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Il tema della settimana
Il Papa affida alla Vergine di Pompei il futuro dell’umanità e le speranze della martoriata Ucraina

Casa di carità
Città di pace

 Casa di carità Città di pace  QUO-109
11 maggio 2023

Sin da quando il beato Bartolo Longo la compose, nel 1883, la Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei fu considerata preghiera di pace. Erano tempi difficili quelli del fondatore del Santuario, che da un lato vedeva il diffondersi di teorie contrarie alla dottrina cattolica e, dall’altro, l’iniziale germe della divisione tra gli Stati che porterà all’immane tragedia della prima Guerra mondiale. Nel testo Longo implora pietà per le «nazioni traviate» e chiede che la Vergine, «Regina di pace e di perdono», interceda «pace all’umana società».

Per la sua profondità spirituale, la Supplica si diffuse presto tra i fedeli d’Italia e del mondo fino a diventare orazione dei Pontefici. Recitata coralmente a Pompei il 14 ottobre 1883, fu pregata per la prima volta in Vaticano, l’8 maggio 1915, da Papa Benedetto xv che stimava molto sia il fondatore sia l’Opera pompeiana per la diffusione della dottrina cattolica, la propagazione del santo Rosario e l’aiuto concreto in favore dei minori orfani e figli di carcerati. Il Santo Padre, con i suoi più stretti collaboratori, recitò la preghiera alla Vergine alle 12 di quel giorno nella Cappella Paolina. Si può dire a ragione che, come il santuario è intimamente legato alla sede petrina, così anche la Supplica ha un vincolo speciale con i Papi che, l’8 maggio e la prima domenica di ottobre, si sono sempre uniti spiritualmente al popolo di Dio che affolla il santuario e il suo sagrato. È una vicinanza spirituale e paterna che lo stesso Papa Francesco, sin dagli inizi del suo pontificato, non ha mai fatto mancare. Bartolo Longo definiva la Supplica «l’Ora del mondo» perché si invoca la Vergine per tutti i popoli della terra e con tutti i popoli della terra. In tante nazioni, nei due giorni solenni, si recita questa preghiera, tradotta in decine di lingue, e ci si sente uno accanto all’altro, pur distanziati da migliaia di chilometri.

Pochi giorni fa, Papa Francesco, con il cuore, si è raccolto spiritualmente in preghiera, pellegrino tra i pellegrini, dinanzi alla cara immagine della Madonna del Rosario. Domenica 7 maggio, alla vigilia della Supplica, al termine del Regina Caeli in piazza San Pietro, ha detto: «Domani, a Pompei, sarà elevata la tradizionale Supplica alla Madonna del Rosario, in quel santuario che il beato Bartolo Longo volle dedicare alla pace. In questo mese di maggio preghiamo il Rosario chiedendo alla Vergine Santa il dono della pace, in particolare per la martoriata Ucraina. Possano i responsabili delle nazioni ascoltare il desiderio della gente che soffre e vuole la pace!». La stessa esortazione a pregare che Papa Francesco ha rilanciato, il giorno successivo, in un tweet.

Alla pazzia della guerra non abbiamo che da opporre la preghiera continua per la pace simboleggiata dallo stesso santuario di Pompei, la cui facciata fu inaugurata il 5 maggio 1901. In cima fu collocata una imponente statua, raffigurante la Madonna del Rosario, ai cui piedi fu posta, quasi come un’invocazione, l’inscrizione «pax» a caratteri cubitali. Descrivendo la Vergine raffigurata nel simulacro, Longo scrisse: «Vi porge l’arma della Pace che soggioga il mondo, il Rosario, arma di fratellanza, unione dei cuori, amore che abbraccia il mondo». Il Rosario è sempre preghiera per la pace e che produce frutti di pace. Nel discorso tenuto il giorno dell'inaugurazione, Bartolo Longo rivelò ai presenti il suo testamento. Egli non aveva beni materiali né ricchezze: preferì accumularli in Cielo. Disse solo quattro parole: «Vi lascio la pace».

La Pace - Il Rosario - Pompei è anche il titolo dell’ultima lettera pastorale del venerabile servo di Dio monsignor Francesco Saverio Toppi, indimenticabile arcivescovo prelato della Chiesa pompeiana, che guidò dal 1990 al 2001: «Pompei — scrisse il 7 dicembre 2000 — è chiamata ad esprimere e a realizzare il sospiro più ardente del cuore umano: la Pace, la Fratellanza universale. Pace e Fratellanza Universale non in termini spettacolari, con obiettivi diplomatici, politici, ma nell’ordine soprannaturale, con atteggiamenti di fede, di preghiera, di carità operante nei gesti umili, quotidiani, di bontà».

Lunedì scorso, proprio da Pompei, si è levata l’invocazione di pace a nome dell’intera Chiesa italiana. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, che ha presieduto la santa messa e la recita della Supplica, ha rimarcato che «la volontà di Dio è un mondo di pace» e che «senza pace non c’è vita». Si costruiscono arsenali e nuovi ordigni mentre si distruggono i granai. Una voce chiara, netta. Senza pace non abbiamo futuro, non abbiamo nulla, la stessa umanità perde il suo volto. In questa prospettiva «la Supplica esprime l’attesa della creazione che soffre e grida la pace». Ma il cardinale ha anche richiamato la responsabilità di ognuno ad essere costruttore di pace. «Seguiamo Maria, l’umile che compie le cose più grandi. Supplica chi rifiuta il male, chi non si abitua al dolore, chi vuole guarigione e pace — ha detto ai fedeli che malgrado la pioggia erano giunti pellegrini in santuario —. La Supplica ci spinge ad essere operatori, artigiani di pace. Questa casa, di preghiera e di carità, questa città di pace ci viene in aiuto. Qui tutto parla di amore».

A Pompei la pace si costruisce ogni giorno nella preghiera e nelle opere di carità del santuario in favore dei più fragili, non volgendo mai lo sguardo altrove incontrando i sofferenti perché in essi riconosciamo Cristo stesso.

di Tommaso Caputo
Arcivescovo prelato di Pompei, Delegato pontificio per il santuario