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DONNE CHIESA MONDO

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L’Umofc alla prova del mondo che cambia

Cattoliche globali

  Cattoliche  DCM-006
03 giugno 2023

Cinquanta anni di differenza e circa 12 mila chilometri separano Isabella Sheptak e Rosa Rita Mariano. La prima, 20 anni, fa parte dell’Unione delle donne cattoliche ucraine in Canada. La seconda, 71 anni, è la presidente delle 70 mila cattoliche che aderiscono alle Lega Filippina. Le loro aggregazioni, insieme a un altro centinaio (sei le italiane), sono nell’Unione mondiale delle organizzazioni delle donne cattoliche (Umofc), fondata nel 1910, presente in circa sessanta paesi, per un totale di circa otto milioni di donne rappresentate. In quasi duemila, il 13 maggio, si sono ritrovate in aula Nervi per incontrare Francesco. Il Papa le ha sollecitate a «“pregare” le opere e “operare” la preghiera», a «vivere come Maria la pienezza dell’essere donne con la consapevolezza di sentirsi scelte e protagoniste nell’opera salvifica di Dio». Un invito che, alle circa 900 che poi si sono recate ad Assisi per l’assemblea elettiva, - dal 14 al 20 maggio sul tema Donne dell’Umofc artigiane della fratellanza per un mondo in pace -, è suonato come una conferma ad andare avanti nei progetti in atto.
«Per evangelizzare oggi è necessario testimoniare l’impegno per il bene comune, per la salvaguardia del creato, contro uno spirito individualista che segna particolarmente i giovani. Io voglio essere il volto positivo della mia comunità», dice Isabella Sheptak. La giovane canadese viene da una famiglia cattolica, studia antropologia, fa volontariato con i senza fissa dimora e rifugiati. Con un gruppo di una decina di ragazze, Isabella è stata scelta dall’Umofc per portare il punto di vista delle giovani in assemblea. «Il dialogo intergenerazionale è una delle priorità che abbiamo per i prossimi anni», conferma Mónica Santamarina de Robles, che venerdì 19 maggio è stata scelta come nuova presidente Umofc. Messicana, 64 anni, laureata in giurisprudenza, mamma di 4 figli, Monica è da sempre impegnata nel mondo dell’associazionismo cattolico, in Messico e a livello internazionale. Succede a María Lía Zervino, 72 anni, argentina, che lascia dopo un mandato. «Con la pandemia - dice Santamarina - siamo state tutte costrette a diventare “digitali”, anche quelle che non sono più giovanissime. La crisi è stata un’opportunità e oggi molti progetti e momenti di formazione passano per il web».

Dare continuità alle esperienze fruttuose, consolidare il neonato Osservatorio sulle donne, fare rete con altre realtà che lavorano nel sociale sono le azioni che la neo presidente indica come prioritarie. Non sono idee vaghe: basta fermarsi a chiacchierare con le donne presenti ad Assisi per dare concretezza e capire quanto si sta muovendo, a livello di base, in Africa, America Latina, e laddove la colorata rappresentanza femminile vive il suo quotidiano. «Ci trovi a fare pulizia delle strade, se andiamo da un McDonald ci presentiamo con piatti e bicchieri nostri, compostabili. Facciamo lectio divina in parrocchia e aiutiamo nella formazione dei seminaristi; piantiamo alberi, lavoriamo per l’ambiente, ma anche con gli anziani e i senza fissa dimora; abbiamo centri per le donne vittime di violenza e puntiamo sulla formazione delle ragazze»: Maria Rita Mariano, che come lavoro fa il medico, spiega che l’acronimo Hope (Holiness/santità, Outreach/sensibilizzazione, Pastoral Involvement/impegno pastorale, e Empowerment/dare forza) ben sintetizza lo spirito e le tante attività che la Lega delle donne filippine realizza nelle ottantaquattro diocesi in cui è presente.

«Aiutare le ragazze con lo studio o la realizzazione di piccole attività commerciali, dalla produzione di conserve ai derivati del latte, per noi è il primo passo verso l’indipendenza», dichiara Beatrice Tavares, 61 anni, responsabile dell’Associazione di mutuo aiuto delle donne cattoliche in Senegal. Altra priorità è l’educazione ambientale: «Nasce dalla Laudato si’, siamo consapevoli come africani dei danni che la terra sta subendo. Educare le donne al rispetto e alla cura della madre terra, ha un effetto moltiplicatore, in famiglia, nell’educazione con i figli». Beatrice, che ha studiato da avvocata ma è responsabile commerciale di trasporti marittimi, spiega che in Senegal lavora in rete con altre due associazioni aderenti all’Umofc, il Coordinamento delle unioni diocesane delle associazioni femminili e il Movimento delle donne cattoliche. «In tutto siamo circa 13 mila donne che si impegnano per l’empowerment delle donne del Senegal».

Ci sono progetti locali, ma anche a più ampio respiro. Come quelli promossi dall’Osservatorio sulle donne, creato dall’Umofc nel 2021. #invisiblenomore è la campagna contro la violenza e la discriminazione nata su richieste delle africane. «Con l’aiuto della Hilton Foundation il progetto, che dura un anno, ha previsto una fase di ascolto, un’indagine cui hanno partecipato 10.680 donne di 37 paesi, dalla quale è emersa la necessità di combattere la violenza domestica, economica, il fenomeno della tratta e la mancanza di accesso all’istruzione»: Ana Martiarena, argentina, economista, 44 anni, è la responsabile dell’Osservatorio e della campagna sull’Africa. Per la sensibilizzazione è stato realizzato un documentario, In-visible, della cineasta italiana Lia Beltrami, e una serie di interventi sui social; entro fine anno si terrà un workshop in Africa «per pensare ad azioni comuni. Nel frattempo tutte possono diventare ambasciatrici delle invisibili, aderendo sul nostro sito (wucwo.org/fr/) alla call to action che abbiamo lanciato il 13 maggio, all’incontro con Francesco».

Un altro progetto curato dall’Osservatorio, è relativo alla violenza e discriminazione delle donne nella Chiesa e nella società in America latina. «È emerso che l’ascolto e il dialogo sono fondamentali, molte donne hanno condannato il clericalismo che impedisce una maggiore partecipazione delle donne nei processi decisionali», spiega Mónica Santamarina. Anche dall’indagine sulla sinodalità è venuta fuori la richiesta di poter contare nei luoghi dove si decide. D’altro canto, come racconta Sarah Atieno Kiwanuka, 65 anni, quattro figli e sette nipoti, in Kenia, lei e le colleghe dell’associazione donne cattoliche, nelle loro comunità parrocchiali fanno di tutto, dall’assistenza ai malati, alle liturgie, ai consigli spirituali. Come diaconi? «Sì, come diaconi». Lo racconta anche l’abito che indossa con fierezza: è un manifesto-sinodale, dove giovani, anziani, disabili, pastori, sono tutti in cammino, insieme sotto la grande croce che riscalda, come i raggi del sole. E’ l’immagine che abbiamo usato per la copertina di questo numero di donne chiesa mondo.

L’esperienza di Sarah richiama quella fatta dalla presidente uscente. Anche María Lía Zervino, che fa parte dell’Ordo virginum, ed è membro del Dicastero per i vescovi, ricorda che la sua prima missione è stata in una parrocchia molto povera, a 400 km di Buenos Aires, dove «ho fatto quello che oggi si chiamerebbe un diaconato femminile, ma senza titolo».

Da Madame de Velard, francese, che nel 1910 ebbe l’idea di unire le leghe di donne cattoliche in tutto il mondo; passando per la signorina Florentine Steenberghe-Engeringh, olandese, che negli anni Venti la guidò per tre decenni, dandole rilevanza internazionale; a Pilar Belosillo, spagnola, che venne scelta come osservatrice al Vaticano ii , l’Umofc, che nel 2006 è stata riconosciuta dalla Santa Sede come Associazione Pubblica Internazionale di Fedeli, si è sempre proposta di «collaborare con le donne, perché siano protagoniste dell’evangelizzazione e dello sviluppo umano integrale», dice Zervino. La sua più grande ricchezza è che le organizzazioni sono le più varie: «Laiche e religiose, consacrate, donne che operano nel sociale e nella cultura. Dalle adorazioni notturne ai pozzi per l’acqua nel deserto, dalle organizzazioni internazionali, al Consiglio d’Europa, ai lavori con le donne indigene in Amazzonia e in Australia. In rete con organizzazione laiche, ecumeniche, di altre religioni. È veramente una ricchezza culturale e un arricchimento per la Chiesa». Oltre alle donne c’è un filo rosso che unisce il lavoro di tutte: «come organizzazione internazionale partecipiamo al Movimento e alla piattaforma Laudato si’, siamo impegnate per l’ecologia integrale. Sempre abbiamo curato il focolare, e adesso che il Papa ci dice che il pianeta è la casa comune, abbiamo moltiplicato i progetti».

di Vittoria Prisciandaro
Giornalista Periodici San Paolo «Credere» e «Jesus»