· Città del Vaticano ·

Hic sunt leones
Uscire dalle contrapposizioni ideologiche per avviare un confronto costruttivo

Migrazioni africane questione di civiltà

Migrants are brought to the Geo Barents rescue ship, operated by Medecins Sans Frontieres (Doctors ...
31 marzo 2023

Tutti sappiamo che in questi anni il Mare Nostrum, il Mediterraneo, si è trasformato nel Mare Monstrum, un vero e proprio “cimitero liquido”. Molte delle vittime risultano essere africane e chi scrive questa rubrica non può fare a meno di levare la propria indignazione facendosi interprete dei sentimenti del mondo missionario a cui appartiene. È giusto, infatti, fare chiarezza nei limiti del possibile, con l’intento dichiarato di promuovere una sana e corretta informazione per dovere di giustizia di fronte a tanta umanità dolente. Andiamo dunque per ordine.

La migrazione africana ha seguito in questi ultimi due decenni una traiettoria ascendente costante. Il livello record di oltre 40 milioni di migranti africani censito nel gennaio 2023 rappresenta un aumento del 30 per cento rispetto al 2010. Lo riferisce l’Africa Center for Strategic Studies. Secondo la stessa fonte, la maggior parte delle migrazioni africane è indirizzata verso i centri economici del continente, un modello che si prevede continuerà man mano che le economie regionali diventeranno più integrate. Considerando, dunque, i continui forti fattori di spinta, si può prevedere che questa tendenza prosegua costantemente.

Occorre comunque precisare che la maggior parte della mobilità africana avviene all’interno del continente in quanto i migranti tentano comunque d’intercettare opportunità di lavoro nei vicini centri economici regionali. Come si evince dall’Africa Migration Report, l’80 per cento dei migranti africani non ha interesse a lasciare il continente, a riprova che occorre decostruire le percezioni negative sulla migrazione africana affrontando le specifiche realtà contestuali e portando alla luce conoscenze basate sull’evidenza rispetto a ciò che sta effettivamente accadendo sul campo.

Attualmente, Sud Africa, Costa d’Avorio e Nigeria sono tra i primi cinque Paesi di destinazione del continente, rivelando la loro posizione di hub economici per le rispettive sottoregioni. Con l’eccezione della Costa d’Avorio, i migranti costituiscono meno del 5 per cento della popolazione in ciascuno dei principali Paesi di destinazione. La maggior parte dei migranti in Costa d’Avorio proviene dal vicino Burkina Faso, con il quale condivide attributi culturali comuni. Stando agli ultimi rilevamenti, sono circa 23 milioni gli africani in possesso di documenti che vivono in un altro Paese africano, una cifra probabilmente sottostimata dato che molti governi locali stentano a tenere traccia delle migrazioni. I nordafricani costituiscono oggi la maggioranza degli immigrati africani in Europa. I primi tre Paesi in cima alla classifica — Marocco, Algeria e Tunisia — rappresentano oltre 5 milioni degli 11 milioni di migranti africani in Europa. Ciò sottolinea l’importanza della prossimità, delle diaspore consolidate e delle opportunità economiche come fattori chiave di attrazione che influenzano il processo decisionale in materia di migrazione. Le indagini sui migranti africani in Europa o diretti verso il vecchio continente rivelano che la maggior parte era occupata o frequentava la scuola al momento della partenza. Tuttavia, hanno deciso di partire spesso presi dalla disperazione. I tunisini in fuga dalle pressioni economiche, ad esempio, costituivano più di un quarto dei migranti irregolari intercettati mentre attraversavano il Mediterraneo diretti in Italia nel 2021. Tra i migranti africani che si sono trasferiti fuori dal loro continente, a parte gli 11 milioni che vivono in Europa di cui abbiamo già scritto, quasi 5 milioni sono in Medio Oriente e più di 3 milioni in Nord America.

Rimane il fatto che, contrariamente alla narrativa convenzionale, circa l’85 per cento della migrazione africana comprende il commercio e i viaggi transfrontalieri di routine. Ciò contribuisce in modo tangibile alla stabilità economica, a colmare le lacune occupazionali e al benessere socio-economico dei Paesi di destinazione. Ulteriori guadagni economici derivanti dalla migrazione saranno realizzati man mano che il nuovo mercato panafricano, il cosiddetto Accordo di libero scambio continentale africano (AfCFTA) e il suo Protocollo sulla libera circolazione delle persone acquisiranno slancio nei prossimi anni. Occorre poi osservare che le migrazioni avvantaggiano anche i Paesi d’origine attraverso le rimesse che contribuiscono alla stabilità dei redditi delle famiglie nelle economie fragili, migliorano la sicurezza alimentare e rappresentano, dal punto di vista fenomenologico, un’opportunità nel promuovere l’educazione al risparmio per le prossime generazioni.

Detto questo, è evidente che la crescita della mobilità, soprattutto intra-africana è dovuta, a parte le aree di conflittualità (tanto per citarne alcuni basti pensare alla Somalia o ai Paesi della fascia Saheliana…), al Global Warming, vale a dire al costante aumento della temperatura globale che sta avendo un impatto sui cambiamenti climatici. Questo fenomeno sta rendendo inabitabili alcune regioni dell’Africa provocando un aumento delle migrazioni da parte di etnie tradizionalmente ben radicate nei loro territori. I fattori altamente penalizzanti sono la scarsità d’acqua, le ondate di caldo intollerabili e di converso precipitazioni temporalesche inaudite, oltre all’aumento dei focolai di malattie d’ogni genere e alla scarsità di cibo. Il cambiamento climatico, alla prova dei fatti, sta accelerando il modello di migrazione dalle zone rurali a quelle urbane verso le metropoli africane.

Tra il 2020 e il 2030, le sette città costiere più popolose dell’Africa — Lagos, Luanda, Dar es Salaam, Alessandria, Abidjan, Città del Capo e Casablanca — dovrebbero crescere del 40 per cento. In questi contesti, la duplice pressione demografica e l’innalzamento dei livelli del mare sulle infrastrutture urbane e agricole, unitamente all’accesso all’acqua nelle città costiere aumenterà la vulnerabilità della governance e della sicurezza interna. Nell’ultimo decennio risulta che una media di 2,5 milioni di africani sono stati temporaneamente sfollati ogni anno a causa di disastri naturali. I ripetuti danni alle infrastrutture e ai mezzi di sussistenza hanno un impatto sulla resilienza, costringendo più persone a trasferirsi a lungo termine, anche in modo permanente.

Di fronte a questo scenario, per affrontare la questione delle migrazioni che tanto preoccupa le cancellerie europee, è indispensabile uscire dalla logica emergenziale e dalle contrapposizioni ideologiche che spesso influenzano negativamente l’opinione pubblica, avviando un confronto costruttivo e duraturo che coinvolga tutte le realtà in grado di fornire un contributo concreto in Europa e in Africa. Ad esempio, sarebbe auspicabile che le istituzioni sovranazionali, in modo particolare le Nazioni Unite e l’Unione europea, favorissero una governance globale delle migrazioni a patto naturalmente di ricevere le dovute deleghe di competenze da parte degli Stati nazionali. Pertanto assumono una forte rilevanza il Patto globale dell’Onu per una migrazione sicura, ordinata e regolare e il Patto globale sui rifugiati, approvati nel 2018 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che, in linea di principio, forniscono modelli utili ai governi per l’elaborazione di politiche coordinate.

A livello europeo è indispensabile cambiare al più presto le regole. Le proposte nel cassetto non mancano: dal tanto auspicato Patto europeo sulle migrazioni che finora non ha visto la luce, alla riforma degli Accordi di Dublino sui richiedenti asilo che al momento non pare essere in agenda. Nonostante la difficile congiuntura legata alla crisi russo-ucraina e alla persistente sofferenza dei mercati finanziari internazionali, sono molteplici le azioni, da parte dei Paesi industrializzati, che potrebbero contribuire a cambiare il quadro globale: dall’assicurare ai Paesi più poveri, molti dei quali africani, lo 0,7 per cento del Reddito nazionale lordo promesso dai Paesi Ocse, ad accordi di partenariato e vera cooperazione; dalla concessione della cittadinanza alle nuove generazioni di immigrati inserite nel tessuto sociale europeo, alla lotta contro i trafficanti in Libia e altrove. Nel 2050 la popolazione dell’Africa raddoppierà per raggiungere circa 2,5 miliardi di persone, con un probabile bacino di 770 milioni di persone in età lavorativa. Allo stesso tempo, si prevede che la popolazione europea rappresenterà meno del 5 per cento di quella mondiale mentre la popolazione italiana diminuirà di 15 milioni. Lungi da ogni retorica: l’Africa ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno dell’Africa.

di Giulio Albanese