
Domenica 28
Lo Spirito |
La Parola di Dio oggi ci mostra lo Spirito Santo in azione. Lo vediamo agire in tre momenti: nel mondo che ha creato, nella Chiesa e nei nostri cuori. |
Nel creato |
Fin dall’inizio è all’opera. Egli, infatti, è Spirito creatore: così la Chiesa lo invoca da secoli. Ma, cosa fa lo Spirito nella creazione? Se tutto ha origine dal Padre, se tutto è creato per mezzo del Figlio, qual è il ruolo dello Spirito? |
San Basilio ha scritto: «Se provi a sottrarre lo Spirito alla creazione, tutte le cose si mescolano e la loro vita appare senza legge, senza ordine».
Lo Spirito è Colui che fa passare le realtà create dal disordine all’ordine, dalla dispersione alla coesione, dalla confusione all’armonia. Questo modo di agire lo vedremo sempre nella Chiesa.
Egli rinnova la terra, ma attenzione: non cambiando la realtà, bensì armonizzandola; questo è il suo stile perché Egli è armonia: Ipse harmonia est (s. Basilio).
Oggi nel mondo c’è tanta discordia, divisione. Siamo tutti collegati eppure ci troviamo scollegati tra noi, anestetizzati dall’indifferenza e oppressi dalla solitudine.
Tante guerre, tanti conflitti: sembra incredibile il male che l’uomo può compiere! Ma, in realtà, ad alimentare le nostre ostilità c’è lo spirito della divisione, il diavolo, il cui nome significa “divisore”, che... gode di antagonismi, ingiustizie, calunnie.
Di fronte alla discordia, i nostri sforzi per costruire l’armonia non bastano. Allora il Signore al culmine della sua Pasqua riversa sul creato il suo Spirito buono, Spirito di unità che porta la pace.
Invochiamolo sul nostro mondo, sulla nostra vita e davanti a ogni divisione!
Nella Chiesa |
Lo Spirito non dà inizio alla Chiesa impartendo istruzioni e norme, ma scendendo su ciascun Apostolo: ognuno riceve carismi differenti. Questa pluralità di doni potrebbe ingenerare confusione, ma lo Spirito, come nella creazione, a partire dalla pluralità ama creare armonia. |
Non è un ordine imposto e omologato; nella Chiesa c’è un ordine «organizzato secondo la diversità dei doni dello Spirito». A Pentecoste dà a ciascuno la capacità di parlare altre lingue e di sentire la propria lingua parlata dagli altri.
Non crea una lingua uguale per tutti, non cancella differenze e culture, ma armonizza senza omologare, senza uniformare. Vedere ogni fratello nella fede come parte dello stesso corpo a cui appartengo: questo è lo sguardo armonioso dello Spirito!
Il Sinodo in corso è un cammino secondo lo Spirito: non un parlamento per reclamare diritti, non occasione per andare dove porta il vento, ma opportunità per essere docili al soffio dello Spirito.
Perché, nel mare della storia, la Chiesa naviga solo con Lui, che è il cuore della sinodalità, il motore dell’evangelizzazione.
Senza di Lui la Chiesa è inerte, la fede è solo una dottrina, la morale solo un dovere, la pastorale solo un lavoro.
A volte sentiamo pensatori, teologi, che ci danno dottrine fredde, sembrano matematiche, perché manca lo Spirito. Con Lui, invece, la fede è vita, l’amore del Signore ci conquista e la speranza rinasce.
Rimettiamo lo Spirito al centro della Chiesa altrimenti il nostro cuore non sarà bruciato dall’amore per Gesù, ma per noi stessi. Mettiamolo al principio e al cuore dei lavori sinodali. E camminiamo insieme, perché lo Spirito ama discendere mentre “tutti si trovano insieme”.
Nei cuori |
Gesù, la sera di Pasqua, soffia sui discepoli e dice: «Ricevete lo Spirito Santo». |
Lo dona per perdonare i peccati, riconciliare gli animi, armonizzare i cuori lacerati dal male, frantumati dalle ferite, disgregati dai sensi di colpa.
Se vogliamo armonia cerchiamo Lui, non dei riempitivi mondani. Invochiamolo ogni giorno, iniziamo ogni giornata pregandolo, diventiamo docili a Lui!
Chiediamoci: sono docile all’armonia dello Spirito? O perseguo i miei progetti, le mie idee senza lasciarmi plasmare, cambiare? Il mio modo di vivere la fede è attaccato in modo testardo alle lettere, alle cosiddette dottrine che sono soltanto espressioni fredde della vita? Sono frettoloso nel giudicare, punto il dito e sbatto porte in faccia agli altri, ritenendomi vittima?
O accolgo la sua potenza creatrice armoniosa, la “grazia dell’insieme” che Egli ispira, il suo perdono che dà pace? A mia volta perdono? Promuovo riconciliazione e creo comunione, o sempre sto cercando, ficcando il naso dove ci sono difficoltà per sparlare, dividere, distruggere?
Se il mondo è diviso, la Chiesa si polarizza e il cuore si frammenta, non perdiamo tempo a criticare gli altri e ad arrabbiarci con noi stessi, invochiamo lo Spirito: Lui è capace di risolvere queste cose.
(Messa di Pentecoste nella basilica vaticana)
Manzoni |
Lo scorso 22 maggio si è commemorato il 150° anniversario della morte di una delle figure più alte della letteratura, Alessandro Manzoni. |
Egli, attraverso le sue opere, è stato cantore delle vittime e degli ultimi: essi sono sempre sotto la mano protettrice della Provvidenza divina, che «atterra e suscita, affanna e consola»; e sono sostenuti anche dalla vicinanza dei pastori fedeli della Chiesa, presenti nelle pagine del capolavoro manzoniano.
(Regina Caeli in piazza San Pietro)
Lunedì 29
Responsabilità |
Sono lieto di consegnare al Presidente Sergio Mattarella il Premio Internazionale Paolo vi che gli è stato attribuito dall’omonimo Istituto. |
Gli scritti di Papa Montini e i suoi discorsi sono una miniera inesauribile di pensiero e testimoniano l’intensa vita spirituale da cui è sgorgata la sua azione.
Il Concilio Vaticano ii , per il quale dobbiamo essergli tanto grati, ha sottolineato il ruolo dei fedeli laici. Ma come fare dell’agire politico una forma di carità e come vivere la carità, cioè l’amore nel senso più alto, all’interno delle dinamiche politiche?
Sappiamo come la tentazione diffusa anche nei migliori sistemi politici sia di servirsi dell’autorità anziché di servire. Com’è facile salire sul piedistallo e com’è difficile calarsi nel servizio degli altri!
Per il cristiano, grandezza è sinonimo di servizio. “Non serve per vivere chi non vive per servire”. Credo che il Premio Paolo vi al Presidente Mattarella sia una bella occasione per celebrare il valore e la dignità del servizio, lo stile più alto del vivere, che pone gli altri prima delle proprie aspettative.
Che ciò sia vero, lo testimonia il popolo italiano, che non dimentica la sua rinuncia al meritato riposo fatta in nome del servizio richiesto dallo Stato.
Una settimana fa ha voluto omaggiare, a 150 anni dalla morte, Alessandro Manzoni, capace di intessere con le parole la pregiata stoffa di valori sociali, religiosi e solidali del popolo italiano. Paolo vi lo definì «genio universale», «tesoro inesauribile di sapienza morale», «maestro di vita».
Anch’io custodisco nel cuore tanti suoi personaggi. Penso al sarto, che racconta la buona laboriosità di chi concepisce la vita come il tempo dato al singolo per accrescere il bene altrui, per «industriarsi, aiutarsi, e poi esser contenti» (I promessi sposi).
Perché servire crea gioia e fa bene a chi serve. Ma il servizio rischia di restare un ideale astratto senza responsabilità.
Essa è l’abilità di offrire risposte, facendo leva sul proprio impegno, senza aspettare che siano altri a darle. Quante volte, Presidente, Lei lo ha richiamato!
Anche in questo non si può che notare una feconda affinità con Montini, che fin da giovane fu educatore di responsabilità.
Oggi, viene quasi automatico colpevolizzare gli altri, mentre la passione per l’insieme si affievolisce e l’impegno comune rischia d’eclissarsi; in un clima d’incertezza la diffidenza si trasforma in indifferenza.
La responsabilità, invece, come ci mostrano in questi giorni tanti cittadini dell’Emilia Romagna, chiama ad andare contro-corrente rispetto a disfattismo e lamentela, per sentire proprie le necessità altrui e riscoprire sé stessi come parti insostituibili dell’unico tessuto sociale e umano.
L’impegno per la legalità richiede lotta ed esempio, determinazione e memoria di quanti hanno sacrificato la vita per la giustizia; penso a suo fratello Piersanti, Signor Presidente, e alle vittime della strage mafiosa di Capaci, di cui pochi giorni fa si è commemorato il 31° anniversario.
San Paolo vi ci ha lasciato l’impegnativa eredità di edificare comunità solidali. Era il suo sogno, che si scontrò con vari incubi diventati realtà – penso alla terribile vicenda di Aldo Moro. Non sono utopie, ma profezie che esortano a vivere ideali alti. Perché di questo hanno bisogno i giovani.
Sono lieto di farmi strumento di riconoscenza a nome di quanti vedono in Lei un maestro semplice e un testimone coerente e garbato di servizio e di responsabilità.
(Consegna del “Premio Paolo vi ” al presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella )
Coraggio |
Siete padri, suore e laici, radunati in tre “collegi”, come li ha definiti il vostro Fondatore, tutti animati dallo spirito apostolico di San Paolo, a cui sono ispirate le vostre origini e sotto la cui protezione tuttora lavorate. |
Sant’Antonio Maria Zaccaria diceva ai suoi: «Dovete correre come pazzi! Correre verso Dio e verso gli altri!». Di questa esortazione, tipicamente paolina, vorrei sottolineare tre aspetti: rapporto con Cristo, zelo apostolico e coraggio creativo.
Il nostro annuncio non è proselitismo ma condivisione di un incontro personale che ha cambiato la nostra vita!
Ho avuto una brutta esperienza in un incontro giovanile alcuni anni fa. C’era una signora, molto elegante, ricca, con un ragazzo e una ragazza. Parlava lo spagnolo [e] mi dice: “Padre, sono contenta perché ho convertito questi due: questo viene dal tal posto e questa viene dal tal altro”.
Mi sono arrabbiato e ho detto: “Tu non hai convertito nulla, hai mancato di rispetto verso queste persone: non li hai accompagnati, hai fatto proselitismo e questo non è evangelizzare”.
Correre verso gli altri |
«Correre verso gli altri» è la seconda indicazione. Se perdiamo di vista l’orizzonte dell’annuncio, finiamo col chiuderci in noi stessi e coll’inaridirci nei terreni deserti dell’autoreferenzialità. Succede come a un atleta che continua a prepararsi per la grande corsa della vita senza partire mai: finisce col deprimersi e comincia a lasciarsi andare, l’entusiasmo si spegne. Si diventa discepoli tristi. Terzo punto, il coraggio creativo. Non si tratta di elaborare tecniche sofisticate, ma di farsi «tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno»; di non fermarsi di fronte alle difficoltà e guardare oltre gli orizzonti dell’abitudine e del quieto vivere. Sant’Antonio Maria questo coraggio l’ha avuto dando vita a una congregazione di riforma del clero in un tempo in cui tanti ecclesiastici erano abituati a una vita comoda e agiata; una congregazione femminile dedita all’evangelizzazione, in un tempo in cui per le donne la vita consacrata era solo in clausura; una congregazione di laici missionari coinvolti nell’annuncio [quando] dominava un certo clericalismo. (Ai Chierici regolari di San Paolo - Barnabiti) ) |
«Non siete |
Sono in mezzo a voi per incoraggiarvi a essere apostoli dell’amore di Dio. |
Il vostro cammino nella vita è un po’ difficile, perché dovete curarvi, vincere la malattia o convivere con [essa].
Quante volte ci troviamo nella situazione di non avere la forza per andare avanti. Ma non siete mai soli! Gesù è sempre vicino e vi dice: “Vai avanti! Io sono con te”.
“Ti prendo io per mano” dice Gesù, come quando da piccolo imparavi a fare i primi passi. Sempre è accanto a noi per darci speranza.
Dio vi ama, cari bambini. Volete essere apostoli dell’amore di Dio? Gesù ha bisogno anche di voi. Vi affida i suoi progetti. Rispondetegli “sì” con entusiasmo e portate la gioia dell’amore di Dio agli altri.
Se qualcuno si ritrova solo e si sente abbandonato, la Madonna è sempre vicina, soprattutto quando si fa sentire il peso della malattia con tutti i suoi problemi: come era accanto al suo Figlio quando tutti l’avevano abbandonato.
(A bambini malati provenienti dalla Polonia)
Mercoledì 31
Amico |
Continuiamo queste catechesi sullo zelo apostolico, quello che sente il cristiano per portare avanti l’annuncio di Gesù. |
Abbiamo parlato di San Francesco Saverio, di San Paolo; oggi parleremo di un italiano andato in Cina: Matteo Ricci.
Originario di Macerata, nelle Marche, dopo aver studiato nelle scuole dei Gesuiti ed essere entrato egli stesso nella Compagnia di Gesù, entusiasmato dalle relazioni dei missionari che ascoltava, chiese di essere inviato nell’Estremo Oriente.
Dopo il tentativo di Francesco Saverio, altri venticinque Gesuiti avevano provato inutilmente ad entrare in Cina.
Ma Ricci e un suo confratello si prepararono molto bene, studiando accuratamente la lingua e i costumi, e fine riuscirono a stabilirsi nel sud del Paese.
Ci vollero diciotto anni, con quattro tappe attraverso quattro città differenti, prima di arrivare a Pechino.
Con costanza e pazienza, animato da fede incrollabile, Ricci poté superare difficoltà, pericoli, diffidenze e opposizioni.
Lui ha seguito sempre la via del dialogo e dell’amicizia con tutte le persone. La sua prima opera in lingua cinese fu un trattato Sull’amicizia, che ebbe grande risonanza.
Studiò |
Per inserirsi nella cultura cinese si vestiva come i bonzi buddisti, all’usanza de, ma poi capì che la via migliore era quella di assumere lo stile di vita e le vesti dei letterati, come i professori universitari, i letterati vestivano: e lui vestiva così. |
Studiò in modo approfondito i loro testi classici, così da poter presentare il cristianesimo in dialogo positivo con la loro saggezza confuciana e con gli usi e i costumi della società cinese.
E questo si chiama un atteggiamento di inculturazione... ha saputo “inculturare” la fede cristiana in dialogo, come i Padri antichi con la cultura greca.
La sua ottima preparazione scientifica suscitava interesse e ammirazione da parte degli uomini colti, a cominciare dal suo famoso mappamondo, la carta del mondo intero allora conosciuto, con i diversi continenti, che rivela ai cinesi per la prima volta una realtà esterna alla Cina assai più ampia di quanto avessero mai pensato.
Fa vedere loro che il mondo è più grande della Cina, e loro capivano — perché erano intelligenti.
Ma anche le conoscenze matematiche e astronomiche di Ricci e dei missionari suoi seguaci contribuirono a un incontro fecondo fra la cultura e la scienza dell’occidente e dell’oriente, che vivrà allora uno dei suoi tempi più felici, nel segno del dialogo e dell’amicizia.
Infatti, l’opera di Matteo Ricci non sarebbe mai stata possibile senza la collaborazione dei suoi grandi amici cinesi, come i famosi “Dottor Paolo” (Xu Guangqi) e “Dottor Leone” (Li Zhizao).
Tuttavia, la fama di Ricci come uomo di scienza non deve oscurare la motivazione profonda di tutti i suoi sforzi: l’annuncio. Lui, con il dialogo andava avanti ma dava testimonianza della fede, del Vangelo.
Oltre alla dottrina, sono la sua testimonianza di vita religiosa, di virtù e di preghiera: questi missionari pregavano. Andavano a predicare, si muovevano, facevano mosse politiche, tutto: ma pregavano.
La preghiera alimenta |
È la preghiera che alimenta la vita missionaria, una vita di carità, aiutavano gli altri, umili, in totale disinteresse per onori e ricchezze, che inducono molti dei discepoli e amici cinesi ad accogliere la fede cattolica. |
Perché vedevano un uomo così intelligente, saggio, furbo — nel senso buono — per portare avanti le cose, e così credente che dicevano: “Ma, quello che predica è vero perché è detto da una personalità che dà testimonianza: testimonia con la vita quello che annuncia”.
Questa è la coerenza degli evangelizzatori. E questo tocca tutti noi cristiani che siamo evangelizzatori. Io posso dire il “Credo” a memoria ma se la vita non è coerente con quello che professi non serve.
Quello che attira le persone è la testimonianza: noi cristiani siamo chiamati a vivere quello che diciamo.
Guardando questi missionari vedrete che la forza più grande è la coerenza.
Negli ultimi giorni della sua vita, a chi gli stava più vicino e gli domandava come si sentisse, Matteo Ricci «rispose che stava pensando in quel momento se era più grande la gioia e l’allegria che provava interiormente all’idea che stava vicino al suo viaggio per andare a gustare Dio, o la tristezza che gli poteva causare il lasciare i compagni di tutta la missione che amava grandemente, e il servizio che poteva ancora fare a Nostro Signore in questa missione».
È lo stesso atteggiamento dell’apostolo Paolo che voleva andarsene a trovare il Signore ma “rimango per servire voi”.
Matteo Ricci muore a Pechino nel 1610, a 57 anni. [Il suo] spirito missionario costituisce un modello vivo attuale. Il suo amore per il popolo cinese è un modello; ma ciò che rappresenta una strada attuale è la sua coerenza di vita, la testimonianza della sua vita come cristiano.
Ha portato il cristianesimo in Cina; è grande perché è un grande scienziato, è coraggioso, ha scritto tanti libri, ma soprattutto perché è stato coerente con la sua vocazione, con quella voglia di seguire Gesù. Domandiamoci: “Sono coerente, o sono un po’ così così?”.
Mese |
Oggi, ultimo giorno del mese di Maggio, la Chiesa celebra la Visita di Maria alla cugina Elisabetta, dalla quale è proclamata beata perché ha creduto alla parola del Signore. Alla sua materna intercessione affidiamo quanti sono provati dalla guerra, specialmente la cara e martoriata Ucraina che tanto soffre. (Udienza generale in piazza San Pietro) |