· Città del Vaticano ·

Intervista al cardinale segretario generale Mario Grech

Con il Sinodo il Papa vuole realizzare la Chiesa del concilio Vaticano ii

 Con il Sinodo il Papa  vuole realizzare la Chiesa  del concilio Vaticano ii  QUO-059
11 marzo 2023

Il decimo anniversario di pontificato di Francesco si situa nel contesto del percorso sinodale che impegna tutta la Chiesa cattolica in preparazione alle due assemblee dei vescovi nell’ottobre 2023 e nell’ottobre 2024 in Vaticano. La sinodalità in ambito ecclesiale, e anche nelle cose del mondo, è per il cardinale Mario Grech ciò a cui converge l’intero magistero del Papa, al cui centro ci sono la comunione e la fratellanza universale. Ma, sottolinea il segretario generale del Sinodo, la sinodalità non è una novità, una dimensione che Francesco vuole aggiungere alla Chiesa, ma è tornare alle origini della Chiesa stessa, a come le comunità ecclesiali hanno vissuto nel primo millennio della sua storia.

Eminenza, 10 anni di pontificato fin qui, per Papa Francesco, 10 anni in cui sono successe tante cose, tante sono cambiate e le sfide si sono moltiplicate nella Chiesa e nel mondo. Quella del Papa è riconosciuta, da credenti e non credenti, come la voce o una delle voci più autorevoli a livello internazionale, anche se troppo poco ascoltata. Che cosa dei gesti e delle parole di Francesco lei desidera sottolineare in occasione di questo anniversario?

Una frase che mi ha colpito e che spesso mi fa riflettere è una frase tratta dall’enciclica  Fratelli tutti, dove il Santo Padre dice che oggi «nessuno si salva da solo» (n. 32). Questa affermazione non è valida unicamente nella Chiesa, ma va anche declinata nella vita quotidiana. Credo infatti che in un mondo frammentato, in un mondo di conflitti e di individualismo, il Santo Padre — ispirato naturalmente da Gesù e dal suo Vangelo — sta cercando di creare più comunione tra gli uomini e le donne del nostro tempo: e questo, lo ripeto, sia nel mondo secolare che nella Chiesa. Questa è la sfida, certo non molto facile, che ha impegnato il Papa in questi anni. Papa Francesco sta sostenendo la Chiesa nel fare dei passi, piccoli passi, in questa direzione proprio per aiutare tanto la comunità ecclesiale che la comunità internazionale a mettersi insieme per poter poi affrontare le sfide dell’umanità di oggi.

A proposito di sfide: i poveri, i migranti, le ingiustizie dell’attuale sistema economico, le disuguaglianze, la cura del creato, la pace, sono solo alcuni degli aspetti ricorrenti del pontificato di Papa Francesco che delineano una Chiesa che ha molto da dire al mondo e che vuole essere efficace per realizzare, come lei diceva, un’umanità più fraterna. E lo vediamo in particolare nelle due encicliche, « Laudato si’» e «Fratelli tutti»...

Quello che lei sta sottolineando conferma quanto il Santo Padre è deciso a camminare con la gente. Papa Francesco ci invita continuamente a riflettere sulla sinodalità. Ma la sinodalità non è una sfida solo per la Chiesa, ma lo è anche per l’intera umanità. Con questo voglio dire che il Santo Padre ci invita a camminare insieme e ad ascoltare tutti, nessuno escluso, comprese le persone che sono in queste difficoltà. Forse possiamo dire anche che il Santo Padre sta dando una voce a chi è povero, a chi sta soffrendo l’ingiustizia, a chi si sente emarginato. Un’altra frase che mi viene in mente è, in realtà, l’insegnamento di Papa Francesco quando parla della periferia. Lei stessa, nella sua domanda, ha sottolineato casi periferici, no? Papa Francesco ricorda spesso che i cambiamenti nella storia non sono partiti dal centro ma dalla periferia perché chi sta nella periferia può vedere la realtà in modo molto più oggettivo di quelli che stanno al centro. Con questa affermazione il Papa riconosce di fatto la dignità e il valore di ogni persona e in modo particolare di quelle “categorie” di persone che lei ha sottolineato. Qui, inoltre, credo che Francesco sta mandando un messaggio anche a quelli che detengono il potere nel mondo — stavo per dire che hanno anche la chiamata a servire l’uomo nella politica —. Con i suoi interventi, con le sue scelte, con le sue azioni il Papa sta dicendo: mettete al centro anche queste persone perché nessuno va dimenticato, in modo particolare quelle che stanno soffrendo. Di fronte a questa sfida il Santo Padre ci sta dicendo di non dimenticare nessuno, perché tutti, anche i più piccoli, hanno qualcosa da contribuire per il bene del mondo.

Abbiamo guardato fuori, guardando ora dentro la Chiesa, anche qui i richiami alla conversione e al cambiamento sono forti, contro il maschilismo e il clericalismo, contro gli abusi, contro la tentazione del potere e della mondanità, per l’unità nella diversità, per un ritorno ad vita più coerente con il Vangelo...

Questa è la conversione massima, che il Santo Padre declina in varie categorie: conversione spirituale, conversione ecologica, conversione pastorale, conversione sinodale. Il cristiano è in questa dinamica di conversione e guai se noi non ci ricordiamo che stiamo in questo processo di conversione. E il Santo Padre, com’è suo dovere, cerca di ricordarci di questa chiamata che noi abbiamo, perché se noi non entriamo in questo processo di conversione, non possiamo fare un passo in avanti nella nostra chiamata anche alla santità e la conversione alla santità coinvolge tutti gli aspetti della vita ecclesiale e della vita umana.

Cardinale Grech, lei è il segretario generale del Sinodo che ha per tema la sinodalità. Secondo lei l’idea di una Chiesa in cui si vive lo stile sinodale è una “novità” o è qualcosa di maturato da tempo in Papa Francesco? E che impressione ha lei del percorso sinodale intrapreso dalla Chiesa al punto in cui siamo arrivati?

Mi trovavo all’assemblea sinodale continentale per le Chiese orientali e, un giorno, un vescovo mi ha detto: «Questo percorso sinodale è un percorso penitenziale». Per dire la verità queste parole mi hanno un po’ colpito. Perché penitenziale? E lui ha risposto: «Perché la sinodalità è un gioiello che la Chiesa aveva nel primo millennio, ma noi l’abbiamo perso, l’abbiamo trascurato». Allora è un percorso penitenziale perché è anche un chiedere perdono al Signore per il fatto che abbiamo trascurato, abbiamo dimenticato questa dimensione sinodale della Chiesa che non è una dimensione nuova che Papa Francesco vuole aggiungere alla Chiesa, ma fa parte della sua natura. Quello che sta facendo Papa Francesco è di aiutarci a riscoprire la bellezza della Chiesa popolo di Dio. E questo è il discorso del concilio Vaticano ii. Allora se noi oggi, dietro l’invito del Santo Padre, stiamo riflettendo — e mi auguro che prenderemo anche delle decisioni — per rendere la Chiesa più sinodale, è perché il Santo Padre vuol tradurre nella vita quotidiana l’insegnamento del concilio Vaticano ii, in modo particolare l’insegnamento sulla Chiesa, l’ecclesiologia del Vaticano ii.

Poi lei mi chiede anche come sta andando questo processo. Noi in questa fase stiamo concludendo la seconda tappa del processo, cioè gli incontri continentali. Io ho partecipato a quattro su sette di queste assemblee e devo confessare che ogni volta siamo rimasti sorpresi dall’entusiasmo che abbiamo trovato. C’è entusiasmo da parte di tutti: c’erano vescovi, c’erano sacerdoti, persone consacrate e laici. E sì, posso dire che è un’esperienza indescrivibile vedere con quale passione il popolo di Dio parla di Gesù, del Vangelo, della Chiesa e della presenza della Chiesa nel mondo. Purtroppo questo non fa notizia, ma è la realtà. Non sto dicendo che tutti sono convinti, che non ci sono difficoltà, che non ci sono dubbi, ma questo è un processo: è un processo che è iniziato! Il Santo Padre ce lo ricorda spesso: il Sinodo non è un evento, ma un processo. Così possiamo aspettarci che col tempo la grazia del Signore realizzi meraviglie.

A quali assemblee continentali ha partecipato in presenza?

Sono stato a Praga, quindi ho seguito quella europea. Poi sono andato a Beirut per l’assemblea delle Chiese orientali, a Bangkok per l’incontro dell’Asia e infine ad Addis Abeba per l’assemblea sinodale del continente africano.

Dunque ha toccato con mano contesti diversissimi...

È giusto che ci sia questa diversità ma c’è anche una unità; c’è la comunione perché il fondamento è uguale per tutte le assemblee, naturalmente con sfumature che riflettono anche la storia, la cultura, l’esperienza ecclesiale, spirituale e pastorale di ciascun continente. L’importante è che la Chiesa sia sempre inserita nel contesto locale — certo diversi — ma è lì che la Chiesa deve imparare a camminare insieme con il popolo e trovare anche le risposte per le domande che la gente in quel continente si sta ponendo.

Di recente Papa Francesco all’udienza generale ha tenuto un ciclo di catechesi sul tema del discernimento che è un elemento essenziale dello stile sinodale. Può dirci qualcosa delle speranze e delle attese del Papa in merito a questo evento nella vita della Chiesa, che può davvero trasformarla e darle un nuovo slancio?

Direi che il tema del Sinodo per una Chiesa sinodale ha al centro la comunione, la partecipazione e la missione. Se questi concetti sono ben capiti, dicono tutto. Il Santo Padre vuole una Chiesa sinodale dove c’è comunione, quindi dove nessuno si sente escluso; dove c’è partecipazione per tutti, rispettando i carismi e i ministeri; e poi per una missione, perché tutto questo non è un discorso autoreferenziale, cioè non è introspezione, ma stiamo riflettendo sulla Chiesa per poter anche comunicare il Vangelo oggi, per aiutare l’incontro tra il Signore risorto e l’uomo di oggi. Ed è fondamentale il discernimento: nel suo insegnamento in questi dieci anni il Santo Padre ci ha insegnato cos’è il Sinodo e cosa è una Chiesa sinodale, ossia una Chiesa dove il protagonista è lo Spirito Santo. Un’assemblea sinodale, una Chiesa sinodale che non crea spazio allo Spirito, non è la Chiesa di Gesù e non saremo in grado di fare dei passi in avanti; anzi sarebbe autodistruttivo, mentre se noi ci apriamo allo Spirito, allora sì, qui c’è il futuro. Ma per saper leggere la presenza dello Spirito Santo, per saper declinare la volontà di Dio, serve il discernimento, invocando lo Spirito Santo, proprio per assicurarci che i passi che noi facciamo nell’approfondire la volontà del Signore saranno fatti nella direzione corretta.

di Adriana Masotti