· Città del Vaticano ·

La preghiera del Papa per le vittime del rogo che a Ciudad Juárez ha ucciso una quarantina di migranti

Speranze inghiottite
dalle fiamme

Mexican authorities and firefighters remove injured migrants, mostly Venezuelans, from inside the ...
29 marzo 2023

Sono ancora le urla dei parenti e di chi ha condiviso un destino di speranze spezzate a riecheggiare per le vie di Ciudad Juárez, località del nord del Messico separata da El Paso, in Texas, da un lungo muro di confine. È la disperazione di chi ha visto finire in tragedia, lunedì sera, la protesta di una settantina di migranti provenienti da Guatemala, Honduras, El Salvador e Venezuela, rimasti intrappolati durante un incendio in un centro di raccolta: lì, secondo le testimonianze dei sopravvissuti, erano stati condotti dalle forze dell’ordine, dopo essere stati bloccati mentre chiedevano l’elemosina o lavavano i vetri delle auto ai semafori. Il bilancio è di almeno 38 morti e 28 feriti, perlopiù ustionati. Papa Francesco, nei saluti in spagnolo al termine dell’udienza generale, ha ricordato le vittime del «tragico incendio», pregando il Signore affinché le «accolga nel suo Regno e dia conforto alle loro famiglie».

In Messico intanto si cerca di ricostruire la dinamica della «terribile disgrazia», come l’ha definita il presidente, Andrés Manuel López Obrador, riferendo che a generare il rogo sono stati i migranti che si opponevano al loro trasferimento. Un video circolato sui social e rilanciato da alcuni media nazionali ha innescato polemiche: le immagini, in cui si vedrebbero i migranti sistemare dei materassi contro le sbarre della loro cella e appiccare il fuoco, mostrerebbero anche alcuni agenti di guardia allontanarsi al divampare delle fiamme nel centro, con le uscite bloccate. Le autorità dell’immigrazione hanno fatto sapere di aver rilasciato 15 donne quando è scoppiato l’incendio e di collaborare negli accertamenti.

Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, si è detto «profondamente addolorato» per la perdita di vite umane e, in una nota del suo portavoce, Stephane Dujarric, ha «chiesto un’indagine approfondita» sui fatti, ribadendo la necessità di «stabilire percorsi migratori più sicuri, regolamentati e organizzati».

Un «chiarimento» su quanto accaduto e azioni atte a garantire «la sicurezza dei fratelli migranti» sono state invocate in un comunicato anche da monsignor José Guadalupe Torres Campos, vescovo di Ciudad Juárez. Mentre in città si è tenuta una celebrazione in memoria dei defunti e per pregare per la pronta guarigione dei feriti, l’ufficio per la pastorale della Mobilità umana della Conferenza episcopale messicana (Cem), con una nota firmata dal responsabile, lo stesso vescovo di Ciudad Juárez, e dal segretario esecutivo, padre Héctor Julio López Vivas, «rifiuta la politica di contenimento della migrazione che criminalizza e impone misure detentive alle persone nel contesto della mobilità umana». Si chiede inoltre alle autorità messicane di attuare politiche «che consentano di stabilire alternative alla detenzione» e garantiscano «la vita, la libertà e l’integrità dei migranti». L’organismo dei vescovi messicani, aggiunge il comunicato, domanderà alla Commissione interamericana per i diritti umani di effettuare dei sopralluoghi ai centri «dell’Istituto nazionale per le migrazioni».