· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

LaBibbia
Una riflessione sull’incontro con la donna siro-fenicia

La lezione dell’Altra
(anche per Gesù)

 La lezione dell’Altra (anche per Gesù)  DCM-006
03 giugno 2023

Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sfamino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato. (Mc 7,24-30)


Il cristianesimo afferma che Gesù è sì, il figlio di Dio, ma fatto carne: anche lui appartiene ad una cultura, a un mondo, a una mentalità e, paradossalmente, qualche elemento di questo contesto lo segna.

Leggendo Mc 7,24-30 ci imbattiamo nel passo della donna siro-fenicia, dove viene narrato l’incontro di Gesù con questa straniera. La richiesta di guarigione per la figlia è fatta in maniera così lacerante e lancinante che gli stessi apostoli sembrano suggerire a Gesù di andare incontro a quella donna disperata per avere loro stessi un po’ di tregua. E Gesù rivela proprio i condizionamenti culturali del mondo in cui è immerso: «Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».

Come non riscontrare in queste poche parole una dichiarazione tipica di un ebreo chiuso in se stesso e convinto che gli stranieri vengano giustamente chiamati “cani”?

Gesù, quindi, appartiene radicalmente alla mentalità del suo popolo, ma subito dopo, essendo il suo un messaggio trasformatore, rompe anche le sue stesse coordinate culturali. Infatti, successivamente, avendo visto la fede di quella donna, pur straniera, esclama: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia» (Mc 7,29).

Paradossalmente, la donna siro-fenicia, straniera, diventa un emblema, un esempio, un modello proprio per gli ebrei: le categorie che erano proprie del tempo, e che Gesù stesso aveva appreso, vengono totalmente rovesciate. A maggior ragione, dovremmo sperare che anche per noi avvenga questa stessa conversione, quella di mettere gli altri, anche se stranieri, prima di noi.

Ci sono diverse interpretazioni di questo episodio in cui Gesù, in maniera cruda, chiama i pagani “cani”. Secondo alcuni, Gesù ha avuto questo comportamento di chiusura per educare i suoi discepoli a uscire da una mentalità gretta, e approdare ad un modo di pensare aperto, cioè a ritenere che Dio è presente anche nei popoli pagani. Dal suo ambiente e dalla sua religiosità, inizialmente, anch’egli era convinto che Dio e la sua salvezza operassero solo dentro i confini del popolo ebraico. Ad aprirsi a un Dio diverso è stata la fede e l’insistente messaggio proposto dalla donna siro-fenicia. Gesù come uomo è cresciuto, ed è maturato sotto gli stimoli delle persone e, in questo caso, di una donna pagana. Da qualcuno essa è chiamata maestra di Gesù.

Il valore delle differenze


Nella mentalità biblica l’uomo vivente è un uomo in relazione, un uomo capace di vivere con l’altro. Lungo il corso della storia, invece, l’uomo è stato indotto alla tentazione di seguire una scorciatoia che consiste

nel concepire l’altro il diverso, lo straniero come il nemico, come una minaccia. Dunque, il rischio è di darsi una propria identità “contro” qualcun altro; invece le identità diverse aiutano a riconoscere se stessi. Da questa tentazione consegue anche lo squilibrio, che spesso si constata, nei confronti degli spazi da condividere, perché troppo spesso sono visti, invece, come spazi da difendere. Si dovrà arrivare a comprendere che anche le differenze culturali e religiose sono un valore.

Un uomo spirituale, il cardinale Etchegaray, ha scritto a riguardo delle confessioni cristiane: «Dobbiamo essere felici di essere differenti. Chi di noi può pretendere di esaurire il messaggio del vangelo e ridurlo a una sola voce? Ciascuno deve un po’ convertirsi al volto dell’altro per correggere ciò che nella propria visione è troppo particolare […] Altrimenti il nostro pellegrinaggio diventa crociata, la nostra testimonianza ideologia, il nostro volto una caricatura. Siamo contenti di essere differenti!».

Lo stesso cardinale Ratzinger, parlando della religione cristiana ad una conferenza sull’ecumenismo sosteneva: «Forse non siamo ancora tutti maturi per l’unità e abbiamo bisogno della spina nella carne, che è l’altro nella sua alterità, per risvegliarci da un cristianesimo dimezzato, riduttivo».

di Battista Borsato
Presbitero e teologo della diocesi di Vicenza


Dal libro di Battista Borsato «L’altro», Gabrielli editori, una riflessione teologica sul rapporto di Gesù con i diversi e gli stranieri. Un viaggio «nella differenza» lungo i vangeli esaminando le figure di straniero – i magi, il samaritano, il centurione, la donna siro-fenicia – e scoprendo che quelli che la religione reputa i più lontani, i più inaccessibili all’amore di Dio, sono i primi a riconoscerlo e ad accoglierlo.