· Città del Vaticano ·

Il magistero

 Il magistero  QUO-143
22 giugno 2023

Domenica 18

Sulle
ginocchia
di Dio

Oggi, nel Vangelo, Gesù chiama per nome e invia i dodici Apostoli. Mandandoli, chiede loro di annunciare una cosa sola: «Predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino» (Mt 10,7). È lo stesso annuncio con cui Gesù ha iniziato la sua predicazione: il regno di Dio, cioè la sua signoria d’amore, si è fatto vicino, viene in mezzo a noi.

Questa non è una notizia tra le altre, ma la realtà fondamentale della vita: la vicinanza di Dio.

Se il Dio dei cieli è vicino, noi non siamo soli in terra e anche nelle difficoltà non perdiamo la fiducia.

Ecco la prima cosa da dire alla gente: Dio non è distante, ma è Padre, ti conosce e ti ama; vuole tenerti per mano, anche quando vai per sentieri ripidi e accidentati, anche quando cadi e fai fatica a rialzarti e riprendere il cammino.

Anzi, spesso nei momenti in cui sei più debole puoi sentire più forte la sua presenza. Lui conosce la strada!

Annunciare Dio vicino è invitare a pensarsi come un bambino, che cammina tenuto per mano dal papà: tutto gli appare diverso. Il mondo, grande e misterioso, diventa familiare e sicuro, perché sa di essere protetto.

Non ha paura e impara ad aprirsi: incontra altre persone, nuovi amici, apprende cose che non sapeva e a casa e racconta quello che ha visto, mentre cresce in lui il desiderio di diventare grande e di fare le cose che ha visto fare dal papà.

Ecco perché Gesù parte da qua, ecco perché la vicinanza di Dio è il primo annuncio: stando vicini a Dio vinciamo la paura, ci apriamo all’amore, cresciamo nel bene e sentiamo il bisogno e la gioia di annunciare.

Se vogliamo essere buoni apostoli, dobbiamo essere come i bambini: sederci “sulle ginocchia di Dio” e da lì guardare il mondo con fiducia e amore, per testimoniare che Lui solo trasforma i nostri cuori e ci dà quella gioia e quella pace che noi stessi non possiamo procurarci.

Ma come annunciare? Gesù raccomanda di non dire tante parole, ma di compiere tanti gesti di amore e di speranza: «Guarite gli infermi — dice — risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Ecco il cuore dell’annuncio: la testimonianza gratuita, il servizio.

A me lasciano sempre molto perplesso i “parolai”, con il loro tanto parlare e niente fare.

Noi, che crediamo nel Dio vicino, confidiamo in Lui? Sappiamo guardare avanti con fiducia, come un bambino? Sappiamo sederci sulle ginocchia del Padre con la preghiera, con l’ascolto della Parola, accostandoci ai Sacramenti? Stretti a Lui, sappiamo infondere coraggio agli altri, farci vicini a chi soffre ed è solo, a chi è lontano e a chi ci è ostile? Questa è la concretezza della fede, questo conta.

(Angelus in piazza San Pietro)

Lunedì 19

Riprendere
il senso
di adorare
in silenzio

L’Eucaristia è la risposta di Dio alla fame più profonda del cuore umano, alla fame di vita vera: in essa Cristo stesso è realmente in mezzo a noi per nutrirci, consolarci e sostenerci nel cammino.

Purtroppo, al giorno d’oggi, a volte tra i fedeli qualcuno crede che l’Eucaristia sia più un simbolo che la reale e amorevole presenza del Signore.

Auspico che il Congresso Eucaristico ispiri i cattolici del Paese a recuperare il senso di meraviglia e di stupore per questo grande dono che il Signore ci ha fatto, e a trascorrere del tempo con Lui nella celebrazione della Santa Messa, così come nella preghiera personale e nell’adorazione del Santissimo Sacramento.

Credo che noi in questo tempo moderno abbiamo perso il senso dell’adorazione. Dobbiamo riprendere il senso di adorare in silenzio. È una preghiera che abbiamo perso, poca gente sa cosa sia questo.

Voi Vescovi dovete catechizzare i fedeli sulla preghiera di adorazione; l’Eucaristia ci chiede di farlo.

Non posso non menzionare la necessità di promuovere le vocazioni al sacerdozio, perché, come disse san Giovanni Paolo ii : «Non esiste Eucaristia senza Sacerdozio». Ci vogliono sacerdoti per celebrare la santa Eucaristia.

Confido che il Congresso sia l’occasione per i fedeli di impegnarsi con sempre maggiore zelo a essere discepoli missionari del Signore Gesù nel mondo.

Nell’Eucaristia incontriamo Colui che si è donato interamente a noi, che si è sacrificato per darci la vita, che ci ha amati fino alla fine.

Diventiamo testimoni credibili della gioia e della bellezza trasformatrice del Vangelo solo riconoscendo che l’amore celebrato nel Sacramento non può essere tenuto per noi, ma esige di essere condiviso con tutti.

Questo è il senso di missionarietà: tu vai, celebri la Messa, prendi la Comunione, fai l’adorazione… e dopo esci a evangelizzare.

L’Eucaristia ci spinge a un amore fortemente impegnato per il prossimo, perché non possiamo veramente comprenderne e viverne il significato se teniamo chiusi i cuori ai fratelli e alle sorelle, specialmente a quanti sono poveri, sofferenti, sfiniti o smarriti nella vita.

Due gruppi di persone dobbiamo andare a trovare sempre: gli anziani, che sono la saggezza di un popolo, e gli ammalati, che sono la figura di Gesù sofferente.

Il Congresso Eucaristico nazionale segna un momento significativo nella vita della Chiesa statunitense. Tutto ciò che fate sia occasione di grazia e porti frutto nell’accompagnare gli uomini e le donne del vostro Paese al Signore.

Egli, con la sua presenza in mezzo a noi, riaccende la speranza e rinnova la vita.

(Al Comitato organizzatore del Congresso eucaristico nazionale degli Stati Uniti d’America)

Quattro stelle che non
tramontano mai

Auguri per il secondo centenario di fondazione della Congregazione! Essa è nata dalla fusione di due comunità: quella dei Canonici Regolari del Santissimo Salvatore e quella dei Canonici Regolari Lateranensi. Ma la vostra origine è molto più antica: risale al xv secolo e affonda le radici nei primi tempi della Chiesa quando, ad opera di pastori illuminati, presto si iniziò a promuovere la vita comune dei chierici.

Appartenete a una tradizione secolare, ispirata alla comunità cristiana delle origini e incentrata sulla preghiera, sulla comunione di vita e sull’uso comunitario dei beni, perché, come dice Sant’Agostino, «viviate unanimi nella casa e abbiate una sola anima e un solo cuore protesi verso Dio».

Preghiera, comunità, uso comune dei beni e spirito di servizio alla Chiesa: queste quattro sono le costanti carismatiche della vostra storia, le “quattro stelle” che non tramontano mai e che rendono il vostro apostolato luminoso e attuale.

“Preghiera”, perché è l’ossigeno dell’anima. Se non preghi, sarai il dio di te stesso.

Tutti gli egoismi nascono dalla mancanza di preghiera. Esaminate la coscienza, ognuno dica quante ore al giorno prega.

“Comunità”, essere fratelli; vi do un consiglio: mai sparlare uno dell’altro! Il chiacchiericcio è una peste. Dirò che vi diano uno scritto che ha fatto il segretario della Congregazione di Propaganda Fide, leggetelo.

“Uso comune dei beni”: una cosa saggia, sempre. Il diavolo entra dalle tasche!

E “lo spirito di servizio alla Chiesa”. Non vivere per se stessi ma per servire.

Il vostro carisma vi vuole al contempo contemplativi e attivi, dediti alla preghiera e allo studio come al ministero, pronti a rispondere alle esigenze dei tempi che mutano.

Ora vi state interrogando su come proseguire nel rinnovamento della vostra vita religiosa. Vorrei dirvi: lasciatevi orientare dalle vostre quattro stelle.

Le evoca il nome stesso della vostra Congregazione: Canonici Regolari del Santissimo Salvatore Lateranense. Il fatto di essere dedicati al Salvatore richiama all’importanza di coltivare, attraverso la preghiera, la centralità di Cristo.

Avete poi il titolo di Canonici: sapete bene che non si tratta di una indicazione di rango, ma di un segnale di appartenenza a una comunità.

Vi chiamate canonici regolari, legati cioè a una Regola, il che delinea la fedeltà alla vostra consacrazione secondo i voti, anzitutto la povertà.

Infine, il vostro nome vi lega alla Basilica Lateranense: nemmeno questo costituisce un fregio prestigioso o un ricordo che evoca gloriosi trascorsi, ma l’invito alla fedeltà alla Chiesa, da testimoniare essenzialmente attraverso il servizio.

So che alcuni di voi, giovani preti provenienti da varie parti del mondo, stanno facendo in questi mesi un’esperienza che, attraverso incontri, celebrazioni e visite significative, vuole aiutarli a costruire progetti e legami, oltre che ad ampliare le conoscenze.

Vivete questa occasione come un dono, nell’ascolto reciproco, riconoscendo in ciascuno una ricchezza per gli altri.

Raccontatevi e ascoltatevi, con sincerità e apertura di cuore, non rimanendo fermi ciascuno nelle proprie convinzioni, ma muovendovi col cuore, come suggerisce Sant’Agostino: «Altro è muoversi col corpo, altro è muoversi col cuore: si muove col corpo chi si sposta fisicamente da un luogo ad un altro, si muove col cuore chi orienta in modo diverso i propri affetti».

È con il cuore in cammino, dinamico e dilatato, che si accolgono le strade che lo Spirito Santo indica.

(Ai canonici regolari lateranensi)

Liberare
persone e
popoli da ogni forma
di schiavitù e degrado

Il vostro quotidiano nazionale, che ha attraversato la storia italiana dalla fine dell’Ottocento a oggi, raccontandone la cronaca, raccogliendo i diversi volti del Paese e riflettendo sulle sfide che lo hanno segnato, rappresenta un punto di forza del giornalismo e dell’informazione.

Un compito che vorrei incoraggiare specie per la sua dimensione etica, dal momento che ci troviamo in una stagione sociale e culturale in cui diventa sempre più difficile discernere la verità distinguendola dalle fake news.

Vi state soffermando anche ad approfondire il significato del prossimo Giubileo 2025, che riguarderà da vicino la città di Roma, ma che interessa l’Europa e il mondo.

La Città Eterna ritorna a essere il polo di attrazione per rilanciare il messaggio cristiano e riaccendere la speranza per quanti, nelle fatiche della vita e nelle attese interiori, vi giungeranno come pellegrini.

Dalla ricca tradizione biblica ereditiamo il senso dell’Anno giubilare, anzitutto come un tempo favorevole e propizio, per rimettere al centro della nostra vita la riconciliazione con Dio e tra di noi, spezzando le catene del male, della schiavitù e della violenza, che deturpano la bellezza della dignità umana.

In tali appuntamenti, la Chiesa cattolica desidera richiamare l’importanza di ripensare la propria esistenza e chiedere perdono per le proprie mancanze, nella certezza che il Dio della misericordia e della compassione viene a rinnovarci e riconciliarci.

Non si tratta però di una sola pratica religiosa fine a se stessa, ma di un processo che, pur partendo dai singoli, coinvolge tutti i rapporti interpersonali, con l’intento di promuovere una visione di società più giusta e fraterna, in cui gli errori e le colpe vengono rimessi, chi ha sbagliato è aiutato a recuperare, la giustizia è ristabilita, e, così, si favorisce la riconciliazione e la costruzione di un mondo più solidale e soprattutto più umano.

Il Giubileo ha una valenza non esclusivamente religiosa, ma implica anche una rinascita etica, morale, sociale e culturale, capace di guarire le ferite provocate dall’ingiustizia e dalle varie forme di violenza, di superare le disuguaglianze economiche e le discriminazioni, di rifondare un clima collettivo di fiducia e speranza, e di avviare processi di crescita umana integrale, con speciale attenzione per i più fragili e i più vulnerabili.

Si tratta allora di un Anno in cui dare corpo e forma al tema biblico della “liberazione”, in tutti i suoi risvolti antropologici e comunitari: intraprendere azioni e percorsi capaci di liberare le persone, le città, le nazioni e i popoli da ogni forma di schiavitù e di degrado.

Sarà importante riflettere su quanto abbiamo sofferto durante la pandemia «che, oltre ad aver fatto toccare con mano il dramma della morte in solitudine, l’incertezza e la provvisorietà dell’esistenza, ha modificato il nostro modo di vivere».

Sarà necessario vivere con entusiasmo e partecipazione il prossimo Giubileo, che «potrà favorire molto la ricomposizione di un clima di speranza e di fiducia, come segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza».

(Lettera per il 145° anniversario della Fondazione de «Il Messaggero»)

Martedì 20

Non perdere
lo stupore

Negli ultimi tempi siamo tutti affascinati dalle grandi scoperte sull’universo che gli astronomi ci offrono. Le meravigliose immagini inviate dal nuovo telescopio spaziale James Webb ci lasciano stupefatti; e quando l’Osservatorio Vera Rubin sarà operativo promette di farci vedere come l’universo cresce e cambia di fronte ai nostri occhi.

Colpisce particolarmente la vastità dell’universo che stiamo scoprendo. È sorprendente considerare le sue enormi dimensioni e il numero incredibile di galassie, stelle e pianeti che sono stati individuati.

Circa 2500 anni fa, il salmista scriveva: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, / la luna e le stelle che tu hai fissato, / che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, / il figlio dell’uomo, perché te ne curi?» (Sal 8,4-5).

Da sempre, l’immensità dell’universo è fonte di stupore. Può sembrare travolgente, persino spaventoso. Voi, giovani del xxi secolo, vi proponete in questa Scuola Estiva di abbracciare la vastità dell’universo e sviluppare i metodi con i quali poter trovare semi di comprensione dentro il flusso continuo di nuovi dati.

State acquisendo strumenti che vi aiuteranno a comprendere l’universo. Ma tutti sappiamo che, pur avendo il migliore degli strumenti, la qualità dei risultati dipende dalla perizia dell’artigiano.

Una grande tentazione, sia nella scienza sia nella filosofia, è quella di cercare di ottenere solamente le risposte che ci aspettiamo, mentre noi siamo anche capaci di lasciarci stupire da eventuali novità non pianificate.

Perciò mi preme dirvi di non essere soddisfatti dei risultati dei vostri studi fino a quando non ne sarete anche sorpresi.

E anche se il vostro sguardo passa attraverso la finestra dell’astronomia, non dimenticate le altre finestre che possono mostrarvi realtà importanti, come la compassione e l’amore, realtà che state incontrando anche nell’amicizia tra voi in questi giorni.

La cosa più sorprendente di questo universo è che contenga creature come noi che sono capaci di osservarlo con meraviglia e di “interrogarlo”.

Quando il salmista chiede: «Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, / il figlio dell’uomo, perché te ne curi?», subito aggiunge: «Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, / di gloria e di onore lo hai coronato» (Sal 8,5-6).

Non perdete mai questo senso di stupore, sia nella vostra ricerca sia nella vostra vita; possiate essere sempre spinti dall’amore per la verità e stupiti da tutto quello che ogni frammento dell’universo vi offre.

(Messaggio ai partecipanti alla Scuola estiva
di Astrofisica della Specola vaticana)