Un povero non chiede la luna Si accontenta della cima

La povertà è una questione di dimensioni planetarie. E se ai cinque punti cardinali (ché quattro non bastano a contenerli tutti) masse oceaniche di esseri umani versano nell’indigenza più assoluta, perfino nel “ricco” Vecchio Mondo il benessere non è per tutti: esistono sacche notevoli di diseredati, tutt’altro che in via d’estinzione. Anzi, come sottolinea Papa Francesco nel suo messaggio per la settima Giornata mondiale dei poveri, la Chiesa, con tutte le sue attività di soccorso, è perennemente alla rincorsa. Si tratta però di una rincorsa che spesso raggiunge gli inseguiti.
Mi rendo conto che, per quanto ci si possa dar da fare, queste “opere di carità” possono sembrare poca cosa rispetto al fiume in piena della povertà che attraversa le nostre città, come sottolinea il Papa. Ma anche un fiume, per grande e irruento che sia, è pur sempre fatto di gocce. E se a goccia corrisponde goccia, un orizzonte di speranza si può aprire.
Io stesso sono testimone dell’efficacia che può avere — e spesso ha — l’intervento della Chiesa e delle organizzazioni che ad essa fanno riferimento, nella consapevolezza che in fondo, come ammoniva san Paolo, la preghiera stessa, pur fondamentale, senza le opere è mutilata, rischia di risultare sterile.
Da poco più di un anno, dopo un primo soggiorno presso il centro di accoglienza del Buon Pastore, sono ospite a Palazzo Migliori, la casa fortemente voluta da Papa Francesco in anni recentissimi per chi non ha casa. Una realtà “migliore” di nome e di fatto, un’oasi di serenità per chi come me aveva dimenticato il significato di questa parola. Un dono della Provvidenza che mi ha fatto incontrare donne e uomini di buona volontà — come si diceva una volta, prima che la definizione venisse sostituita dalla locuzione «amati dal Signore» — che mi hanno offerto la possibilità di una “ripartenza”.
Se, forse, tutte le strade portano a Roma, è certo che dalla strada non si va da nessuna parte. La strada non è una base di partenza.
Che cosa chiede un povero? Non chiede la luna. Cerca di ricostruire una vita decorosa, dignitosa, per quanto possibile serena. Un tetto sopra la testa, cibo, cure mediche. Poi, certo, non si vive di solo pane ed ecco che gli operatori delle strutture che ho conosciuto si adoperano per offrire quel soccorso di umanità di cui c’è tanto bisogno e di cui son loro debitore ogni giorno. Se non avessi loro e quei quattro soldi di fede che mi sostiene non so proprio dove sarei ora.
Ma se è vero che nessuno si salva da solo e che, quindi, c’è bisogno di qualcuno che tenda una mano a chi è in difficoltà, c’è altresì bisogno che quella mano tesa venga presa. Personalmente, quando mi rivolsi in cerca di aiuto chiedevo di essere “aiutato a rialzarmi”, non già di essere “rialzato” tout-court. È, quest’ultimo, un atteggiamento micidiale che si deve saper rifuggire. Perché, se distruggere è questione di un attimo, ricostruire è un processo lungo ed impegnativo, anche faticoso, da parte di chi aiuta, ma anche di chi è aiutato e che deve fare la sua parte.
Le vie del Signore sono infinite, ma ce n’è sempre una giusta per ciascuno di noi, povero o ricco. E, dunque, con un pensiero rivolto a sant’Antonio da Padova ed uno a santa Teresa di Lisieux — il messaggio del Papa porta la data del 13 giugno, festa del sacerdote francescano e dottore della Chiesa, e si chiude con una citazione della giovane carmelitana patrona delle Missioni [ndr] — prendiamoci per mano, poveri e benefattori e incamminiamoci. «Cammina, cammina ...» — come si dice nelle fiabe — prima o poi arriviamo in cima al mondo.
di Fabrizio Salvati