· Città del Vaticano ·

ll ruolo del Dicastero per la Comunicazione nel processo di ascolto sinodale

Tessere l’unità

 Tessere l’unità  QUO-103
04 maggio 2023

“Rilevanza e ascolto: comunicare il messaggio cristiano nella pluralità delle voci contemporanee” è il tema del 13° Seminario professionale sugli uffici di comunicazione della Chiesa, organizzato dalla Facoltà di Comunicazione Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce, dal 2 al 4 maggio. Pubblichiamo stralci del discorso pronunciato ieri dal prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, intervenuto in una sessione del convegno, a cui hanno partecipato anche monsignor Lucio Adrián Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione, Andrea Tornielli, direttore editoriale, Nataša Govekar, direttore teologico-pastorale, Andrea Monda, direttore de «L’Osservatore Romano», e Cristiane Murray, vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede.

Vorrei fare del mio intervento una premessa, basandomi sul titolo che mi avete suggerito. Un titolo che sembra quasi una contraddizione e che è invece il cuore del magistero di Papa Francesco sulla sinodalità e sulla comunicazione. Il ruolo del Dicastero per la Comunicazione nel processo di ascolto sinodale. Quindi non nel processo di annuncio, non nel processo di spiegazione, di qualcosa che viene dal centro, da Roma. Esattamente il contrario. Il ruolo del Dicastero per la comunicazione nell’ascolto di ciò che viene dal mondo. La creatività comunicativa — se vogliamo chiamarla così — del Dicastero per la Comunicazione non tanto nel far passare un messaggio (quello che altri chiamerebbero marketing), quanto nel tessere una rete creativa di qualcosa di buono (per la Chiesa e per il mondo) che nasce dall’ascolto di ciò che lo Spirito dice alla Chiesa. L’importanza della comunicazione non tanto per “informare sul sinodo”, quanto per “formarci alla sinodalità”: per costruire attraverso una comunicazione a due vie la comunione sinodale di un popolo che comunica attraverso il suo cammino. Un popolo che è creativo proprio per questo suo camminare insieme, non per la trovata brillante, per l’invenzione estrosa di un singolo. Ascoltare col cuore e Parlare col cuore (i due ultimi messaggi di Papa Francesco) sono alla base di questo modo diverso di intendere la comunicazione istituzionale. E proprio per questo sono rivolti non solo ai professionisti ma a tutti. Perché tutti prendano sul serio l’esercizio di una comunicazione costruttiva. Perché tutti capiscano il significato di questa chiamata ad essere Chiesa e a testimoniarlo nella comunicazione di ciò che siamo, unico modo per rendere credibile ciò che diciamo. Da questo, solo da questo, possiamo essere riconosciuti. [...] Non c’è comunicazione se non c’è comunione. E non c’è comunione se non c’è comunicazione. Per questo la sinodalità non può e non deve essere ridotta a un elenco di cose da fare, di ruoli da distribuire, o di funzioni da ricoprire; private dalla cosa più bella che ci muove: dello Spirito che ci unisce, dell’amore che ci rende una cosa sola.

[...] In questo senso si può dire che il Dicastero ha cercato di non sfuggire alla chiamata radicale alla conversione, al cambiamento che il Sinodo esprime. E di far sì che divenisse questo il carattere distintivo del suo lavoro: creare una infrastruttura di relazioni virtuose fra le persone; per costruire insieme una Chiesa attrattiva, concreta, inclusiva, in ascolto, in uscita; dove sia facile entrare ed essere parte. Anche a questo serve il Dicastero per la Comunicazione. A chiamare a raccolta gli uomini e le donne di buona volontà a camminare insieme. A fare correre di voce in voce questa chiamata radicale. Questo è il Sinodo. Ed il tempo è propizio. Lo è anche se Babele sembra l’icona della nostra epoca. Forse anzi proprio per questo.

[...] “Come ritrovare nella Babele di oggi una comunicazione vera, autentica, in cui le parole, i gesti, i segni corrano su strade giuste, siano raccolti e capiti, ricevano risonanza e simpatia?”. È una domanda che ci ha aiutato come comunicatori a costruire una comunicazione intrinsecamente sinodale. [...] In un’epoca in cui la disintermediazione e i social media hanno trasformato radicalmente il rapporto tra istituzioni e persone, il nostro lavoro è stato cercare di testimoniare la bellezza dell’essere una comunità in cammino, unita nel Signore; cercare di testimoniare un modo diverso di fare comunicazione, e anche di fare giornalismo. Un modo diverso di stare sui social. Un modo diverso di fare formazione in una prospettiva sinodale. Abbiamo esercitato la nostra creatività per raggiungere le persone laddove vivono, trovando occasioni di ascolto, di dialogo e di incontro. Tessendo nella comunione un sistema di comunicazione diverso da tutti gli altri.

[...] Comunicare il Sinodo è stato ed è per noi offrirci come strumento di comunicazione, testimoniando il nostro essere una cosa sola, un edificio di pietre vive che trova in Pietro la sua prima pietra e in Gesù il suo fondamento. Provando a ritornare all’essenzialità raccontata negli Atti degli Apostoli, alla bellezza di incontrarsi…Per questo, prima di parlare, abbiamo ascoltato. Consapevoli della ricchezza della Chiesa. E siamo partiti ascoltando noi stessi. Facendoci l’esame di coscienza. Riunendoci in piccoli gruppi. Adottando come metodo quello della conversazione spirituale. Facendo del nostro Sinodo una preghiera condivisa. [...] La comunicazione, che è il nostro servizio, non poteva, non può che essere sinodale; ed è proprio per questo che congiunta alla comunione ci fa davvero membra gli uni degli altri. Anche affrontando la questione dal punto di vista funzionale, tecnologico, è proprio perché comunicare significa mettere in comunione — uso le parole del Papa — che «non si tratta più soltanto di usare strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata». (Esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, 86). [...] Questo è anche il senso più profondo del nostro parlare così tanti idiomi (più di 50), e linguaggi mediatici (giornale, radio, tv, internet, social, podcast). Parlare il linguaggio di chi ci ascolta, e ascoltare chi ci parla è la nostra missione.

[...] Tessere l’unità era ed è la ragione, il fondamento del nostro servizio: costruire una vera rete, in comunione gli uni con gli altri, dove tutto è intessuto dallo Spirito Santo, l’unico che può renderci capaci di vedere oltre l’apparenza, di saper distinguere fra l’opinione spesso volubile della maggioranza e la verità. Ma per essere credibili abbiamo cominciato da noi. [...] Abbiamo toccato con mano, riflettendo e pregando insieme, che l’aver riunito (in un corpo solo) le tante istituzioni (membra) che nella Santa Sede si occupavano di comunicazione non era e non è principalmente un fatto funzionale. Ma era, ed è, sostanzialmente, un fatto comunionale; la cui spiegazione più bella sta proprio nella metafora del corpo e delle membra, e nel suo legame con la comunicazione. Tutto ciò ci ha portati a comprendere come ciò che cerchiamo altrove: nella tecnologia, nel marketing, negli effetti speciali sia in realtà da cercare dentro di noi.

[...] In questo cammino abbiamo pensato un ruolo per ognuno dei nostri mezzi: per la Radio Vaticana (e le radio che ci ritrasmettono in tanti Paesi), per l’Osservatore Romano; per Vatican News; per i social media; per i libri che pubblichiamo con la Lev. Ma prima di tutto abbiamo colto la chiamata sinodale come una grazia da vivere anche ad intra. Riscoprendo che la verità che cerchiamo e che siamo chiamati a comunicare è già scritta nel comandamento più grande al quale siamo chiamati: quello dell’amore e quello della povertà. E che la sinodalità sta nella comunione che sapremo testimoniare nella diversità dei carismi.

di Paolo Ruffini