Sia lode alla gioventù che non arretra.
Non per incoscienza, ma adesione a quello che nessuno vede eppure esiste, resiste. È una storia vecchia quanto il mondo: ogni generazione, un tanto ognuna, guasta il buono e il bello costruito da quelle precedenti.
Chi nasce dopo è condannato a essere considerato il distruttore ultimo, quello definitivo, quello che non lascerà scampo all’umanità intera.
Mentre gli adulti, noi, noi sì che deteniamo la saggezza, il saper fare e il come farlo. Purtroppo, trasmettere ai nuovi questi fondamentali è impossibile, perché non vogliono, non riescono, non amano, addirittura.
Un’orda di incolti maleducati, con una sola aspirazione: disperdere tutto.
Niente di nuovo sotto il sole.
Come è puro, invece, e invincibile l’amore che mastica vita nei cuori dei giovani, come ardentemente brucia senza paura di bruciarsi.
E quanto è chiaro il loro sguardo, quanto di lacrime sa riempirsi di fronte al dolore.
Cantiamo la gioventù, diamogli i meriti che mai gli abbiamo dato, strappiamoci di dosso la nostalgia che ce li consegna per quello che non sono, semplicemente perché noi, gli adulti, ci riduciamo ad adorare la nostra gioventù oramai passata.
Affidiamogli la terra, sì, la terra, perché mai come oggi i nostri figli, nipoti, sono meglio di chi li ha preceduti, dei lori genitori, nonni.
Fidiamoci di loro e del loro coraggio, e tiriamone fuori noi, di coraggio, quando arriva il momento di farci da parte, invece di resistere sfidando il tempo e le nostre forze.
Giovanni era il più amato.
Cristo lo amava più di tutti perché coglieva la purezza del suo cuore, e lo spirito saldo, capace di quegli slanci che competono soltanto ai giovani.
E lui, Giovanni, lo ricambiò con la fedeltà di chi ama offrendo tutto se stesso, senza mai tirarsi dietro. Fu accanto al suo Maestro per tutta la vita, lo seguì nelle giornate di letizia e in quelle di sofferenza.
Forse, in lui Cristo vide un fratello minore, dalla forza trascinante, l’unico capace di leggergli nello spirito, l’unico che mai lo avrebbe abbandonato.
Perché Giovanni non lo abbandonò mai, fu al suo fianco, sotto di lui, mentre veniva inchiodato e issato sulla croce. Era lì, insieme a Maria, due figure unite dalla Passione, scelte per testimoniarla nei millenni.
È sempre lui, Giovanni, a credere per primo alla resurrezione di Cristo, a correre come un bambino al Sepolcro, perché in fondo lo sentiva, perché in fondo già lo sapeva. Come succede a chi ha il cuore giovane.
Oggi, oggi più che mai, consegniamo nelle mani dei nostri ragazzi l’avvenire che si meritano, pensiamo a quello che sarà di loro. Perché il mondo in cui vivranno sarà più impervio, barbaro e ingiusto di quello in cui noi siamo vissuti. E ciò non sarà certo per loro responsabilità. Saremo noi a essere chiamati e a dover rispondere di tutte le ingiustizie, le disattenzioni, l’egoismo assoluto che non ha saputo accogliere la visione di un futuro non nostro, ma loro. Abbiamo consumato, disperso, bruciato, il loro avvenire. Abbiamo divorato come animali, sino a lasciare poco o nulla al futuro.
Giovanni è la gioventù più bella, è un ragazzo di oggi, fragile, ma dal coraggio indomito, si lancia nella vita e nell’amore come uno che sa l’unica cosa che conti veramente: tutto quello che non si brucia nelle azioni che compiamo è perso.
di Daniele Mencarelli