L’urgenza della pace

La foto ha fatto il giro del mondo. Ma siamo sicuri che non voleva certo diventare un simbolo, il nonno di Vika. Il cinismo della guerra — e il tam-tam dei social — producono anche questo. Lei, nove anni, è la sua nipotina, uccisa assieme alla madre da un missile russo caduto su un quartiere di Kyiv mentre cercava di entrare in un rifugio antiaereo. Che, però, non si è mai aperto. Lui, su quel corpo martoriato, è rimasto piegato senza riuscire a muoversi, fino a quando i vicini non gli hanno portato una sedia. Ad oggi, come spieghiamo in cronaca, sono diverse centinaia i bambini morti nel conflitto ucraino. Fosse anche uno solo, il numero sarebbe comunque inaccettabile. Come le vite, anche i legami vengono disintegrati dal fuoco delle armi. Rimane solo l’amore di chi si salva e si fa prossimo all’altro, in questa realtà disperata. Una realtà che grida l’urgenza della pace, anche quando non ci sono più parole. Solo lacrime, per piangere e per sperare.
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