· Città del Vaticano ·

Domande che educano
alla libertà

 Domande che educano alla libertà  QUO-101
02 maggio 2023

Nell’incontro con i giovani ungheresi presso l’Arena Papp László di Budapest sabato scorso, il Papa dialogando “a tutto campo” ha toccato diversi argomenti, tra cui quello della libertà e della verità e implicitamente è tornato sul tema dell’educazione a lui tanto caro. Lo stile educativo che Francesco propone è basato sulla “pedagogia della domanda” perché, ha detto, «è importante che ci sia qualcuno che provochi e ascolti le vostre domande, e che non vi dia risposte facili, e risposte preconfezionate, ma vi aiuti a sfidare senza paura l’avventura della vita in cerca di risposte grandi. Le risposte preconfezionate non servono, non fanno felici». Non si tratta di una posizione intellettualistica ma di una riflessione che scaturisce dalla fede e dall’amore verso il Maestro: «Così, infatti, faceva Gesù», riconosce il Papa e aggiunge che Gesù «è molto bravo nel porre domande, eh? Nel Vangelo, infatti, Lui, che è il Maestro, prima di dare risposte, fa delle domande».

Nell’Arena gremita di giovani, il Papa non parla “di” Gesù ma cerca di mostrarlo all’opera; scende infatti subito in un esempio concreto che gli dà lo spunto per fare come “faceva Gesù”: «Guardiamo al primo incontro di Gesù con quelli che diventeranno i suoi discepoli. Due di loro, indirizzati da Giovanni Battista, gli vanno dietro. Il Signore si volta e fa un’unica domanda: «Che cosa cercate?» (Gv 1, 38). Anche io … anche io faccio una domanda, ma ognuno risponda nel cuore. Dopo che io ho fatto la domanda, facciamo silenzio. La mia domanda è: “Che cosa cercate? Che cosa cercate nella vita? Che cosa cerchi nel tuo cuore?”. In silenzio, ognuno risponde dentro di sé. Che cosa cerco io?». Ecco che il dialogo non diventa una lezione accademica ma un’esperienza vitale. Sempre secondo lo stile di Gesù che, ricorda il Papa, «non fa tanta predica, no, ma fa strada, fa la strada insieme a loro ognuno di noi: Gesù cammina vicino a ognuno di noi, non vuole che i suoi discepoli siano scolari che ripetono una lezione, ma Lui vuole che i discepoli siano giovani liberi e camminino, compagni di strada di un Dio che ascolta, che ascolta i loro bisogni ed è attento ai loro sogni». Non scolari-pappagalli ma persone libere e intraprendenti, creative: è questo il nodo, che si può definire con il binomio libertà-responsabilità.

Nel suo ultimo saggio Chi ci separerà?, il teologo Cesare Pagazzi ha citato il brano de Il Mistero dei Santi Innocenti di Charles Péguy (che pubblichiamo qui di seguito) in cui Dio si presenta come un padre e maestro combattuto a causa del rischio drammatico insito nel dono della libertà da accordare agli uomini e della sua opzione comunque di correre quel rischio «perché io stesso sono libero, dice Dio, e ho creato l’uomo a mia immagine e somiglianza. La libertà di questa creatura è il più bel riflesso che c’è nel mondo della libertà del Creatore».

Affinché questa creatività possa svilupparsi, la condizione necessaria, dice il Papa, è la scelta, senz’altro controcorrente del silenzio e della preghiera. Il silenzio come grembo della preghiera e quindi della libertà. Nel silenzio può nascere l’azione, scelta liberamente, che permette poi la riflessione: «Il silenzio ci dà la possibilità di leggere una pagina di Vangelo che parla alla nostra vita, di adorare Dio ritrovando così la pace nel cuore. Il silenzio permette di prendere in mano un libro che non sei costretto a leggere, ma che ti aiuta a leggere l’animo umano». È una proposta forte quella del Papa ai giovani, quella di diventare protagonisti della propria vita, leggendola, interpretandola.

E qui si ritorna alla pedagogia della domanda. Viene infatti in mente la risposta che diede il geniale scrittore per bambini Gianni Rodari quando alcuni dei suoi lettori gli chiesero se preferiva le storie che finiscono bene a quelle che finiscono male: «Preferisco quelle che non finiscono, così quelli che leggono le fanno finire come vogliono loro. Preferisco le storie che finiscono con un punto interrogativo, così uno per rispondere deve inventarsi qualche cosa; preferisco le storie che cominciano e poi io non le finisco e tocca ai bambini che leggono finirle».

Nella più commovente delle storie raccontate da Gesù ci sono due giovani, fratelli, e il più grande non si sa, il lettore non lo sa, se poi entrerà nella festa finale oppure resterà fuori nel suo risentimento giudicante. Non c’è nessun punto esclamativo, di condanna o assoluzione, ma un bello e drammatico punto interrogativo, che interpella il lettore e gli chiede di “inventarsi qualche cosa”. Ecco perché Papa Francesco spesso ha parlato del cristiano come dell’uomo “dal pensiero incompiuto”, che non si ferma né si rassegna di fronte a un giudizio definitivo ma accoglie il rischio della vita fino in fondo, con fiducia, creativamente. Questo è essere giovani, anzi bambini. 

di Andrea Monda


La libertà della creatura
è il più bel riflesso della libertà del Creatore


Come un padre che insegna a suo figlio a nuotare nella corrente del fiume e che è diviso fra due sentimenti. 
Perché da un lato se lo sostiene sempre e lo sostiene troppo il bambino si attaccherà e non imparerà mai a nuotare. 
Ma anche se non lo sostiene al momento giusto questo bambino berrà un sorso cattivo 
Così sono io quando insegno loro a nuotare nelle loro prove. 
Anch’io sono diviso fra questi due sentimenti. 
Perché se li sostengo sempre e li sostengo troppo
Non sapranno mai nuotare da soli.
Ma se io non li sostenessi proprio al momento giusto
Questi poveri bambini berrebbero forse un sorso cattivo
Tale è la difficoltà, talmente grande.
E tale è la duplicità stessa, la doppia faccia del problema.
Da un lato bisogna che facciano la loro salvezza da soli
è la regola.
Ed è formale. Altrimenti non sarebbe interessante. Non sarebbero uomini.
Ora io voglio che siano virili, che siano uomini e che guadagnino da soli
i loro speroni di cavaliere.
Dall’altro non bisogna che bevano un sorso cattivo
Avendo fatto un’immersione nell’ingratitudine del peccato Tale è il mistero della libertà dell’uomo, dice Dio, e del mio governo su di lui e sulla sua libertà.
Se lo sostengo troppo, non è più libero. E se non lo sostengo abbastanza, va giù.
Se lo sostengo troppo, espongo la sua libertà, se non lo sostengo abbastanza, espongo la sua salvezza.
Due beni in un certo senso quasi ugualmente preziosi.
Perché questa salvezza ha un prezzo infinito.
Ma che cosa sarebbe una salvezza che non fosse libera.
Come potrebbe qualificarsi
Noi vogliamo che questa salvezza sia acquisita da lui stesso
da lui stesso uomo.
Sia procurata da lui stesso.
Venga in un certo senso da lui stesso. Tale è il segreto,
Tale è il mistero della libertà dell’uomo
tale è il prezzo che diamo alla libertà dell’uomo.
Perché io stesso sono libero, dice Dio, e ho creato l’uomo a mia immagine e somiglianza.
Tale è il mistero, tale è il segreto, tale è il prezzo
Di ogni libertà
La libertà di questa creatura è il più bel riflesso che c’è nel mondo della libertà del Creatore.

di Charles Péguy

(da Il Mistero dei Santi Innocenti)