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In un libro la storia del ciclista che vinse nel 1909 la prima gara a tappe attraverso l’Italia

Luigi Ganna, il re del fango

 Luigi Ganna, il re del fango  QUO-122
27 maggio 2023

Luigi Ganna — vincitore del primo Giro d’Italia nel 1909 — è stato un campione, in bici e nella vita. Un uomo onesto, sincero e pacato, che restò tale nonostante la fama sportiva. Quando correva le folle “impazzivano”, quando produceva biciclette queste andavano a ruba: pedalare su una “Ganna”, nei primi anni del ‘900, era motivo di orgoglio.

Il popolo amava in Ganna l’archetipo del povero che ha saputo raggiungere, con fatica e dedizione, traguardi apparentemente impossibili. Ganna era “uno di loro”, il campione del popolo, un uomo comune che, con una determinazione e una forza di volontà incrollabili, è diventato leggenda. Senza scorciatoie.

Luigi Ganna dava voce alla provincia: varesino, nato a Induno Olona il 1° dicembre 1883, in una famiglia contadina, nono di dieci fratelli. Genuino, impacciato e concreto. Un gigante buono. Sì, il buon Ganna lo avevano soprannominato i giornalisti. Fuoriclasse generoso e leale, forgiato dal lavoro nei campi e come muratore. Prima del successo sportivo, ogni giorno percorreva circa cento chilometri in bici da casa al cantiere: sole, pioggia o neve, con una sacca, fissata sul manubrio, con una pagnotta e una bottiglia d’acqua zuccherata allungata con un po’ di vino.

40,405 è il titolo del libro (edizioni Sunrise media, marzo 2023 – prefazione di Federico Buffa) che ho scritto non solo per raccontare le vittorie di Ganna da corridore. Ma anche, e soprattutto, la storia di un campione del ciclismo che rappresenta un pezzo di storia dell’Italia. L’ho scritto con i ricordi di coloro che lo hanno conosciuto e vissuto: i figli della figlia Maria, Gianni e Graziella Marzoli, e anche mio nonno, Umberto Gioia, figlio della sorella di Savina Re, moglie di Ganna.

Perché 40,405? Quei numeri, separati dalla virgola, sono il suo record italiano dell’ora, ottenuto nel 1908 sulla pista del velodromo di Porta Ticinese, a Milano, davanti a una grande folla in delirio.

Ha vinto tanto Luigi Ganna: la terza edizione della Milano-Sanremo nel 1909, la Milano-Torino nel 1907, il Giro dell’Emilia nel 1910, la gran fondo “Seicento chilometri” nel 1912. Ma, soprattutto, nel 1909 ha vinto il primo Giro d’Italia: un’impresa epica per quei 127 coraggiosi (arrivarono in 49) che attraversarono l’Italia in sella alle loro biciclette. Solo otto tappe, ciascuna di circa 400 chilometri (2.447 chilometri in tutto), con cadute rovinose e colpi di scena a ripetizione, su improbabili strade sterrate. E a vincere fu proprio Ganna — nella tappa a Roma andò a pregare nella basilica di San Pietro — entrato così a pieno diritto nella leggenda del ciclismo.

Divenne costruttore di bici prima per se stesso e poi in grande scala anche di motocicli. A fine carriera, smise di correre nel 1914, costituì anche una squadra prima con Ottavio Bottecchia e poi con Fiorenzo Magni che con una bici Ganna vinse il Giro d’Italia 1951.

Luigi se ne andò a 74 anni, il 2 ottobre 1957. Dopo la sua morte gli furono intitolati il Velo club Varese e il velodromo cittadino in occasione dei Mondiali su pista del 1971. Poi gli venne dedicato un francobollo nel 2007 e due targhe, una all’interno del velodromo e un’altra affissa sulle mura della casa natale, a Induno Olona, di via San Cassano 7. E un’altra dedica al campione è su una lapide all’entrata del cimitero del suo paese natale.

Ganna non è stato dimenticato. Il suo ricordo è vivo non solo in chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Il suo nome è impresso in maniera indelebile nella storia del nostro Paese. Ganna è il “padre” di tutti i ciclisti che ancora oggi corrono il Giro d’Italia: sono proprio loro a farlo vivere e a renderlo “immortale”. Luison, altro suo soprannome, vive ancora nelle urla dei tifosi che incitano i loro eroi ai lati delle strade. Rivive nelle esultanze dei corridori che tagliano per primi il traguardo. Luigi è nelle loro pedalate, nei loro sorrisi, nei loro pianti di disperazione e poi di gioia. Ganna — il re del fango — è nelle emozioni vere che il ciclismo regala e che sono l’anima di questo nobile sport così popolare.

di Stefania Bardelli