· Città del Vaticano ·

Il cardinale vicario De Donatis alla veglia di preghiera in Laterano

La strada della pace
per costruire il futuro

 La  strada della pace per costruire il futuro  QUO-047
25 febbraio 2023

«Non siamo qui per festeggiare, siamo qui per gridare al Signore! Siamo qui tutti perché abbiamo nel cuore un desiderio forte, intenso, profondo: quello della pace!». È questo l’appello che il cardinale vicario Angelo De Donatis ha rivolto, nella sera di ieri, venerdì 24, ai fedeli, ai rappresentanti del popolo ucraino e delle realtà caritative di Roma, riuniti nella basilica di San Giovanni in Laterano per una veglia di preghiera per la pace ad un anno dal conflitto in Ucraina. «Si fermi la prepotenza, il predominio, la violenza sugli inermi, si fermino le armi!», ribadisce il porporato.

Sono state le testimonianze di chi questa guerra l’ha lasciata alle spalle, a ricordare ai presenti cosa sono stati gli ultimi dodici mesi per gli ucraini. Un anno, ha ricordato De Donatis, in cui «abbiamo pregato chiedendo la pace, abbiamo pianto con i profughi di questa guerre scellerata, li abbiamo accolti» e in cui i venti di guerra, «anziché spegnersi, divampano in modo minaccioso e folle». È stata la storia di Oksana, che sognava di viaggiare, ma non di lasciare la sua casa per un tempo indefinito. La sua vita è cambiata il 24 febbraio scorso. Adesso si sente più forte e tenace e ha smesso di avere paura, ma solo perché assuefatta dal dolore e dalla morte che ha visto nel suo Paese. O quella di Yaroslava, 21 anni, di Kharkiv, dove era volontaria per i senza tetto della città. Dopo la guerra è fuggita a Dnipro, dove ha cominciato a pregare online con la Comunità di Sant’Egidio, prima di essere stata accolta e di arrivare in Italia. «Dalla preghiera nasce la misericordia e la misericordia è contagiosa», afferma, ora che anche i rifugiati hanno cominciato a fare volontariato come lei. Olga, invece è una psicologa di Leopoli, che ha studiato a Roma prima di tornare in Ucraina. È scappata lo scorso marzo «dall’orrore della terribile guerra». Ora offre assistenza psicologica da remoto per chi è rimasto nel suo Paese e aiuta i rifugiati arrivati nel Lazio. «Vivere con la testa fredda e il cuore ardente», è diventato il suo motto.

«E la pace non avrà fine» è il nome dato alla veglia, che ha ricordato anche le vittime di tutte le guerre, come testimonia la presenza, oltre dell’esarca dei cattolici ucraini di rito bizantino in Italia, Dioniso Paulo Lachovicz, del vescovo ausiliare emerito di Sarajavo, Pero Sudar. «Tutte le guerre si sono dimostrate una perdita spirituale, culturale e materiale per l’umanità», ha ricordato. La guerra «non risolve, ma aggrava le difficoltà e le tensioni»; la «peggiore della paci» è sempre migliore della «migliore delle guerre».

Sulle sedie della basilica i rami di ulivo preparati dai senza dimora ospiti della Cittadella della carità della Caritas Santa Giacinta hanno accolto i fedeli, accompagnati dal coro del Pontificio collegio ucraino di San Giosafat, così come anche la comunità congolese ha voluto dedicare un coro alla pace. Presente anche chi si occupa dell’accoglienza e del sostegno ai profughi ucraini: gli uffici della Caritas e di Migrantes, la stessa Comunità di Sant’Egidio, il Centro Astalli, l’Opera don Calabria, gli scalabriniani, i comboniani, i vincenziani: tutti gli operatori di pace che Gesù ha chiamato “beati” nel Vangelo di Matteo.

A loro si rivolge il cardinale De Donatis, dicendo: «Sappiamo bene che oggi la strada più semplice da percorrere sembra non sia quella della pace bensì la strada della guerra. Ma la strada più difficile, cioè quella della pace, è l’unica che può costruire il futuro». «Oggi, come dice Papa Francesco — conclude — dobbiamo togliere la guerra dalla storia umana, altrimenti sarà la guerra a togliere l’umanità dalla storia».

di Michele Raviart