· Città del Vaticano ·

A proposito delle presunte rivelazioni su Papa Wojtyła e il caso Orlandi

Accuse assurde e infamanti

 Accuse assurde e infamanti  QUO-087
14 aprile 2023

Pensate che cosa sarebbe accaduto se qualcuno fosse andato in televisione ad affermare, sulla base di un “sentito dire” proveniente da una fonte anonima e senza lo straccio di un riscontro o testimonianza anche soltanto di terza mano, che vostro padre o vostro nonno di notte usciva di casa e insieme a qualche “compagno di merende” andava in giro a molestare ragazze minorenni. E immaginate che cosa sarebbe successo se il vostro parente, ormai defunto, fosse universalmente conosciuto e da tutti stimato, a motivo di qualche importante ruolo ricoperto. Non avremmo forse letto commenti ed editoriali indignati per il modo inqualificabile con cui è stata lesa la buona fama di questo grande uomo, amato da tanti?

È accaduto davvero, purtroppo, con san Giovanni Paolo ii, pontefice della Chiesa cattolica dal 16 ottobre 1978 al 2 aprile 2005. L’accusa è stata lanciata da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la ragazza scomparsa nel centro di Roma in un pomeriggio di giugno del 1983. Pietro, in presenza del suo avvocato Laura Sgrò che annuiva, ha raccontato nel corso della trasmissione Di martedì condotta su La7 in prima serata da Giovanni Floris, che Papa Wojtyła la notte usciva in compagnia di qualche monsignore per andare a cercare ragazzine. Il tutto è stato presentato come indiscrezione credibile, accompagnata da qualche sorrisino ammiccante, come se si parlasse di un segreto di Pulcinella.

Prove? Nessuna. Indizi? Men che meno. Testimonianze almeno di seconda o terza mano? Neanche l’ombra. Solo anonime accuse infamanti. Parole che Pietro Orlandi ha accompagnato all’audio attribuito ad un sedicente membro della Banda della Magliana il quale asserisce — anche lui senza prove, indizi, testimonianze, riscontri o circostanze — che Giovanni Paolo ii «pure insieme se le portava in Vaticano quelle», intendendo Emanuela e altre ragazze: per porre fine a questa “schifezza” il segretario di Stato di allora si sarebbe rivolto alla criminalità organizzata per risolvere il problema.

Una follia. E non lo diciamo perché Karol Wojtyła è santo o perché è stato papa. Anche se questo massacro mediatico intristisce e sgomenta ferendo il cuore di milioni di credenti e non credenti, la diffamazione va denunciata perché è indegno di un Paese civile trattare in questo modo qualunque persona, viva o morta, che sia chierico o laico, papa, metalmeccanico o giovane disoccupato. È giusto che tutti rispondano degli eventuali reati, se ne hanno commessi, senza impunità alcuna o privilegi. È sacrosanto che si indaghi a 360 gradi per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela. Ma nessuno merita di essere diffamato in questo modo, senza neanche uno straccio di indizio, sulla base dei “si dice” di qualche sconosciuto personaggio del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta Tv.

di Andrea Tornielli