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Pellegrino di speranza e carità

 Pellegrino  di speranza  e carità  QUO-060 Pellegrino  di speranza  e carità  QUO-060
13 marzo 2023

«Il tempo è superiore allo spazio»: non c’è affermazione di Papa Francesco, contenuta sin dalla sua prima esortazione apostolica, Evangelii gaudium, diffusa a novembre 2013 e vero documento programmatico del magistero, che racchiuda in modo più pregnante i dieci anni fin qui trascorsi dall’inizio del suo pontificato. Per Jorge Mario Bergoglio, infatti — primo Papa membro della Compagnia di Gesù, primo Pontefice originario dell’America latina, primo a scegliere il nome di Francesco, nonché primo, in tempi moderni, ad essere eletto dopo la rinuncia del suo predecessore — «dare priorità allo spazio significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli». Al contrario, «il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce», proiettando verso il futuro e spingendo a camminare con speranza.

Ecco, allora, che questa particolare accezione del tempo diventa una possibile chiave di lettura dell’attuale pontificato che si snoda lungo due modalità: una progressiva e un’altra circolare. La prima è quella che permette di «iniziare processi» (altra espressione cara a Francesco), privilegiando «azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici». La seconda, invece, è la dimensione dell’incontro, della fratellanza e dello scambio reciproco.

Nella prima dimensione, quella progressiva, rientrano molte tappe salienti degli ultimi dieci anni intercorsi dal 13 marzo 2013, giorno dell’elezione di Bergoglio al soglio pontificio. A partire da quelle più recenti c’è, in primo luogo, la costituzione apostolica Praedicate evangelium sulla Curia romana e il suo servizio alla Chiesa e al mondo: promulgato il 19 marzo 2022, solennità di san Giuseppe, ed entrato in vigore il successivo 5 giugno, solennità di Pentecoste, il documento è frutto di un lungo percorso di ascolto iniziato con le congregazioni generali che hanno preceduto il Conclave del 2013, nonché di un costante confronto con il Consiglio di cardinali (organismo istituito dieci anni fa dal Papa con il compito di aiutarlo nel governo della Chiesa universale). Tra le novità del testo — che conferisce una struttura più missionaria alla Curia perché sia sempre più al servizio delle Chiese particolari e dell’evangelizzazione — spiccano l’istituzione del Dicastero per il servizio della carità e l’accorpamento della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione nel nuovo Dicastero per l’evangelizzazione, presieduto direttamente dal Pontefice. La nuova costituzione punta inoltre sul coinvolgimento di laiche e laici «anche in ruoli di governo e di responsabilità» all’interno della Curia romana e finalizza le numerose riforme attuate, in un decennio, da Papa Francesco in ambito economico e finanziario, tra cui nel 2015 l’istituzione della Segreteria per l’economia, che in seguito assumerà anche le funzioni di segreteria papale per le materie economiche e finanziarie; e il motu proprio Circa alcune competenze in materia economico-finanziaria del 2020 che trasferisce all’Apsa la gestione di fondi e immobili della Segreteria di Stato, compreso l’Obolo di San Pietro.

Allo stesso modo, nel “tempo progressivo” di Francesco rientra un’altra costituzione apostolica, In ecclesiarum communione, circa l’ordinamento del Vicariato di Roma. Pubblicata il 6 gennaio di quest’anno ed entrata in vigore il 31 dello stesso mese, essa rafforza il ruolo del Consiglio episcopale, «organo primo della sinodalità» e «luogo apicale del discernimento e delle decisioni pastorali e amministrative». Il Pontefice, inoltre, diventa più presente nelle questioni rilevanti del Vicariato e vengono istituiti due organismi di vigilanza per finanze e abusi.

I processi fruttuosi avviati da Papa Bergoglio riguardano anche tre categorie particolari del cammino della Chiesa: l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e la sinodalità. A segnare il primo ambito è ad esempio, nel 2015, l’istituzione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, da celebrarsi ogni anno il primo settembre con carattere ecumenico, insieme alla Chiesa ortodossa. L’obiettivo dell’iniziativa è esortare i cristiani a una «conversione ecologica», affinché siano consapevoli che custodire il Creato è un asse portante, non un mero supporto, della loro vocazione. Il medesimo appello risuona, in modo forte e chiaro, nella seconda enciclica del Pontefice (la prima, Lumen fidei, è condivisa con il suo predecessore, Benedetto xvi ), Laudato si’ sulla cura della casa comune, pubblicata sempre nel 2015. Il documento, talvolta erroneamente definito “green”, mentre in realtà è un testo sociale, ha ampia eco internazionale dando vita a molte iniziative per la salvaguardia dell’ambiente in molte zone del mondo. Il suo asse portante è l’esortazione a un «cambiamento di rotta» affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per «la cura della casa comune». Impegno che include anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i poveri e l’accesso equo, per tutti, alle risorse del Pianeta.

Il 12 febbraio 2016, invece, a Cuba, si tiene un incontro tra Francesco e il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, Kirill. L’avvenimento, di portata epocale, vede la firma di una dichiarazione comune per porre in pratica quello che il Papa definisce «l’ecumenismo della carità», ossia l’impegno dei cristiani, fianco a fianco, per edificare un’umanità più fraterna. La dichiarazione indica diverse sfide del mondo contemporaneo che i cristiani sono chiamati ad affrontare insieme e tra queste c’è anche il promuovere la pace. Sei anni dopo, quella chiamata risulta tragicamente attuale, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, una guerra nel cuore dell’Europa, combattuta da cristiani che condividono lo stesso battesimo.

Ma a illuminare il cammino ecumenico dell’attuale Pontificato ci sono altri due gesti: nel 2019, il dono di alcuni frammenti delle reliquie di san Pietro al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e nel 2022 quello di tre frammenti del Partenone, custoditi nei Musei vaticani, a Ieronymos ii, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia. Entrambi i doni sono il segno del desiderio di Francesco di «proseguire nel cammino ecumenico di testimonianza della verità». Indimenticabile anche il pellegrinaggio ecumenico di pace in Sud Sudan, compiuto il mese scorso dal Pontefice insieme all’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e al moderatore dell’assemblea generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields.

Quanto al dialogo interreligioso, una pietra miliare è rappresentata dalla firma, il 4 febbraio 2019, del documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, siglato dal Papa e dal Grande imam di Al-Azhar Ahmad al-Tayyib, ad Abu Dhabi. Il testo segna un momento storico per i rapporti tra cristianesimo e islam, incoraggiando sempre più il dialogo interreligioso e condannando inequivocabilmente il terrorismo e la violenza in nome del rispetto reciproco. Un’altra tappa fondamentale è il viaggio apostolico in Kazakhstan, nel settembre 2022: intervenendo al Congresso dei leader religiosi a Nur-Sultan, il Pontefice esorta a liberarsi «da quelle concezioni riduttive e rovinose che offendono il nome di Dio attraverso rigidità, estremismi e fondamentalismi», e invita alla promozione della libertà religiosa, «diritto fondamentale, primario e inalienabile». Nel dialogo con l’ebraismo, invece, degna di nota è la serie archivistica Ebrei dell’Archivio storico della Segreteria di Stato, resa lo scorso febbraio interamente consultabile on line. Composta da 170 volumi, essa contiene richieste di aiuto rivolte a Papa Pio xii da ebrei di tutta Europa, dopo l’inizio delle persecuzioni razziali.

Sul fronte della sinodalità — termine il cui significato rimanda proprio al “camminare insieme” — Francesco attua un cambiamento importante: la prossima assemblea generale ordinaria, la sedicesima, in programma in Vaticano nel 2023 sul tema «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», sarà la tappa conclusiva di un lungo percorso triennale fatto di ascolto, discernimento, consultazione e suddiviso in tre fasi, ovvero diocesana, continentale, universale. Per il Papa, infatti, il Sinodo deve coinvolgere le Chiese locali «a partire dal basso, in un lavoro appassionato e incarnato, che imprima uno stile di comunione e partecipazione improntato alla missione». Solo così, l’assemblea dei vescovi sarà «un tempo di grazia e una grande opportunità per una conversione pastorale in chiave missionaria».

Nella scansione temporale progressiva di Francesco c’è poi la lotta agli abusi: sin da subito, infatti, il Papa ha posto un’importanza prioritaria al contrasto di tale crimine, mettendo in atto azioni concrete. Nel 2014, ad esempio, ha istituito la Pontificia Commissione per la tutela dei minori, entrata poi a far parte del Dicastero per la dottrina della fede. L’attenzione di Francesco a questo tema risalta anche nel vertice sulla protezione dei minori, svoltosi in Vaticano a febbraio 2019. Chiara espressione della volontà della Chiesa di agire con verità e trasparenza, assumendosi le proprie responsabilità in atteggiamento penitenziale, il summit ha come frutto il motu proprio Vos estis lux mundi che stabilisce nuove procedure per segnalare molestie e violenze, e assicurare che vescovi e superiori religiosi rendano conto del loro operato. Con due successivi Rescritti, inoltre, Francesco abolisce il segreto pontificio per i casi di abusi sessuali e modifica la norma riguardante il delitto di pedopornografia, facendo ricadere tra i delicta graviora la detenzione e la diffusione di immagini pornografiche che coinvolgano minori fino all’età di 18 anni.

La seconda dimensione, quella “circolare” del tempo di Papa Bergoglio, ruota innanzitutto intorno all’attenzione alle periferie, sia geografiche che esistenziali: da qui, afferma Francesco, la realtà si vede meglio che dal centro, ed è da qui che si torna arricchiti nel pensiero e nel cuore, grazie allo scambio con chi è lontano da noi. Emblema di tutto questo sono i 40 viaggi apostolici internazionali compiuti finora dal Pontefice e quasi tutti con destinazioni “periferiche” del mondo: basti citare lo Sri Lanka nel 2015, il Myanmar nel 2017, il Mozambico nel 2019 e l’Iraq nel 2021. Non solo: per il Giubileo straordinario della misericordia, svoltosi nel 2016 sul tema «Misericordiosi come il Padre», la prima Porta santa aperta dal Papa è quella della cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, dove si reca a novembre 2015.

Anche le 36 visite di Bergoglio in Italia, suddivise tra momenti privati e viaggi pubblici, hanno un’impronta periferica: non a caso, il primo viaggio, compiuto l’8 luglio 2013, ha avuto come meta l’isola di Lampedusa, drammatico cuore del fenomeno migratorio nel Mediterraneo. Di grande rilievo è anche la visita al campo-profughi di Lesvos, in Grecia, realizzata nell’aprile del 2016 e al termine della quale Francesco accoglie sul volo papale di ritorno 12 rifugiati siriani, affinché siano assistiti a Roma. Il tema delle migrazioni, (da sviluppare, sottolinea il Papa, secondo quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare) è un’altra declinazione del “tempo circolare” dell’attuale Pontificato, in quanto racchiude la lotta costante e ripetuta alla «cultura dello scarto» e alla «globalizzazione dell’indifferenza» che ci impediscono di andare incontro all’altro e di vedere in lui una persona e la sua dignità.

Pastore con «l’odore delle pecore», vicino al suo gregge, «prete callejero», ovvero sacerdote di strada che cammina insieme ai fedeli, Francesco si fa loro accanto anche attraverso i social network: attualmente, il suo account Twitter @Pontifex, in nove lingue, ha superato i 50 milioni di follower, mentre su Instagram l’account Franciscus, aperto il 19 marzo 2016, conta 9 milioni di seguaci. Inoltre, nella prospettiva di «una Chiesa povera per i poveri», Francesco dedica molta attenzione agli indigenti e agli anziani, per i quali indice, nel 2016 e nel 2021, due distinte Giornate mondiali, da celebrarsi rispettivamente nella xxxiii domenica del tempo ordinario e nella quarta domenica di luglio. Ancora: la premura del Papa verso gli ultimi è esplicitata nei “Venerdì della misericordia”, ovvero nelle visite private compiute in periodo giubilare in strutture dedicate all’accoglienza dei poveri, dei malati, degli emarginati.

Del “tempo circolare” di Bergoglio fa parte inoltre l’impegno comune, coraggioso, e incessante per la riconciliazione e la pace. Espressione mirabile ne è l’enciclica Fratelli tutti: firmata ad Assisi sulla tomba di san Francesco il 3 ottobre 2020 e diffusa il giorno successivo, questa lettera circolare richiama alla fraternità e all’amicizia sociale e dice no, con fermezza, alla guerra. La sua pubblicazione cade durante la pandemia di covid-19 che stravolge il mondo, ma non è una coincidenza: nell’emergenza sanitaria globale, scrive infatti Francesco, «ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo». Parole che evocano l’intensa Statio Orbis presieduta dal Papa il 27 marzo 2020, in una piazza San Pietro deserta e bagnata di pioggia: «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo tutti chiamati a remare insieme». Due anni dopo, quando deflagra il conflitto in Ucraina, l’esortazione contenuta nell’enciclica per una «pace reale e duratura» che parta da «un’etica globale di solidarietà e cooperazione» sembrerà quanto mai profetica, in un mondo che — afferma Francesco — vive sempre più «una terza guerra mondiale a pezzi».

Altri esempi di questa “diplomazia della pace” promossa da Papa Francesco e mirata a «costruire ponti» e non a erigere muri, sono l’iniziativa «Invocazione per la pace in Terra Santa», tenuta l’8 giugno 2014 nei Giardini vaticani assieme ai presidenti di Israele, Shimon Peres, e di Palestina, Mahmoud Abbas; e l’allacciamento delle relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e Cuba, avvenuto il 17 dicembre dello stesso anno. Un avvenimento storico per il quale lo stesso Francesco si spende per mesi, inviando missive ai capi di Stato dei due Paesi, Barack Obama e Raúl Castro, per esortarli ad «avviare una nuova fase». Sulla stessa linea si pone anche l’accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei vescovi, stipulato nel 2018, rinnovato nel 2020 e prorogato per un altro biennio nel 2022.

In questo ultimo anno, inoltre, contrassegnato dal conflitto «assurdo e crudele» in Ucraina, il Papa si impegna in prima persona in nome della pace: il 25 febbraio 2022, secondo giorno di guerra, si reca personalmente in visita dall’ambasciatore della Federazione russa presso la Santa Sede, Alexander Avdeev, e in diverse occasioni, parla al telefono con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Senza contare i suoi numerosi, ripetuti e accorati appelli per far tacere le armi. A più riprese, poi, invia in Ucraina i cardinali Konrad Krajewski e Michael Czerny, rispettivamente elemosiniere e prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Nelle zone di conflitto si reca anche il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher.

Anche l’evangelizzazione — anzi, la passione per l’evangelizzazione, come recita il tema del ciclo di catechesi dell’udienza generale attualmente in corso — fa parte della dimensione temporale “circolare” di Francesco: esplicitata sin dalla Evangelii gaudium, essa deve essere caratterizzata dalla gioia, dalla «bellezza dell’amore salvifico di Dio», da una Chiesa che non sia una dogana, bensì costantemente «in uscita» e con «le porte aperte», in un rinnovato slancio missionario. Una Chiesa che sia vicina ai fedeli nella prospettiva di un «ospedale da campo», pronta ad attuare una «rivoluzione della tenerezza», senza temere «il miracolo della gentilezza».

Inoltre, poiché il magistero pontificio non è cesura, ma continuità, forte è il legame di Francesco con i suoi predecessori, un legame contrassegnato, il 27 aprile 2014, dalla canonizzazione di Giovanni xxiii e Giovanni Paolo ii . Il Papa li ricorda come «pastori del popolo di Dio», pieni di «speranza viva», capaci di restituire al mondo e alla Chiesa i doni ricevuti da Dio. A loro si unisce Paolo vi, canonizzato il 14 ottobre 2018 e definito da Francesco «testimone nell’annuncio e nel dialogo, profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri».  Senza dimenticare la beatificazione di Giovanni Paolo i , avvenuta il 4 settembre 2022: di questo Pontefice, l’attuale Papa ricorda in particolare il sorriso, simbolo di «una Chiesa con il volto lieto, non arrabbiata, che non chiude mai le porte e non inasprisce i cuori».

Tra i predecessori di Francesco, tuttavia, un posto speciale spetta al Pontefice emerito Benedetto xvi , venuto a mancare il 31 dicembre 2022. In dieci anni, il Papa non nasconde mai l’immenso rispetto che prova nei confronti di Joseph Ratzinger: in più occasioni ne loda la sapienza, la finezza teologica, la gentilezza e la dedizione. Il 5 gennaio di quest’anno ne presiede le esequie in piazza San Pietro, primo Pontefice di epoca contemporanea a celebrare i funerali di un suo predecessore. «Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!», dice Francesco durante la celebrazione.

A dare contezza di un decennio di Pontificato, ci sono poi alcuni dati statistici: dal 2013 ad oggi, Francesco ha tenuto oltre 430 udienze generali, con 21 cicli di catechesi, e 8 Concistori per la creazione di 111 cardinali. In dieci anni, inoltre, l’attuale Pontefice ha canonizzato 911 santi (inclusi gli 800 martiri di Otranto) dei quali 7 riconosciuti per equipollenza. Numerosi anche gli “anni speciali”, tra i quali si ricordano quelli per la vita consacrata (2015-2016), San Giuseppe (2020-2021) e la Famiglia - Amoris laetitia (2021-2022). Più di 550 gli Angelus e i Regina Caeli pronunciati finora e ben 39 le costituzioni apostoliche firmate ad oggi. Con una singolarità: la prima, Quo firmiores, del maggio 2013, istituisce la nunziatura apostolica in Sud Sudan, proprio il Paese visitato più recentemente dal Papa.

Oltre alle tre encicliche e all’Evangelii gaudium citate in precedenza, Francesco firma altre quattro esortazioni apostoliche, tra cui risaltano Amoris laetitia nel 2016 e Christus vivit nel 2019, dedicate rispettivamente all’amore nella famiglia e ai giovani, alla cui promozione e tutela il Pontefice presta particolare attenzione. Peculiare è anche Querida Amazonia, diffusa nel 2020. Cinque i Sinodi indetti finora dal Papa: due sulla famiglia, nel 2014 e nel 2015; uno per i giovani nel 2018; uno speciale per la regione Panamazzonica nel 2019 e infine quello già annunciato per il 2023. Riguardo ai Giubilei, oltre quello straordinario sulla misericordia del 2016, Francesco ne indice anche un altro per il 2025, che avrà per tema «Pellegrini di speranza».

Ed è dunque la speranza che ci accompagna e ci sostiene verso un nuovo anno con Francesco, l’undicesimo di pontificato: questa virtù teologale umile e nascosta si rivela in realtà come la più forte perché radicata nella fede e sostenuta dalla carità. Chi spera non sarà mai deluso, dice il Pontefice, perché la speranza ha il volto del Signore Risorto. A Lui i cristiani volgano sempre con gioia il cuore e lo sguardo.

di Isabella Piro