· Città del Vaticano ·

A colloquio con il reggente della Penitenzieria Apostolica

Un bravo confessore è anche un buon penitente

 Un bravo confessore è anche un buon penitente  QUO-065
18 marzo 2023

I confessori dovrebbero garantire con costanza la presenza nel confessionale durante un orario prestabilito. Questo non è mai tempo perso, anche se eventualmente non dovesse presentarsi nessun penitente. Lo sottolinea monsignor Krzysztof Jozef Nykiel, reggente della Penitenzieria Apostolica, in questa intervista a «L’Osservatore Romano», alla vigilia del xxxiii corso sul Foro interno, che si svolge a Roma, nel Palazzo della Cancelleria, dal 20 al 24 marzo. Tema di questa edizione: «Il sacramento della riconciliazione, un “miracolo permanente della tenerezza divina”».

Quali sono gli obiettivi e chi sono i destinatari dell’iniziativa?

Sono trentatré anni che la Penitenzieria Apostolica promuove il corso formativo, rivolto principalmente ai seminaristi prossimi a ricevere l’ordinazione e a giovani sacerdoti; ma sono sempre benvenuti anche quanti esercitano il ministero presbiterale da più tempo e desiderano lodevolmente aggiornare o approfondire la propria preparazione su un ambito così centrale e delicato, quale è il servizio di confessore. Confortati dal positivo riscontro avuto nelle ultime edizioni, anche quest’anno sarà possibile seguire le relazioni in programma sia in presenza, presso la basilica di San Lorenzo in Damaso annessa al Palazzo della Cancelleria, sia da remoto, sfruttando le risorse che ci offrono gli strumenti digitali. Ciò consente di raggiungere potenzialmente un numero ancor più ampio di interessati, a vantaggio soprattutto di chi non è a Roma.

Quali temi tratteranno le relazioni della settimana?

Il corso vorrebbe trattare, da una prospettiva pluridisciplinare, le principali tematiche connesse con il Foro interno (foro della coscienza) e la pastorale del sacramento della riconciliazione. Oggi più che mai, infatti, ai ministri della misericordia è richiesta un’adeguata e aggiornata preparazione teologica, spirituale, pastorale, giuridica. Verrà pertanto privilegiato un approccio “concreto”, mirato alla retta amministrazione della riconciliazione, alla soluzione di casi particolarmente delicati che, nel sacramento, il confessore può trovarsi a dirimere e al corretto atteggiamento da assumere, di volta in volta, per accompagnare i penitenti con disponibilità, pazienza, tenerezza, sollecitudine e lungimiranza. Tale pluralità di approcci si rispecchia nella coralità di voci che andranno a comporre il programma delle giornate: a prendere la parola saranno di volta in volta teologi, canonisti, psicologi, confessori che esercitano in prima persona il ministero e che ne approfondiscono l’aspetto liturgico, pedagogico, pastorale. Non si mancherà, infine, di illustrare la competenza e la prassi della Penitenzieria Apostolica. Sarebbe assai auspicabile, infatti, che ogni presbitero vedesse in questo nostro “Tribunale della misericordia”, come lo ha amabilmente definito Papa Francesco, un riferimento sicuro cui rivolgersi non solo nei casi prescritti dal diritto, quando si tratta cioè di assoluzioni o di dispense riservate alla Sede Apostolica, ma anche, più in generale, tutte le volte in cui si presenti una situazione più complessa, o quando il confessore non è sicuro del proprio giudizio. La Penitenzieria è a tutti gli effetti il Dicastero al servizio dei confessori, nonché dei penitenti!

Non mancherà inoltre il tradizionale appuntamento della celebrazione penitenziale?

Come ormai da tradizione, accanto alle relazioni pomeridiane, i momenti forti del corso saranno costituiti dall’ascolto delle parole di Papa Francesco e dalla celebrazione penitenziale, presieduta dal cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, nella chiesa romana di Santo Spirito in Sassia – santuario della Divina misericordia, venerdì prossimo, 24 marzo, alle ore 16.30. I futuri o novelli confessori avranno la possibilità di mettersi in ascolto delle parole del Successore di Pietro, a cui sappiamo bene quanto stia a cuore il ministero della misericordia, vissuto in primo luogo nella celebrazione del sacramento della riconciliazione, un «miracolo permanente della tenerezza divina», come ebbe a dire in un’occasione. Sarà un momento importante anche la celebrazione penitenziale, quando i partecipanti al corso avranno modo di accostarsi loro stessi al confessionale. Mi preme sottolineare, infatti, che quando si parla di necessità di formazione per i confessori, si intende che non basta conoscere la teoria, gli aspetti tecnici, peraltro sempre necessari. Sarà un buon confessore solo chi riuscirà a spalancare le porte dei cieli ai penitenti, perché egli stesso per primo ha potuto sperimentare su di sé la tenerezza dell’amore misericordioso del Padre. Come ama ripetere Papa Francesco, insomma, non si può essere un buon confessore senza essere anche un buon penitente.

Quali consigli darebbe a un confessore che muove i primi passi nel suo ministero?

Tre punti che mi paiono importanti. Anzitutto, va ribadito che ogni sacerdote è chiamato a sperimentare su di sé, prima ancora che sugli altri, il perdono di Dio. In secondo luogo, i confessori non abbiano timore di chiedere a Dio il dono della perseveranza nello stare in confessionale. Garantire con costanza la propria presenza durante un orario possibilmente prestabilito non è mai tempo perso, anche se eventualmente non dovesse presentarsi alcun penitente. Fa male vedere talvolta, in alcune parrocchie, i confessionali deserti, senza nemmeno un’indicazione dell’orario per potersi confessare. È evidente che così si spegne l’iniziativa dei fedeli. È fondamentale, invece, che la gente sappia che in quel dato momento può trovare un sacerdote in confessionale disposto all’ascolto e all’assoluzione dei peccati. Tutti i grandi santi confessori, del resto, trascorrevano ore e ore al confessionale, per confessare lunghe file di fedeli o, magari, in attesa di accogliere con gioia il figlio prodigo. Infine, se un confessore, soprattutto quando alle prime armi, dovesse incontrare dubbi o difficoltà in rapporto a un caso specifico incontrato in confessionale, sarebbe davvero prudente che non esitasse a chiedere consiglio a un saggio ed esperto confratello (naturalmente senza mai violare il sigillo sacramentale) o che scrivesse direttamente alla Penitenzieria, che certamente non mancherà di comunicargli il parere nel più breve tempo possibile, come si è sempre fatto. Siamo al servizio dei ministri della misericordia.

Il 13 marzo scorso, ricorreva il decimo anniversario dell’elezione di Francesco. Che spazio o importanza ha nel suo magistero e nella sua vita il tema della misericordia divina?

Sono davvero tanti gli interventi, i gesti che commuovono i cuori e le azioni con cui il Papa ha reso manifesta l’attenzione centrale da lui riservata, fin dai primi giorni del pontificato, al tema. Dio è misericordia! Non si stanca mai di perdonarci! Confidiamo in Lui! Ponendosi in continuità con il magistero della Chiesa, Francesco ha sapientemente indicato e sempre ribadito come la misericordia divina sia il cuore pulsante del Vangelo, anzi, l’essenza stessa di Dio. E se, come afferma il Pontefice in Misericordia et misera, «la celebrazione della misericordia avviene in modo del tutto particolare con il sacramento della riconciliazione, momento in cui noi sentiamo l’abbraccio del Padre che viene incontro per restituirci la grazia di essere di nuovo suoi figli», ogni confessore non deve dimenticare che nell’esercizio del proprio ministero egli è immagine visibile dell’invisibile misericordia di Dio, «canale di gioia per il fedele». Il quale, come ebbe a dire il Papa nell’udienza del 4 marzo 2016 ai partecipanti al corso sul Foro interno: «dopo aver ricevuto il perdono, non si senta più oppresso dalle colpe, ma possa gustare l’opera di Dio che lo ha liberato». Come il papà buono, quando il figlio adolescente ha commesso un errore, sceglie la strada del dialogo dandogli fiducia, così fa Gesù con noi peccatori, ed è questo a cambiare il nostro cuore, come ricordava il Pontefice nella meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae, il 27 febbraio 2018. Dio ci ama, mai si stanca di noi, mai si stanca di perdonare! Questa verità tante volte ricordataci con convinzione dal Santo Padre ha aiutato in questo decennio tanti fratelli e sorelle nel mondo a rialzarsi dalle loro povertà spirituali e a riprendere di nuovo con fiducia il cammino di fede. 

di Nicola Gori