Libia
I migranti ridotti a schiavi. Non ci sono altri termini per indicare le atrocità denunciate dall’Onu che, in un rapporto della missione d’inchiesta presentato ieri a Ginevra, parla di crimini «contro l’umanità» nei confronti di «libici e migranti in tutta la Libia», perpetrati nei centri di detenzione. Quegli stessi luoghi che Papa Francesco, a proposito della sofferenza sperimentata da chi, in fuga da guerre, instabilità, conseguenze disastrose dei cambiamenti climatici, tenta di arrivare in terra europea, non ha esitato a definire «lager».
La missione internazionale, incaricata dell’indagine a metà 2020 dal Palazzo di Vetro, si è detta profondamente preoccupata per il deterioramento della situazione dei diritti umani nel Paese nordafricano, concludendo come ci sia «motivo di credere» che crimini di guerra e contro l’umanità «siano stati commessi dalle forze di sicurezza dello Stato e dalle milizie armate», in un quadro generale di instabilità per oltre un decennio di grave crisi politica. La Libia è infatti ancora lacerata da profonde divisioni, complicate da interferenze straniere, tra il governo di Tripoli, riconosciuto dalle Nazioni Unite, e l’esecutivo con sede a Sirte guidato dal premier Fathi Bashagha, nominato dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk, con la Cirenaica di fatto controllata dal generale Khalifa Haftar.
Il documento dell’Onu sottolinea in particolare «motivi ragionevoli per ritenere che la schiavitù sessuale» sia stata inflitta ai migranti, in particolare donne, provenienti perlopiù dall’Africa subsahariana, riferendo di aver documentato al contempo numerosi casi «di detenzione arbitraria, omicidio, tortura, stupro», come pure di «esecuzioni extragiudiziali e sparizioni forzate».
La missione si è inoltre soffermata sui rimpatri forzati in Libia di migranti intercettati nel Mediterraneo. Il documento cita in particolare la Guardia costiera libica, sostenuta dall’Unione europea nel corso degli anni. «Le persone non possono essere riportate in aree non sicure», ha spiegato in conferenza stampa un membro del team delle Nazioni Unite, Chaloka Beyani, precisando che «il sostegno fornito ha aiutato e favorito la commissione dei crimini» stessi.
Tutte le informazioni raccolte, è stato inoltre annunciato, saranno condivise con la Corte penale internazionale, compresa una lista di individui indicati come possibili autori dei crimini. Per un altro capitolo dell’impegno comune contro quella «brutalità della migrazione» che il Pontefice auspica lasci il posto a un amore capace di rendere «liberi».