Uno sguardo profetico
È in tempi di conflitti bellici come quelli odierni che emerge la stringente attualità del magistero di Giovanni Paolo i sulla ricerca della pace, quale filo conduttore nei trentaquattro giorni del suo pontificato. Su questo tema si è voluto maggiormente soffermare il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, nel discorso tenuto questo pomeriggio all’Università Ca’ Foscari di Venezia, in occasione della presentazione del libro Il magistero di Giovanni Paolo i . Uno studio storico e teologico attraverso le carte d’archivio a cura di Stefania Falasca e Flavia Tudini.
Il porporato ha presentato gli studi promossi dalla Fondazione vaticana intitolata a Papa Luciani, di cui è presidente: studi che consentono oggi di favorire a livello internazionale la ricerca e l’approfondimento del lascito magisteriale del Pontefice — beatificato lo scorso 4 settembre — alla luce delle fonti d’archivio. In tal senso, la stessa Fondazione ha promosso, il 13 maggio dello scorso anno, in collaborazione con il Dipartimento di Teologia dogmatica della Pontificia università Gregoriana, il primo convegno di studi a lui dedicato.
In merito al pontificato di Giovanni Paolo i — ha detto il segretario di Stato — Papa Francesco ha fatto osservare come come proprio per la fede del popolo cristiano a cui apparteneva, Luciani abbia potuto rivolgere uno sguardo profetico sulle ferite e i mali del mondo, mostrando quanto la pace stia a cuore alla Chiesa. Infatti, insieme all’impegno ecumenico e interreligioso, è posto alla base del discorso programmatico del Pontefice il compito di favorire la riconciliazione e la fraternità tra i popoli, invitando alla collaborazione per «tutelare e incrementare la pace in questo mondo turbato» e per arginare la «violenza cieca che solo distrugge e semina rovine e lutti», ha aggiunto Parolin citando le parole di Giovanni Paolo i. E qui il cardinale ha ricordato i numerosi appelli in favore della pace in Medio Oriente, in primis quello lanciato all’Angelus del 10 settembre 1978, quando Luciani chiamò alla preghiera i leader di diverse fedi e citò anche il Corano insieme alle Sacre Scritture.
L’attività di promozione della pace, ha messo in evidenza il porporato, si concretizzò soprattutto in due circostanze. La prima nella lettera del 20 settembre 1978 indirizzata ai vescovi delle Conferenze episcopali dell’Argentina e del Cile, quando lo scontro armato tra i due Paesi per la controversia di confine sorta in merito alla sovranità sulle isole nel canale di Beagle, nella Terra del Fuoco, fu evitato grazie alla mediazione della Santa Sede. «Ma certamente — ha proseguito il segretario di Stato — il tema internazionale che fa da filo conduttore a tutto il pontificato è l’appoggio ai colloqui di pace che dal 5 al 17 settembre impegnarono a Camp David il presidente americano Jimmy Carter, il presidente egiziano Anwar el Sadat e il premier israeliano Menachem Begin».
Del resto, già nella prima udienza generale del 6 settembre 1978 sull’umiltà, ha rimarcato Parolin, Papa Luciani aveva affidato alla preghiera dei presenti gli esiti dell’incontro di Camp David: «una intenzione — aveva detto — che mi sta molto a cuore... Queste conversazioni spianino la via ad una pace giusta e completa». “Giusta” aveva significativamente sottolineato Giovanni Paolo i , cioè «con soddisfazione di tutte le parti in conflitto»; e “completa”, ossia «senza lasciar irrisolta alcuna questione: il problema dei palestinesi, la sicurezza d’Israele, la città Santa di Gerusalemme», ha sottolineato il cardinale. Una dedizione totale al cammino per la pace che portò a una pronta risposta: il 17 settembre il presidente Carter scrisse infatti al Papa per informarlo dei risultati conseguiti dichiarando di aver ricevuto grande ispirazione dalle preghiere del Pontefice per il summit di Camp David e per la pace in Medio Oriente. E il 21 settembre, ha puntualizzato il segretario di Stato, fu lo stesso Giovanni Paolo i a scrivere personalmente al presidente statunitense una lettera che si concludeva in questo modo: «Sia certo che la Santa Sede continuerà, come per il passato, a seguire con profondo interesse gli sforzi per il raggiungimento di questo obiettivo. È pronta a collaborare con ogni possibile mezzo compatibile con la sua attività. Allo stesso modo, continueremo ad elevare le Nostre preghiere per quella pace che è così necessaria ai Paesi del Medio Oriente e del mondo intero».
Anche il 4 settembre, ricevendo gli oltre cento rappresentanti delle missioni internazionali, Papa Luciani aveva ripreso i medesimi motivi sottolineando come «il nostro cuore è aperto a tutti i popoli, a tutte le razze», e affermando poi: «Certo, non abbiamo soluzioni miracolistiche per i grandi problemi mondiali. Tuttavia, possiamo portare qualcosa di veramente prezioso: uno spirito che aiuti a sciogliere questi problemi e li collochi nella dimensione essenziale, quella della carità universale e dell’apertura ai valori trascendenti...»; e questo affinché «la Chiesa, umile messaggera del Vangelo a tutti i popoli della terra, possa contribuire a creare un clima di giustizia, fratellanza, solidarietà e di speranza senza la quale il mondo non può vivere».
Nel corso del suo intervento il cardinale Parolin ha posto l’attenzione sul magistero di Albino Luciani per la pace anche nel periodo in cui era Patriarca di Venezia, citando alcuni passaggi significativi del discorso tenuto il 23 maggio del 1973 in occasione del decennale dell’enciclica giovannea Pacem in terris: «Non si giudichino “utopistiche” o inattuali le nostre speranze. Realista è non chi crede si possa andare avanti come prima, ma chi percepisce “il dinamismo di un mondo che vuole vivere più fraternamente”». I conflitti di interesse tra Stato e Stato, aveva ammonito, «scoppieranno sempre, ma le guerre non saranno mai capaci di risolverli. Eccoci, allora, davanti agli armamenti giganteschi e terrificanti. Essi rappresentano uno schiaffo enorme ai cittadini dello stato, che al posto delle armi costosissime, potrebbero avere scuole, ospedali e migliori servizi. Ma sono schiaffo anche ai popoli sottosviluppati privati degli aiuti indispensabili». Parole ancora tristemente attuali, che testimoniano quell’afflato alla concordia tra gli uomini posto a fondamento del breve pontificato di Luciani: un Pontefice, ha concluso il cardinale Parolin, «che ha fatto progredire la Chiesa lungo la dorsale di quelle che sono le strade maestre del Concilio: la risalita alle sorgenti del Vangelo e una rinnovata missionarietà, la collegialità episcopale, il servizio nella povertà ecclesiale, il dialogo con la contemporaneità, la ricerca dell’unità con le Chiese cristiane, il dialogo interreligioso, la ricerca della pace». Sono queste, ha rilanciato il porporato, «le sole “armi” efficaci in un’epoca travagliata, che anche oggi, sotto i deliri di potenza, sotto l’aridità e l’indifferenza nasconde una sete illimitata di giustizia e di pace».