· Città del Vaticano ·

A un anno dall’invasione dell’Ucraina il Papa assiste a un documentario sul conflitto

La guerra distrugge tutti «non vergogniamoci
di soffrire»

 La guerra distrugge tutti  «non vergogniamoci di soffrire»  QUO-047
25 febbraio 2023

«Perché non possiamo vivere in pace? È così semplice...». È una domanda straziante nella sua ingenuità quella che, con voce emozionata, una bambina ucraina pone al Papa, alla Chiesa, al mondo nel documentario «Freedom on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom». L’opera, promossa dal regista Evgeny Afineevsky, è stata trasmessa ieri pomeriggio in Vaticano, nell’Aula nuova del Sinodo, nel giorno del drammatico primo anniversario di quella che Francesco ha definito una guerra «assurda».

Proprio il Papa, seduto in ultima fila, ha partecipato all’appuntamento, incontrando alla fine della proiezione alcuni protagonisti del film. Tra loro Anya Zaitseva, moglie di un soldato catturato, alla destra del Pontefice con in braccio il piccolo Sviatoslav, un anno e quattro mesi, che durante la visione del docufilm ha giocato e mordicchiato il bastone del Papa. Lui ogni tanto si girava per sorridere o dargli carezze.

Francesco ha voluto anche salutare alcuni dei circa 240 ospiti: persone bisognose, rifugiati e membri della comunità ucraina a Roma, invitati dal regista. Erano accompagnati — informa la Sala stampa della Santa Sede — da rappresentanti di associazioni che portano loro assistenza e dal cardinale elemosiniere Konrad Krajewski.

A tutti loro il Papa ha dato la sua benedizione e ha chiesto di pregare insieme alla fine del documentario. «Let us pray!», ha detto in inglese, visibilmente commosso per questa pellicola così cruda e realistica, in alcuni passaggi quasi didascalica. Perché di fronte ad una realtà come quella del conflitto sono poche le narrazioni da fare, c’è solo l’orrore della realtà. E c’è la paura di un intero popolo, di cui un’artista di teatro si è fatta portavoce quando, in una scena, ha lanciato un appello generale a far finire la guerra prima possibile: «Così ci distruggiamo tutti».

Di distruzione ha parlato anche Papa Francesco nella preghiera recitata insieme ai presenti, in cui ha chiesto al Signore di guarire l’umanità dal fiume d’odio che alimenta la guerra: «Quando Dio ha fatto l’uomo, ha detto di prendere la terra, di farla crescere, farla bella. Lo spirito della guerra è il contrario: distruggere, distruggere… Non lasciar crescere, distruggere tutti. Uomini, donne, bambini, anziani, tutti», ha detto. «Oggi — ha aggiunto — è un anno di questa guerra, guardiamo l’Ucraina, preghiamo per gli ucraini e apriamo il nostro cuore al dolore. Non vergogniamoci di soffrire e di piangere, perché la guerra è la distruzione. Una guerra ci diminuisce sempre. Che Dio ci faccia comprendere questo».

Da qui una preghiera al «Padre Santo che sei nei cieli»: «Guarda le nostre miserie, guarda le nostre ferite, guarda il nostro dolore, guarda anche il nostro egoismo, i nostri interessi bassi e la capacità che abbiamo di distruggere. Guarisci — è stato l’appello del Papa —, guarisci il nostro cuore, guarisci la nostra mente, guarisci i nostri occhi perché possano vedere la bellezza che tu hai fatto e non distruggerla con l’egoismo. Semina in noi il seme della pace».

Prima di fare ritorno a Casa Santa Marta, Francesco ha incontrato una donna, mamma di uno dei soldati asserragliati nella acciaieria Azovstal di Mariupol, catturato dai soldati russi e attualmente ancora prigioniero. Con l’aiuto di un sacerdote interprete, la donna ha raccontato al Papa dei 40 chili di peso che il figlio ha perso in questi mesi e ha condiviso l’augurio che lui e gli altri soldati che hanno lottato «in difesa della libertà» possano essere presto liberati. Al Pontefice ha consegnato tre doni: un fiore, simbolo — ha spiegato — della resistenza finché non si raggiungerà la libertà; una bandiera gialla e blu dell’Ucraina, che Francesco ha baciato e benedetto; un sacchetto di sale, regalo tipico del suo popolo. «È il sale della terra», ha detto, ed è simbolo di “forza”: quella che serve in questa «battaglia molto forte, molto tragica».

È intervenuta poi  Natalia Nagornaya, corrispondente di Television Service of News (TSN): «L’impegno di tutti durante la guerra è di fare il bene», ha assicurato. «Capisco che per lei non è facile spostarsi in queste condizioni», ma se mai dovesse realizzarsi un viaggio del Papa in questa terra martoriata, la ragazza si è detta «pronta a farle da guida in tutte le città distrutte, rovinate, sopravvissute. Tutti chiediamo al Signore di far finire questa guerra», ha aggiunto la giornalista. E al Papa ha chiesto il suo sostegno perché «vengano liberati i prigionieri». L’auspicio è di «fare una pace vera perché sono venuti a distruggere il nostro Paese»; la speranza è che «non si è potuto fermare la guerra, ma si può fermare la terza guerra mondiale».

Il Papa ha salutato anche la proprietaria di Azovstal. Anche da lei un dono simbolico: un braccialetto realizzato con il metallo dell’acciaieria. Francesco lo ha indossato al polso, poi ha chiesto come sempre preghiere per sé, assicurando le sue per questo popolo martoriato.

di Salvatore Cernuzio