· Città del Vaticano ·

A colloquio con il presidente della Conferenza episcopale nazionale del Congo

Riconciliarsi promuovendo
la giustizia e la verità

 Riconciliarsi promuovendo la giustizia e la verità  QUO-051
02 marzo 2023

«Papa Francesco dopo averci fatto visita è tornato in Vaticano; ma è e rimarrà molto presente nella memoria collettiva di tutto il popolo congolese». Non ha dubbi monsignor Marcel Utembi Tapa, arcivescovo di Kisangani e presidente della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco) — che riunisce i pastori delle 48 circoscrizioni ecclesiastiche del Paese africano — nel tracciare un bilancio del viaggio pontificio.

Eccellenza, dal 31 gennaio al 3 febbraio scorsi, avete ospitato il Pontefice nella vostra terra. Cosa vi ha lasciato la sua presenza?

Anzitutto vorrei ricordare che sono trascorsi 37 anni da quando un Papa, il successore di Pietro, aveva visitato la Repubblica Democratica del Congo. In quel caso era stato Giovanni Paolo ii . Era quindi molto ardente il nostro desiderio di rivedere il Pontefice, stavolta Francesco. E devo dire che i diversi messaggi che ci ha rivolto e la sua persona hanno già dato vita a quello che è stato il tema di questo viaggio, ovvero «tutti riconciliati in Gesù Cristo». Infatti abbiamo visto la partecipazione di persone di tutte le tendenze politiche, di tutte le tribù, di tutte le confessioni religiose, sia all’aeroporto internazionale di Ndjili, sia raccolte lungo le arterie percorse dal suo corteo o anche ai due grandi raduni: la messa a Ndolo e l’incontro con i giovani allo “Stadio dei Martiri” a Kinshasa. Dunque, già la persona di Papa Francesco ci ha riconciliati. I vari messaggi lanciati nei suoi discorsi, compresa l’omelia della celebrazione eucaristica, sono venuti a rafforzare questa riconciliazione.

Dunque il Pontefice ha dato un nuovo impulso al processo di riconciliazione?

Penso di sì. Attraverso le sue parole il Santo Padre ha in particolare riconciliato la Repubblica Democratica del Congo con i predatori internazionali che la destabilizzano, alimentando e sostenendo guerre e conflitti armati, saccheggiando le risorse naturali. Inoltre ha invitato i leader politici a riconciliarsi con il popolo lavorando per l’interesse generale, abbandonando le pratiche della corruzione, promuovendo la giustizia e la verità. Riprendendo il simbolismo del diamante, una delle risorse preziose del nostro sottosuolo, ha esortato l’intero popolo congolese a farsi carico del proprio destino e delle proprie responsabilità.

Quale incontro l’ha colpita maggiormente?

Quello con i giovani, ai quali il Pontefice ha chiesto di non lasciarsi manipolare e di fuggire dagli anti-valori. Ma anche quello con vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, in cui ha ricordato il loro ruolo profetico che non va confuso con la politica attiva. Ha raccomandato loro di fuggire la mondanità. In sostanza ognuno ha ricevuto un messaggio per riconciliarsi con se stesso e con gli altri.

Che conseguenze pensa possa avere la visita del Papa sul piano politico nazionale?

Il viaggio ha offerto l’occasione per ascoltare resoconti molto commoventi di testimonianze delle atrocità degli orrori delle guerre e dei conflitti armati che infuriano nell’est del Paese, nel grande silenzio complice di diversi spettatori interessati. Ecco perché la visita del Papa può rappresentare una “sveglia”. Internamente, per la Repubblica Democratica del Congo, il 2023 è un anno elettorale. E la presenza di Francesco ha mostrato tutti i problemi sociali reali che richiedono soluzioni adeguate con il coinvolgimento di tutti gli attori: interni ed esterni. In particolare il popolo è chiamato a compiere scelte oculate e responsabili, puntando su persone che amano i valori umani, democratici e cristiani; e la Commissione elettorale indipendente dovrebbe lavorare in verità, giustizia e trasparenza.

E per la Chiesa?

In termini di notorietà, la visita del Papa ha dimostrato e confermato la forza, la grandezza, il dinamismo della nostra comunità cattolica, che rappresenta circa il 40% della popolazione. Ora ci aspettiamo di vedere nei prossimi giorni diversi ritorni di fedeli alla Chiesa. Questo dinamismo è stato visibile anche nella liturgia, attraverso la partecipazione attiva alla messa di Ndolo, con il nostro «Rito romano per le diocesi della Repubblica Democratica del Congo». Il Papa aveva già celebrato questo rito a Roma con i congolesi residenti nella Città eterna. Ma stavolta ha celebrato sulla nostra terra e ciò ha permesso che questo rito fosse apprezzato in tutto il mondo. Insomma Papa Francesco è venuto davvero a rafforzare la nostra fede e il suo viaggio è stato finalmente l’occasione per mostrare la collaborazione tra la Chiesa cattolica e il governo congolese. Le due istituzioni, con l’accompagnamento della Santa Sede, hanno collaborato alla preparazione della buona riuscita della visita e di tutte le attività connesse. Questa collaborazione è visibile anche nella firma e nella ratifica dell’Accordo quadro tra la Santa Sede e il Governo congolese, che è nella sua fase di attuazione di specifici accordi. Infine il viaggio di Francesco ha contribuito molto a far conoscere il nostro Paese e le sue realtà. E questo, grazie al lavoro dei media di tutto il mondo, tutti concentrati su di noi.

di Gianluca Biccini