
Dalla finestra della mia stanza a Palazzo Migliori, la casa per i senza casa voluta da Papa Francesco, guardo la cupola della basilica vaticana e penso all’ormai vicina festa dei santi Pietro e Paolo, che porterà qui ancor più persone di quelle che già ora vedo in fila per entrare.
Ma, con queste righe, non è qui che voglio portarvi. E non è per sottrarmi alla calca del serpentone dei pellegrini. È per un bisogno del cuore, per il desiderio di condividere un “viaggio” in luoghi e tempi che hanno segnato la mia infanzia.
Siamo a borgo Parasio sul promontorio di Porto Maurizio, uno dei rioni più vecchi della città di Imperia. Anche qui la devozione a San Pietro è forte e si concentra nella chiesa-oratorio che sorge nella parte più alta del borgo vecchio. È il più antico edificio religioso della città. Il campanile, di piccole dimensioni, si erge su un’antica torre di avvistamento, in linea con una torre di guardia, detta Torre Saracena, dove finisce la città. Cito il campanile, perché… un po’ di pazienza e lo capirete.
Il giorno della festa di san Pietro il rione si anima e in tanti accorrono per assistere a una processione che, nella parte finale, si fa particolarmente spettacolare. Infatti, dopo la sosta in duomo, il ritorno della statua avviene con una suggestiva corsa: la “volata della cassa”. Intorno alle 22, arrivati ai piedi della salita che porta alla chiesa-oratorio, avviene il cambio dei portantini. Poi, appena il “capo” dà il via, comincia la corsa lungo una scalinata fatta di sampietrini. Infine, nella piazzetta davanti all’oratorio, la “cassa” del santo viene rivolta verso ponente per l’inchino al mare.
Di questo momento, molto sentito a Porto Maurizio, mi piace ricordare due figure ormai da tempo nel regno dei cieli: Marcello e Mariuccia.
Marcello era un omone grande e grosso, un viso incorniciato da una folta e ispida barba nera e da una chioma di capelli ricci. Sembrava burbero e cattivo, ma non era così. Aveva avuto un’infanzia spaventosa, che l’aveva portato ad una vita di stenti, quasi sempre ubriaco, rifiutato da tutti, ma buono come un pezzo di pane appena sfornato.
Abbandonato dal padre e poi dalla madre, Marcello era cresciuto con una parente che più di tanto non si era mai occupata di lui. La sua semplicità, la sua ingenuità e l’eccessiva bontà lo portavano ad essere deriso e schernito da tutti, ma non era assolutamente lo scemo del villaggio.
Marcello aveva solo bisogno d’amore, come tutti noi d’altronde, ma nessuno glielo dava. Quando s’avvicinava la festa di San Pietro smetteva di bere. Si ripuliva, come se avesse dovuto sposarsi, e, al momento della processione, saliva sulla torretta campanaria — ecco il motivo di quella breve descrizione — a suonare le campane a mano.
In quei giorni, Marcello cambiava completamente, come se la mano di san Pietro gli si fosse posata sul capo, infondendogli pace e serenità.
Mariuccia abitava nel vicino palazzo dei conti Lavagna ed è stata la prima persona (sono nato in casa) che mi prese in braccio quando mia madre mi partorì. Per me, che non ho avuto nonni, è stata madre, nonna, zia, sorella, tutto insomma. L’amai come amai mia madre e lei mi amò come un figlio.
Quando feci il primo taglio di capelli, fu lei a portarmi dal barbiere. Raccolse una ciocca e la pose in una bustina con a fianco l’immagine di san Leonardo da Porto Maurizio. Poi se la mise in una tasca sul cuore, ove rimase fino all’ultimo giorno di vita e, poi, la seguì anche nella bara.
Quando ormai era alla fine della sua vita, mia madre era a casa sua assieme a don Gustavo del Santo, che tentava di darle l’estrema unzione. Mariuccia, però, non era più cosciente e, a quei tempi, in queste condizioni il sacramento non poteva essere impartito. Mia madre assieme al don Gustavo cominciarono allora a chiamarla. Ma lei nulla… Poco dopo arrivai io, mi avvicinai al capezzale e la chiamai: Mariuccia si voltò, tentò di sollevarsi dal letto e mi sorrise. Il prete s’affrettò allora a darle l’estrema unzione. Venti minuti dopo Mariuccia era nel regno dei cieli.
Mentre scrivo, sto piangendo per l’emozione e questo mi capita tutte le volte che per un qualunque motivo penso a questa grande donna.
di Leolino