· Città del Vaticano ·

Il cardinale segretario di Stato Parolin ricorda il suo predecessore a 25 anni dalla morte

Casaroli, l’uomo del dialogo
con la saggezza del «quasi»

 Casaroli, l’uomo del dialogo  QUO-133
10 giugno 2023

«Uomo del dialogo», «eccezionale negoziatore», «esperto e raffinato diplomatico», ma sempre sacerdote con Gesù al centro della sua vita, tanto da esercitare il suo ministero tra i ragazzi che entravano e uscivano dalle carceri minorili romane. Ecco il profilo del cardinale Agostino Casaroli delineato, a venticinque anni dalla morte, dal cardinale Pietro Parolin, nella messa celebrata venerdì 9 giugno, nella chiesa di San Giovanni Battista a Castel San Giovanni. In questo paese del Piacentino il 24 novembre 1914 nacque il porporato che fu segretario di Stato dalla primavera del 1979 alla fine del 1990.

Tra i concelebranti, monsignor Adriano Cevolotto, vescovo di Piacenza-Bobbio, e il parroco.

Prendendo spunto dalla liturgia del giorno, il porporato ha accostato la figura del cardinale Casaroli a quella di Tobia, «di cui ci racconta la prima lettura, rammentandoci le alterne e non sempre facili vicende della sua esistenza. Come Tobia, pur davanti a situazioni di pericolo e di grave rischio, non perde mai la sua fiducia in Dio, nelle cui mani non cessa di abbandonarsi costantemente». E così «possiamo dire che una tale fede forte e serena ha sempre caratterizzato la vita del cardinale Casaroli, nei suoi risvolti umani e spirituali» ha affermato il segretario di Stato. E «quando egli ricordava i difficili anni dell’adolescenza e della prima giovinezza, segnati pure da povertà materiale, diceva che mai era venuta meno in lui la speranza nell’aiuto della Provvidenza».

«La costante fiducia in Dio, l’abbandono quasi infantile alla sua volontà — raccontava Casaroli — non l’avevano mai fatto indietreggiare davanti alle difficoltà e ai problemi apparentemente impossibili» è il ricordo del cardinale Parolin. Così davanti ai grandi problemi «aggiungeva sempre “quasi”, con quella saggezza, quella moderazione, quell’equilibrio che non lo portava mai ad estremizzare le situazioni e che era un altro tratto distintivo della sua personalità». E «di difficoltà ne ha incontrate molte nell’esercizio del suo ministero di segretario della Congregazione per gli Affari straordinari prima e poi di segretario di Stato, soprattutto nella sua paziente e preziosa attività diplomatica intesa, soprattutto negli anni della contrapposizione tra Est ed Ovest, a ridare qualche pur minima speranza di sopravvivenza e di futuro alle Chiese oppresse dai regimi comunisti».

«Si trattava della famosa Ostpolitik vaticana, voluta da Papa san Paolo vi e della quale Casaroli fu intelligente interprete e fedele esecutore». Un «dialogo lungo e faticoso», «apprezzato e facilitato da tante figure anche importanti nella Curia, ma pure avversato e criticato da altre personalità perché ritenuto, a torto, troppo remissivo e rinunciatario davanti al blocco guidato dall’Unione Sovietica».

Il segretario di Stato ha dato voce a un ricordo del cardinale Achille Silvestrini (1923-2019), che fu «stretto collaboratore» del porporato piacentino: «Da che cosa era stato animato monsignor Casaroli, questo sacerdote discreto, garbato nei gesti e rispettoso nel linguaggio, quando armato della piccola fionda della sua tenacia prese a misurarsi col Golia comunista? Certamente da una grande fede nella missione della Chiesa, chiamata ad annunciare la speranza del regno di Dio a poveri e a ricchi, a dotti e a indotti, a credenti e ad agnostici. E perché no anche ad atei?» E questo, ha rilanciato il cardinale Parolin, perché Casaroli, «esperto e raffinato diplomatico, è sempre rimasto profondamente sacerdote, innamorato del suo ministero apostolico che per molti anni, fino alla morte, esercitò con varie generazioni di giovani detenuti nelle carceri minorili di Roma».

«Per questi giovani “di vita” — ha fatto notare il segretario di Stato ricordando anche le parole di Francesco al Concistoro del 27 agosto 2022 — Casaroli spendeva quasi tutti i denari che possedeva; e non soltanto per rifornirli di sigarette settimanalmente, ma per assicurare loro vestiario ed altri beni indispensabili. A chi gli era vicino, il prelato diceva, come fosse una cosa normale, di andare in giro “senza un soldo”. E non era imbarazzato nel prendere e ricevere qualsiasi offerta per “i suoi ragazzi”». Il “segreto” di Casaroli, «anche nella sua attività diplomatica», è che ha sempre avuto il «riferimento diretto e continuo a Gesù Cristo». E «la parola della Scrittura che meglio può descriverlo è il passo della seconda Lettera di San Paolo ai Corinzi: “Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro” (5,20). Una missione che il grande ed umile porporato ha portato avanti fino agli ultimi giorni della sua esistenza».

Inoltre, parlare di Casaroli «significa anche richiamare Giovanni xxiii , Paolo vi , Giovanni Paolo ii , che servì nella politica internazionale lealmente ma anche liberamente, da uomo sicuro delle sue competenze e della tradizione diplomatica che rappresentava, ma sempre con la consapevolezza interiore ed esteriore dell’umile abnegazione del servitore».

«Mai rassegnato, mai nostalgico, mai scontroso o arroccato in difesa, il cardinale Casaroli, lo si può dire, incassava qualsiasi offesa e non si attardava coi nemici» ha concluso il cardinale Parolin. E «guardava sempre agli sconfinati e non ancora svelati orizzonti della storia, sperando nel suo futuro largamente tratteggiato dalla Provvidenza. Chiunque abbia avuto una certa familiarità con lui potrebbe dire che egli è passato nella vita senza fretta, senza angustia, senza prepotenza, senza stanchezza, intento ad assolvere la sua missione nel mondo sentendola sempre grande e creatrice di storia».