· Città del Vaticano ·

Il magistero

 Il magistero  QUO-109
11 maggio 2023

Venerdì 5

Il male
degli abusi
deturpa
la Chiesa

I semi gettati dieci anni fa, quando il Consiglio dei Cardinali ha raccomandato la creazione di questo organismo, stanno crescendo. Abbiamo tutti imparato molto, me compreso!

L’abuso sessuale di minori da parte del clero e la cattiva gestione da parte dei leader ecclesiastici sono stati una delle sfide più grandi per la Chiesa. Molti hanno impegnato la propria vita in questa causa.

Le guerre, la fame e l’indifferenza verso la sofferenza altrui sono realtà terribili, che gridano al Cielo.

La crisi degli abusi sessuali, però, è particolarmente grave per la Chiesa, perché mina la sua capacità di abbracciare in pienezza la presenza liberatrice di Dio e di esserne testimone.

L’incapacità di agire per fermare questo male e di venire in aiuto alle sue vittime ha deturpato la nostra testimonianza.

Può esser facile dimenticare i peccati di omissione, [che] sembrano meno reali; ma sono concreti e feriscono quanto gli altri.

Non aver fatto ciò che avremmo dovuto, soprattutto da parte dei leader, ha scandalizzato, e la consapevolezza di questo problema si è estesa a tutta la Comunità cristiana. Allo stesso tempo, però, non siamo rimasti in silenzio o inattivi.

Di recente ho confermato il Motu Proprio Vos estis lux mundi... Si sollecitano luoghi per l’accoglienza delle accuse e la cura di coloro che [sono] stati danneggiati. Oggi nessuno può dire onestamente di non essere toccato dalla realtà degli abusi sessuali nella Chiesa.

Vorrei che teneste a mente tre principi, considerandoli come parte di una spiritualità di riparazione.

Primo: laddove la vita è stata ferita, far emergere la speranza. Il terribile senso di perdita provato a causa degli abusi può sembrare troppo pesante da sopportare.

Anche i leader della Chiesa, che condividono un comune senso di vergogna per l’incapacità di agire, sono stati sminuiti, e la nostra stessa capacità di predicare il Vangelo è stata ferita.

Ma anche quando il cammino è arduo e faticoso, vi esorto a non bloccarvi. Non scoraggiatevi quando sembra che poco stia cambiando. Perseverate!

Secondo: l’abuso ha portato lacerazioni... Tante vittime rimangono avvilite per il fatto che un abuso avvenuto molti anni fa crea ancora spaccature nelle loro vite.

Le conseguenze possono verificarsi tra coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra amici e colleghi. Le comunità sono sconvolte; l’abuso abbatte e divide le persone, nel loro cuore e tra loro.

Ma la nostra vita non è destinata a rimanere divisa. Laddove si è spezzata, contribuite a ricongiungerne i pezzi.

Di recente un gruppo di sopravvissuti da abusi hanno chiesto di incontrare l’istituto religioso che gestiva la scuola da loro frequentata 50 anni fa.

Erano persone anziane e hanno espresso il desiderio di vivere in pace gli ultimi anni. E per loro significava riprendere la relazione con la Chiesa che li aveva offesi, volevano chiudere con il male subito.

Volevano essere ascoltati, creduti, [e] qualcuno che li aiutasse a capire. Hanno avuto il coraggio di aprirsi. La via della riparazione [è] la via della croce di Cristo.

Terzo: rispetto e gentilezza. La poetessa e attivista nordamericana Maya Angelou ha scritto: «Ho imparato che la gente dimenticherà quello che hai detto, la gente dimenticherà quello che hai fatto, ma la gente non dimenticherà mai come l’hai fatta sentire».

Siate delicati nel vostro agire, senza lamentarvi, ma pensando che questo momento di riparazione per la Chiesa lascerà il posto a un altro momento della storia della salvezza.

Dio non ha esaurito la sua riserva di grazie e benedizioni! Le piaghe della Passione sono rimaste nel corpo del Risorto, non come fonte di sofferenza o vergogna, ma come segni di misericordia e trasformazione.

È il momento di rimediare al danno fatto e a coloro che continuano a soffrire. Questa stagione pasquale è segno che si prepara una nuova primavera, fecondata dal lavoro e dalle lacrime condivisi.

Per questo è importante che non smettiamo di andare avanti. Impegnate le vostre capacità e competenza per riparare una terribile piaga, mettendovi a servizio delle diverse Chiese particolari.

Dalla vita ordinaria di una diocesi nelle parrocchie e nel seminario, alla formazione di catechisti, insegnanti e di altri operatori pastorali, l’importanza della tutela dei minori e delle persone fragili dev’essere una norma per tutti; e nella vita religiosa, la novizia di clausura deve attenersi agli stessi standard del fratello anziano.

I principi del rispetto della dignità di tutti e di uno stile di vita sano devono diventare norma universale, indipendentemente dalla cultura e dalla situazione economica e sociale delle persone.

Tutti i ministri della Chiesa devono mostrarli nel servire i fedeli, e a loro volta devono essere trattati con rispetto e dignità da chi guida la comunità. Una cultura della tutela avrà luogo solo se ci sarà conversione pastorale tra i leader.

Non è giusto che le aree più prospere del pianeta possano contare su programmi di tutela ben formati e ben finanziati, in cui le vittime e le loro famiglie sono rispettate, mentre coloro che vivono in altre parti soffrono in silenzio, magari respinti o stigmatizzati quando cercano di raccontare gli abusi subiti.

(Alla Pontificia commissione per la tutela
dei minori)

Sabato 6

Lo sport è
gratuità e non
commercio

Il maestro di tennis o padel oltre che un tecnico, è soprattutto un “educatore”. Il buon gioco viene da una giusta dinamica di attacco e di difesa.

Così avviene anche in un cammino educativo: legare bene rischio e prudenza. Come fare questo matrimonio? Un bravo giocatore — vale per qualsiasi sport — non può sempre e solo attaccare, non può sempre rischiare, deve anche saper difendere.

Ci sono qualità per l’attacco e per la difesa, che vanno entrambe esercitate. Un maestro che concentra tutto il suo insegnamento sull’attacco o sulla difesa lascia l’allievo “scoperto” sull’altro aspetto.

Un buon educatore sa dosare rischio e prudenza. Rischiare vuol dire permettere al ragazzo di fare un’esperienza nuova, che non ha mai fatto, e per la quale non si sa come reagirà, ma che potrà aiutarlo a crescere. Il rischio dev’essere sempre proporzionato e accompagnato.

Il ragazzo deve sentirsi libero e nello stesso tempo non abbandonato. Genitori o educatori che, per proteggere il bambino, gli fanno evitare ogni imprevisto, o gli risolvono i problemi, non lo fanno crescere.

Questa non è prudenza, è un misto di paura della realtà e di egoismo possessivo. Invece la vera prudenza, come la buona difesa, è un atteggiamento positivo. È un altro modo di attaccare.

Così la prudenza nell’educazione è indispensabile per valutare bene le situazioni, in rapporto alle potenzialità. L’educatore deve allenare alla resistenza, a non mollare, a cercare di rispondere a quei colpi che sembrano imprendibili e invece, con prontezza e agilità, si possono recuperare.

Loro forza educativa di tennis e padel sta nella dinamica del gioco. Non lasciatevi rubare il gusto di fare sport per passione, per divertirvi e divertire.

Questo è lo spirito di gratuità con cui giocare. L’agonismo è buono se non toglie questa dimensione ludica. Se invece prevale la dinamica della competizione, questa fa scattare varie forme di egoismo che finiscono per rovinare la pratica sportiva.

C’è una cosa che nello sport non dobbiamo mai perdere: l’amatorialità. Quando lo sport si fa per altri interessi, perde la bellezza, perde questa dimensione “sinfonica”, diventa un commercio.

(Alla Federazione italiana tennis e padel)

Domenica 7

Senza paura

Il Vangelo della Liturgia odierna (Gv 14, 1-12) è tratto dall’ultimo discorso di Gesù prima della sua morte.

Il cuore dei discepoli è turbato, ma il Signore rivolge loro parole rassicuranti, invitandoli a non avere paura... Egli, infatti, non li sta abbandonando, ma va a preparare un posto per loro e a guidarli verso quella meta.

Il Signore oggi indica così a tutti noi il meraviglioso luogo dove andare, e, allo stesso tempo, ci dice come andarci, ci mostra la via da percorrere. Ci dice dove andare e come andarci.

Quando sperimentiamo la fatica, lo smarrimento e persino il fallimento, ricordiamo dove è diretta la nostra vita. Non dobbiamo perdere di vista la meta, anche se oggi corriamo il rischio di scordarcelo,

A volte, soprattutto quando ci sono grandi problemi da affrontare e c’è la sensazione che il male sia più forte... ascoltiamo Gesù «via, verità e vita».

La fede in Lui non è un “pacchetto di idee” da credere, ma una strada da percorrere, un viaggio da compiere, un cammino con Lui.

È seguire Gesù, perché Egli è la via che conduce alla felicità che non tramonta.

E imitarlo, specie con gesti di vicinanza e misericordia verso gli altri. Ecco la bussola per raggiungere il Cielo.

Viviamo il presente, prendiamo in mano il presente ma non lasciamoci travolgere: guardiamo in alto, al Cielo, ricordiamoci la meta, pensiamo che siamo chiamati all’eternità, all’incontro con Dio.

E, dal Cielo al cuore, rinnoviamo oggi la scelta di Gesù, la scelta di amarlo e di camminare dietro a Lui.

Due nuovi
beati: il vescovo
Jacinto
e la giovane
Conchita

Ieri si sono celebrate due Beatificazioni. A Montevideo, in Uruguay, è stato beatificato il Vescovo Jacinto Vera, vissuto nel secolo xix . Pastore che si prese cura del suo popolo, testimoniò il Vangelo con generoso slancio missionario, favorendo la riconciliazione sociale nel clima teso della guerra civile.

A Granada, in Spagna, è stata beatificata la giovane Maria de la Concepción Barrecheguren y García. Costretta a letto da una grave malattia, sopportò le sofferenze con grande forza spirituale, suscitando in tutti ammirazione e consolazione. Morì nel 1927 a 22 anni. Un applauso ai due Beati!

(Regina Caeli in piazza San Pietro)

Lunedì 8

Docilità
coraggiosa
allo Spirito

Sono contento di questo incontro per i centosettantacinque anni dalla vostra rifondazione, con la fusione di due istituti.

Vorrei prendere spunto dal passo del profeta Isaia che avete scelto come guida nella Congregazione: «Ecco, io faccio una cosa nuova» (43, 19).

Queste parole mi pare rispecchino alcuni valori del vostro carisma: coraggio, apertura e abbandono all’azione dello Spirito.

Valori evidenti nella storia della prima fondazione: un giovane diacono, con dodici compagni di seminario, si lancia in una inaspettata avventura.

Rinuncia a un futuro tranquillo — poteva essere un buon sacerdote di famiglia agiata — per una missione tutta da scoprire, esponendosi a sacrifici, incomprensioni e opposizioni, con una salute molto fragile che lo porterà a una morte precoce.

Tanti imprevisti, che però la sua docilità all’azione dello Spirito trasforma in “sì” coraggiosi. Il suo esempio trova conferma nei fratelli che ne continuano l’opera, pronti a rispondere a nuovi segni dei tempi, abbracciando prima il servizio ai seminaristi poveri, poi le missioni popolari, infine l’annuncio ad gentes, senza lasciarsi intimorire dalla persecuzione religiosa scatenata dalla rivoluzione francese.

Una storia ricca, di cui oggi ricordiamo un ulteriore momento: la seconda fondazione, quella del 1848, in cui lo Spirito Santo chiede alla comunità di condividere i frutti del passato in uno scenario nuovo.

È tempo di unirsi alla Società del Sacro Cuore di Maria. Per farlo è necessario superare timori e gelosie, e i fratelli delle due famiglie accettano la sfida, condividendo quello che hanno in un nuovo inizio.

Dopo oltre un secolo e mezzo, vediamo che la Provvidenza ha premiato la generosa e coraggiosa docilità allo Spirito: siete presenti in sessanta Paesi, con duemilaseicento religiosi e il coinvolgimento di laici.

Grazie alla vostra disponibilità a cambiare e alla perseveranza, siete rimasti fedeli alle origini: evangelizzare i poveri, missioni dove nessun altro vuole andare, servizio ai più abbandonati, formare clero e laici locali, il tutto in fraternità e semplicità e in assiduità di preghiera.

Realizzate quella che il Venerabile Libermann chiamava “unione pratica” nel servizio, frutto di una docilità abituale allo Spirito. Il vostro carisma è prezioso in un mondo in cui la sfida dell’interculturalità e dell’inclusione è urgente.

Non rinunciate al vostro coraggio e alla libertà interiore, coltivatela. Sono tanti gli uomini e le donne che ancora hanno bisogno del Vangelo, non solo nelle “terre di missione”, ma anche nel vecchio e stanco occidente. Guardate ognuno con gli occhi di Gesù, vicino specialmente ai poveri.

Questa è stata la grande intuizione dei fondatori e la bella testimonianza di tanti fratelli e sorelle che vi hanno preceduto.

(Alla congregazione dello Spirito Santo)

Mercoledì 10

Guerre
corruzione
e sfruttamento
affamano
intere
popolazioni

Il tema da voi scelto — “Crisi alimentari e umanitarie: scienza e politiche per la prevenzione e la mitigazione” — fa appello ad autorità lungimiranti e pratiche politiche, al fine di alleviare le sofferenze di tanti fratelli che non hanno un’alimentazione salutare e l’accesso a cibo sufficiente.

Mi diceva uno studioso [che] «se durante un anno non si facessero le armi, finirebbe la fame nel mondo».

Si tratta di una sfida urgente, perché troppo spesso situazioni segnate da calamità naturali, ma anche conflitti armati — penso specialmente alla guerra in Ucraina —, corruzione politica o economica e sfruttamento della terra, nostra casa comune, ostacolano la produzione alimentare, minano la tenuta dei sistemi agricoli e minacciano pericolosamente l’approvvigionamento nutrizionale di intere popolazioni.

Allo stesso tempo, queste crisi sono state aggravate dalla pandemia di Covid-19, mentre si assiste al declino della solidarietà fraterna, determinato dalle pretese egoistiche insite in alcuni modelli economici.

Occorre prendere sempre più coscienza che tutto è strettamente correlato.

Un elemento importante di questa visione è la comprensione che una crisi può diventare un’occasione propizia per riconoscere e imparare dagli errori.

Auspico non solo soluzioni tecniche, ma soprattutto un atteggiamento di solidarietà universale fondato sulla fraternità, sull’amore e sulla comprensione reciproca.

La Chiesa sostiene e incoraggia i vostri sforzi insieme a quelli di coloro che lavorano non solo per nutrire gli altri o rispondere alle crisi, ma anche per promuovere uno sviluppo umano integrale, la giustizia tra i popoli e la solidarietà internazionale, rafforzando il bene comune della società.

Il vostro lavoro porti frutto nell’aiutare ad affrontare i numerosi problemi che derivano dalle crisi alimentari e da altre crisi umanitarie.

Le crisi sono un’altra cosa rispetto ai conflitti. I conflitti sono chiusi in sé stessi, da un conflitto è difficile uscire costruttivamente. Invece dalle crisi si può uscire, si deve uscire, ma a due condizioni: da una crisi non si può uscire da soli, o usciamo insieme o non possiamo uscire... ci vuole la comunità, il gruppo. E, dall’altra parte, da una crisi si esce per migliorare, sempre per andare avanti, per progredire.

(Ai partecipanti a una Conferenza della Pontificia Accademia delle Scienze)

Rosario
per la pace

Sabato prossimo celebreremo la Memoria di Nostra Signora di Fátima. Accogliamo il suo invito e preghiamo in questo mese il Rosario per la pace nel mondo.

Saluto i medici che, grazie alla diocesi di Tarnow, nelle prossime settimane si impegneranno a salvare la vita alle donne e madri nella Repubblica Centrafricana.

San Francesco Saverio ci insegna che l’annuncio del Vangelo nelle periferie del mondo va sempre di pari passo con l’assistenza medica ed educativa.

Per le donne
e i bambini
ucraini afflitti
dalla guerra

Questo sostegno, così come la nostra preghiera per la pace, è necessario anche per la martoriata Ucraina. Mentre partecipate alle preghiere mariane di maggio, recitando il Rosario, ricordatevi soprattutto delle donne e dei bambini afflitti dalla guerra.

(Saluti all’udienza generale)