La buona Notizia

L’asino non è un cavallo. Nella Scrittura il cavallo è simbolo di trionfo, potenza, dominazione, oppure di flagelli e giudizio come nel libro dell’Apocalisse. Il cavallo è forte, e solo Dio riesce a dominarlo (Esodo, 15, 1.21). Anche noi vorremmo essere come il cavallo: forti, vittoriosi, ammirati e gloriosi. Non vogliamo entrare a Gerusalemme per morire, ma per vincere. Quando però Cristo entra nella città santa non sceglie un cavallo; lui sceglie una piccola bestia da soma.
L’asino è più basso di statura, il suo pelo non è lucido come quello del cavallo, il suo raglio strillato non è un nitrito dolce eppure il Redentore ha scelto questo animale per compiere le parole dei profeti. Dio vede oltre le apparenze e guarda il cuore del creato, il cuore dell’uomo. L’asino si mette al servizio con umiltà, mansuetudine, docilità; nel mezzo della confusione rimane pacifico e fedele al suo incarico. Questa bestia da soma tanto stabile quanto gentile ha accompagnato il Re del cielo sopra i mantelli e i rami d’ulivo nella città dove Egli ha compiuto l’atto d’amore più potente del Suo ministero terreno. È stato affidato all’asino questo onore, non al cavallo.
San Josemaría Escrivá de Balaguer scrive: «Ricordate che Dio ama appassionatamente le sue creature... Il tuo corpo è come un asinello — e un asinello è stato il trono di Dio nell’ingresso a Gerusalemme — che ti porta in groppa per i cammini divini della terra: bisogna moderarlo perché non ci porti fuori del sentiero di Dio, e incoraggiarlo perché il suo trotto abbia tutta l’allegria e tutto il brio di cui un giumento è capace».
Come desideriamo entrare a Gerusalemme insieme al nostro Signore questa Settimana santa? Con le aspettative vittoriose del cavallo o accettando di essere l’asino che accoglie con fiducia il piano d’amore di Cristo?
Se il nostro orgoglio non ci sarà d’ostacolo, potremo essere noi quell’asino prediletto.
di Briana Santiago