Nel suo recente messaggio per la 109° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2023, Papa Francesco ha riflettuto sul postulato “Liberi di scegliere se migrare o restare”. La libertà, una delle massime espressioni della dignità umana integrale, si esprime nell’opzione di vivere in pienezza tutta l’esistenza individuale, familiare e comunitaria nel proprio luogo di origine e di appartenenza. La libertà religiosa o di culto è molto spesso presentata come la madre di tutte le libertà. E questo concetto materno di libertà di coscienza spirituale, di pratica attiva e pubblica della stessa e di sacro rispetto del culto è associato alla “madre terra”, specialmente nei popoli originari.
Il luogo di appartenenza spirituale è madre battesimale, tenendo anche conto che nella simbologia e nel disegno architettonico molto spesso il battistero ha una forma che ricorda l’utero materno. Questa libertà che proviene dalle viscere dell’opzione nascente di vita nuova e piena è precedente al passo degli Atti degli Apostoli a cui fa riferimento Papa Francesco nel suo messaggio: «Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone. Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2, 41-42).
Questa maternità di cittadinanza spirituale e di vita, secondo il racconto lucano, era associata alla pratica completa dell’esperienza della fede in una città cosmopolita, multirazziale e pluriculturale. Era la libertà di restare a vivere la propria religiosità in tutte le sue dimensioni cultuali, senza dovere, fino ad allora, migrare e fuggire!
Papa Francesco presenta i seguenti versetti di questa pericope come modello di libertà: «“Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (At 2, 44-45). L’ideale della prima comunità cristiana pare così distante dalla realtà odierna! Per fare della migrazione una scelta davvero libera, bisogna sforzarsi di garantire a tutti un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale. Solo così si potrà offrire ad ognuno la possibilità di vivere dignitosamente e realizzarsi personalmente e come famiglia».
La libera pratica della fede, illuminata dall’esegesi di Papa Francesco di questo passo, ci porta a una esperienza completa che integra la pratica del culto dei primi cristiani descritta nei versetti 41-42. La libertà religiosa di restare nella propria terra materna assume così le dimensioni di giustizia sociale, equità economica, solidarietà comunitaria e pieno esercizio dei diritti umani fondamentali. Perciò l’opzione di appartenenza, espressa nel brano sopracitato a partire dalla libertà religiosa, implica l’armonia di un’esperienza integrale che non trascura alcuna dimensione della liberazione umana e comunitaria.
Purtroppo, dopo il martirio di Stefano (cfr. At 6, 8-8,1), la libertà religiosa si ritrovò presto minacciata e, come inevitabile conseguenza, ci furono migrazioni e fughe dolorose verso altre terre, intaccando così l’armonia materna e integrale iniziale. «In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria» (At 8, 1). La perdita della libertà di vivere la fede in modo pieno, specialmente quando coinvolge le sfere del potere economico o politico, scatena tutti i mali. Allora si generano martiri, persecuzioni, migrazioni forzate e sradicamenti dolorosi. Ancora una volta, la scena descritta nella Bibbia si ripresenta profeticamente in tutta la storia, specialmente ai nostri tempi. Oggi ci sono più martiri per la loro fede, persecuzioni per motivi di pratiche religiose e violazioni della libertà di culto di quanti ce ne fossero ai tempi dei primi cristiani. È uno dei substrati principali della violazione della libertà di scegliere di migrare o di restare, come illustra Francesco nel postulato del messaggio.
L’ecumenismo della solidarietà e della libertà, che viene presentato come un’ideale nei versetti sopracitati degli Atti degli Apostoli, si deve integrare con l’ecumenismo del martirio. Questi martiri, vittime della violazione della libertà di culto, devono indurre alla riflessione e all’azione comune di tutti i culti. I tuoi martiri, qualunque sia la loro professione di fede, devono essere i miei martiri, la violazione della tua libertà di culto deve essere la violazione della mia, e i tuoi migranti saranno i miei immigranti nell’abbraccio e nell’accoglienza fraterna.
In tal senso, il dono simbolico di una reliquia dei martiri copti assassinati in Libia il 15 febbraio 2015 da parte di Tawadros ii , Patriarca della Chiesa copto-ortodossa, rafforza i concetti delineati finora. Durante il loro incontro Papa Francesco ha detto: «Questi martiri furono battezzati non solo nell’acqua e nello Spirito, ma anche nel sangue, un sangue che è seme di unità per tutti i seguaci di Cristo». L’ecumenismo del sangue e del martirio si unisce all’ecumenismo liturgico quando Papa Francesco annuncia che «con il consenso di Vostra Santità, questi 21 martiri saranno inseriti nel Martirologio Romano come segno della comunione spirituale che unisce le nostre due Chiese».
di Marcelo Figueroa