religiosa, intende porre in evidenza alcuni canoni della concezione della Chiesa in ordine all’arte religiosa stessa; sarebbe lungo parlarne; vi accenniamo appena, non foss’altro per giustificare noi stessi di fronte a questa novità. Innanzi tutto, non è vero che solo alcuni determinati criteri dell’Arte dei tempi passati abbiano qui libero ed esclusivo ingresso; secondo, non è vero, a noi sembra, che i criteri direttivi dell’arte contemporanea siano segnati soltanto dall’impronta della follia, della passionalità, dell’astrattismo puramente cerebrale e arbitrario; si, l’Artista moderno è soggettivo, cerca più in se stesso, che fuori di sé i motivi dell’opera sua, ma proprio per questo è spesso eminentemente umano, è altamente apprezzabile. Molti Artisti hanno sostituito la psicologia all’estetica; questa è certamente un’evoluzione, spesso pericolosa e sconcertante, ma più spesso si fa idonea a penetrare nel santuario dello spirito e ad essere da noi, alunni e maestri di Spirito, maggiormente apprezzata. In ogni caso, codesta Arte, che nasce più dal di dentro che dal di fuori, è documento che non solo ci interessa, ma ci obbliga a conoscerla; vogliamo dire, a leggervi dentro l’anima dell’Artista, anzi l’anima contemporanea, di cui egli, sciente o no, si fa interprete e specchio sensibile.