Non dimentichiamo

E, ricordando anche la popolazione neozelandese colpita da un devastante ciclone, raccomanda: «Facciamo in modo che la nostra carità sia attenta,
sia una carità concreta!»
Non dimenticare «chi soffre» e fare «in modo che la nostra carità sia attenta» e «concreta»: l’appello di Papa Francesco è riecheggiato ieri in piazza San Pietro al termine dell’Angelus. In particolare il Pontefice si è riferito alla Siria e alla Turchia, vittime del terremoto del 6 febbraio, al «caro popolo ucraino» martoriato dalla guerra e a quello neozelandese colpito da un devastante ciclone. Ma non solo: nelle sue parole un pensiero anche per le tante popolazioni sofferenti a causa di conflitti «o a motivo della povertà, della mancanza di libertà o delle devastazioni ambientali». Affacciatosi a mezzogiorno dalla finestra dello studio privato del Palazzo apostolico vaticano, prima della preghiera mariana Francesco aveva offerto una meditazione sul Vangelo domenicale (Matteo 5, 38-48), nel quale Gesù invita a porgere l’altra guancia e ad amare perfino i nemici. In pratica si tratta, ha spiegato, di «non rispondere al male con il male, osare nel bene, rischiare nel dono, anche se riceveremo poco o nulla in cambio». Perché è con l’amore che lentamente si superano le inimicizie e guariscono le ferite dell’odio.